Meridiano Zero
2009
9788882372002
“Come? Voi non credete in Dio?” “Credo, poiché la mia esistenza dipende dalla sua e perché, s'egli più non esistesse, cadrei io stesso nel nulla. Credo come i sileni e le baccanti credevano in Dioniso e per le stesse ragioni. Credo al Dio degli ebrei e dei cristiani. Ma nego ch'egli abbia creato il mondo. Tutt'al più ne ha organizzato una piccola parte e tutto quel ch'egli ha toccato porta l'impronta del suo spirito imprevidente e brutale. Non credo che egli sia né eterno, né infinito, perché è assurdo concepire un essere che non sia finito nello spazio e nel tempo. Lo credo limitato, molto limitato. Non credo ch'egli sia l'unico e per lungo tempo nemmeno lui l'ha creduto, dapprima fu politeista, più tardi il suo orgoglio e le adulazioni dei suoi adoratori lo resero monoteista. È incoerente ed è meno potente di quel che si crede. Per dirla tutta, è molto più demiurgo ignorante e vano di quanto non sia Dio. Quelli che come me conoscono la sua vera natura lo chiamano Ialdabaoth” (p. 88).
È un angelo a parlare. Blasfemia d'antan? Satanismo? Niente affatto: questo è puro e semplice antico gnosticismo, semplificato e snellito per letteraria causa. È originale come può esserlo un pensiero antico millenni. Non è affatto attualizzato o alterato. È semplicemente riproposto con uno strano retrogusto rancoroso. Curioso.
Curatela d'eccezione (Roberto Saviano, autore di un'introduzione massimalista ed enfatica) per il recupero d'un vecchio romanzo di Anatole France (1844-1924), Nobel per la Letteratura nel 1921. Recupero sensato? France ha trasfigurato la dottrina gnostica per dar vita a un'opera che sintetizzasse la sua Weltanschauung – antimilitarista, anticlericale, antigerarchica, neo-illuminista – e raccontasse, simbolicamente, ai suoi concittadini francesi tutto il suo malessere e la sua rabbia per quanto stava per capitare. È il 1914 e l'Europa sta per andare incontro al gran massacro della Prima Guerra Mondiale; France gioca con la fantasia, alterando tutto a un tratto la sua solita narrazione piana, manierista e scolastica, decisamente ordinata e beneducata, precipitando una pioggia di angeli (ribelli: ribelli al Dio che non dovremmo adorare; perché quel Dio altri non è che Ialdabaoth, nuova e lineare incarnazione del demiurgo) tra i borghesi parigini, mostrandoli umanissimi e integrati e determinati a rovesciare e combattere Dio. Dio? Yaldabaoth (o Ialdabaoth, come scrive AF), pardon: il Dio che non avremmo mai dovuto conoscere e adorare, perché è un Dio sbagliato, un mezzodio. Pieno di difetti. Molto più umano degli esseri umani.
Saviano: “La rivolta degli angeli è un testo che raccoglie in sé la tradizione dell’angelistica scolastica, episodi biblici, influenze gnostiche, derivazioni manichee, suggestioni ordinarie, comuni pregiudizi sugli angeli e demòni. Il romanzo riesce nella titanica impresa di rovesciare le categorie della teologia e della politica attraverso la foggiatura letteraria del possibile. La fantasia dismette la sua consistenza metafisica e assume nelle pagine di France una concretezza palpabile” (p. 6).
Ecco; diciamo che non vedo niente di titanico nell'impresa, piuttosto vedo una grossolana e facilotta adozione e traduzione della dottrina gnostica, adeguatamente integrata in un contesto letterario che – spurgato da questo aspetto – sarebbe stato, altrimenti, un classico France; una buona lettura edificante per gente perbene, borghese e un po' annoiata, in cerca di ribellione soltanto tra le pagine dei libri. Con molta maniera e una rabbia davvero edulcorata. Sin troppo.
Scriveva invece Ruggero Bianchi sul Tuttolibri: “Amara e pungente riflessione sull’assurdità di ogni conflitto, le cui pulsioni idealistiche, quand’anche ci siano, sfociano senza scampo nel trionfo di un Potere identico a quello che si vorrebbe abbattere, il romanzo è l’affresco di un universo che azzera ogni distinzione, a cominciare da quella tra angeli e demoni, diversi nei ruoli ma non nella natura. Dio stesso è un angelo/demone che qui prende il nome di Ialdabaoth. Non è né infinito né assoluto e, qualora fosse sconfitto, verrebbe a sua volta scagliato nell’inferno. E se Lucifero trionfasse, appena preso il posto dell’Altissimo farebbe propri i valori e le scelte del suo predecessore. Gnostico e libertino, razionalista e dionisiaco, utopico e immoralista, arcadico e scettico, 'La rivolta degli angeli' è uno scritto affascinante, insaporito da un pizzico di esprit alla Voltaire e di humour alla Dickens” (TTL, 28 dicembre 2004).
Memorabile qualche passo dedicato alla Chiesa, e alla sua contrapposizione con la Scienza; quello che sto per proporvi va campionato perché mi sembra eccezionalmente didascalico e felicemente partigiano: “Che! Voi negate che la scienza abbia assestato colpi mortali alla Chiesa? Ma la Chiesa pensa ben diversamente. Essa teme la scienza, e la proscrive. Ne condanna i dettami, dai dialoghi di Galileo ai piccoli manuali di Aulard. E questo non senza ragione. Un tempo la Chiesa, composta di tutto quanto v'era di grande in fatto di pensiero umano, governava i corpi assieme alle anime, e con il ferro e con il fuoco imponeva l'unità, l'obbedienza assoluta. Oggi, il suo potere non è più che un'ombra, e gli ingegni superiori le hanno voltato le spalle. Ecco la condizione in cui l'ha ridotta la scienza” (p. 111).
Demoni e angeli umanissimi, allora: in un gioco di ruolo che chi ha studiato un testo intelligente e potente come “Il libro della luce” di Hoeller – giusto per spendere il nome della pubblicazione gnostica più recente ed elegante – potrà facilmente riconoscere e assecondare. Ma per amore della diversità ecco ancora l'entusiasta Saviano, innamorato del romanzo, pronto a lanciarlo su Alpha Centauri: “I demòni di Anatole France, con questo romanzo, assurgono nell’Olimpo del mito letterario a numi della crisi capaci di disvelare ciò che vi è di falso e disumano dietro l’ordine del bene. Questi demòni letterari indicano le strade che portano alla vita presa nel vortice del sapere, rapita nel tempo della passione, nell’ordine dell’anarchia, educata nel dubbio e nella musica, nell’amore per la materia e per le scienze della natura, al di là di ogni determinazione morale, giuridica, religiosa”. Olè.
Personalmente non scomoderei né l'Olimpo né il mito letterario, ma probabilmente vengo da una formazione e da studi un po' diversi da quelli dell'autore di “Gomorra”, e certe cose non mi sono suonate nuove, né innovative, né così affascinanti. Limite mio, per carità. Mi ha divertito, piuttosto, scendendo su un piano molto più quotidiano, pensare che Wim Wenders potrebbe aver preso spunto da un romanzo come questo per raccontare e ideare i suoi angeli terrigni. Al termine della lettura mi sono chiesto se esistono prove di questa congettura, accennata anche in Quarta di Copertina; non ci crederete, ma il regista ha speso un nome diverso: quello di Rainer Maria Rilke. Forse bisogna intervistare Peter Handke. Magari lui ha l'opera omnia di Anatole France nascosta da qualche parte, e una gran voglia di parlarne.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
François-Anatole Thibault, alias Anatole France (Parigi, 1844 – Saint-Cyr-sur-Loire, 1924), poeta, saggista, bibliotecario e scrittore francese, figlio di un libraio. Premio Nobel per la Letteratura 1921.
Anatole France, “La rivolta degli angeli”, Meridiano Zero, Padova 2009. A cura di Roberto Saviano. Traduzione di Luigi De Mauri. Revisione di Tommaso Pezzato. L'opera era originariamente apparsa nella notevole collana di MZ “Questa non è una pipa”.
Prima edizione: “La Révolte des Anges”, 1914; IT, Barion, 1925.
Gianfranco Franchi, luglio 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot.