Gargoyle
2013
9788898172221
Dallas Mayr, alias Jack Ketchum, ci accompagna nell'inferno della vita di provincia degli USA, negli anni Cinquanta; in quel che poteva accadere ma non doveva essere raccontato, in quel che poteva succedere ma non poteva essere capito. “La ragazza della porta accanto” (1989; IT, Gargoyle, 2009) è una discesa negli inferi della piccola borghesia statunitense, della possibilità d'una sua segreta, micidiale malvagità, della liceità di quella cattiveria in una cultura in cui dominava un concetto principe: “Non dirlo a nessuno”.
“Non dirlo a nessuno”, raccomandò, e stavolta tutti scoppiarono a ridere, perché 'non dirlo a nessuno' era il nostro codice. Lo diceva sempre a noi ragazzini quando ci faceva fare qualcosa che i nostri genitori non ci avrebbero permesso né lasciato fare in casa nostra. 'Non ditelo a nessuno'” (p. 126).
“È uno scenario da incubo – , commenta Stephen King nella postfazione – dove 'Happy Days' si incrocia con 'Arancia Meccanica', dove 'The Many Loves of Dobie Gillis' si fonde con 'Il Collezionista'. Funziona non tanto per la perfetta inclinazione suburbana che Ketchum conferisce all'ambientazione, quanto perché siamo portati a credere, contro la nostra volontà, che con la giusta miscela di ragazzini alienati, la supervisione adulta su quell'orrore e, soprattutto, l'atmosfera improntata sul fatti-gli-affari-tuoi, tutto questo sia possibile”. E così è. Si rimane letteralmente incollati al romanzo, sognando un epilogo diverso, sognando giustizia e simpatizzando per le ragazzine vittime di quelle terribili violenze. Senza respiro. Ma lo pseudonimo di Mayr parla chiaro: non lascia speranze. Jack Ketch è il nome del Mastro Titta inglese: il boia per eccellenza, attivo – a differenza del massacratore papalino – nel Seicento. Chiosa King: “Jack Ketch, in Inghilterra, fin quando ci sono state le impiccagioni, è stato per generazioni il soprannome del boia; e, nei romanzi del suo quasi omonimo americano, non sopravvive mai nessuno: la botola si apre sempre, il cappio si stringe inesorabilmente, e perfino a qualche innocente può capitare di morire impiccato” (p. 277). Ci siamo capiti.
Trama. Il narratore di questa storia ci racconta, subito, che qualcosa nella sua vita non è andato per il verso giusto; ha due matrimoni alle spalle, il primo dei quali con una psicopatica. Le ragioni sono nascoste nella storia della sua adolescenza: quando incontrò il male, e seppe guardarlo negli occhi...“Una dimensione vuota, spoglia e del tutto priva di gioia. Non vi è compassione né pietà, ma solo ferocia, come quella che si legge negli occhi di un animale a caccia della sua preda. Come gli occhi di un serpente” (p. 178).
Quel male è Ruth, la mamma di tre dei suoi amichetti, che si ritrova a crescere le sue nipotine Meg e Susan dopo la morte dei suoi genitori, in un drammatico incidente stradale. Meg è sopravvissuta con qualche cicatrice, Susan ancora fatica a camminare; hanno quattordici e undici anni circa, sono belle e gentili, hanno un disperato bisogno d'amore e di protezione, ma la matrigna si rivelerà la loro prima carnefice, assieme ai suoi figli.
Nelle prime battute, Meg appare al narratore in uno scenario à la Twain, libero e selvaggio, perfetto spaccato della provincia dell'America del Nord che conosciamo per tanta letteratura; è nuova in città, ed è sicuramente la ragazza più bella che abbia mai visto in vita sua. “Fantastico, pensai. Incredibile. La vedrò sempre. Quello fu il primo pensiero che ebbi in assoluto. Me ne rendo conto solo ora. Quel giorno, su quella Roccia, mi scontrai con la mia adolescenza nella persona di Megan Loughlin, una sconosciuta due anni più grande di me, con una sorella, un segreto e lunghi capelli rossi. Mi sembrò tutto così naturale, che uscii da quell'esperienza non solo pacato, ma persino felice al punto che penso che quell'episodio abbia contato molto per le mie esperienze future. Quando penso a questo, odio Ruth Chandler” (p. 18).
Abitano tutti in una strada senza uscita, che pare “un piccolo taglio nella mezzaluna del bosco”; è una strada tranquilla e graziosa, tredici case in tutto. È il luogo in cui non può accadere niente di sbagliato e niente di grave. Tutti i ragazzini si conoscono tra loro e giocano – qualche volta il gioco è un po' troppo estremo, a danno delle ragazzine: le legano nude agli alberi, ma poi finisce là – e i genitori stanno tranquilli. Quel che David, il narratore, non può immaginare, è che una delle mamme – divorziata, tre figli sul groppone – sia pazza, e che la sua pazzia finirà per originare un incubo.
Quell'incubo è figlio prima di una disciplina assurda e ossessiva, che Meg fronteggia con coraggio e orgoglio, e poi di una tortura sistematica e metodica che umilia, disintegra e infine uccide la povera ragazza. A comandare il gioco è la matrigna, a giocarlo è lei assieme ai suoi figli. Eppure Meg aveva saputo resistere... “I ragazzini, quasi per definizione, non avevano alcun potere. Dovevano sopportare le umiliazioni o fuggire da esse. Se protestavi, dovevi farlo tacitamente. Scappavi in camera tua sbattendo la porta, gridavi e strillavi, tenevi il muso a cena, facevi scenate o fingevi di rompere gli oggetti accidentalmente. Eri cupo e silenzioso, andavi male a scuola. Era tutto quello che potevi fare, le armi che avevi a disposizione nel tuo arsenale. Ciò che non si faceva era stare in piedi di fronte a un adulto e dire vaffanculo in così tanti modi. Non si rimaneva lì fermi a dire no con tanta calma. Eravamo troppo piccoli per questo, e quindi quello che stava accadendo era incredibile per noi” (p. 112).
Meg viene prima obbligata a non uscire più di casa, quindi incatenata, martoriata, violentata. Tentativi di fuga saranno vani; le violenze ripetute. E il narratore, sicuramente innamorato di lei, è troppo piccolo e giovane per capire davvero cosa sta accadendo, e per potervisi ribellare. Quando, infine, capisce e si ribella, resistendo alla fascinazione per la nudità di lei che sembra piagarlo e confonderlo, per diverso tempo, è troppo tardi. Del resto, è un ragazzino; lei è una ragazzina; e quando lei aveva provato a parlarne a un poliziotto, di quel che stava vivendo – prima d'essere imprigionata – non era stata creduta. “Quando hai dodici anni, i ragazzini sono solo ragazzini. Non ci si aspetta neanche che vengano notati. Sono come insetti, uccellini, scoiattoli o un gatto randagio – parte del paesaggio, quindi irrilevanti” (p. 51).
David incontra il male, e rischia di ritrovarsi a essere parte di quel male. Osserva, ma non partecipa alle violenze; è allucinato da quel che sta succedendo, e quando cerca di comunicarlo al padre – con timidezza allusiva, e senza chiarezza – si rovina addosso ancor di più. Questo forse accade perché il padre non ha una posizione radicale e netta a proposito della violenza contro le donne; forse perché lui ammette che può succedere, e questo cortocircuita David.
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Destinato a venire incontro a quei lettori forti e coraggiosi che hanno la capacità di osservare e studiare il male, senza caderne vittima – proprio come l'autore del libro, che disprezza ogni forma di violenza contro il prossimo, e si limita a denunciarne l'esistenza e a studiarne le epifanie –, “La ragazza della porta accanto” è un viaggio tenebroso e notturno nei solari anni Cinquanta degli States, demistificazione d'un mito un po' grossier e gotico gioco al massacro di quella propaganda di falso benessere e umanità che inquinava l'Occidente. È un romanzo da leggere con cautela, e con consapevolezza; quella di essere di fronte, in ogni caso, più a un terrificante e violento romanzo di formazione d'una psiche che a un thriller. Impossibile che non vi rimanga impresso.
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Secondo King, Mayr-Ketchum somiglia molto a Jim Thompson, “Il mitico maestro del sadico degli anni Quaranta e Cinquanta (…) un autore estremamente interessante, feroce e a volte brillante, che possiede un grande talento e un modo di vedere le cose oscuro e disperato” (p. 278). Chi era Jim Thompson? Proprio in questi giorni, Alet di Padova ha pubblicato la sua biografia, firmata Robert Polito. Si direbbe possa essere un must, esattamente come questo romanzo di Ketchum. Saprete dirmi.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Dallas Mayr, alias Jack Ketchum (Newark, New Jersey, USA 1946 - USA, 2018), scrittore e attore americano.
Jack Ketchum, “La ragazza della porta accanto”, Gargoyle, Roma 2009. Traduzione di Linda De Luca. Con una nota finale di Stephen King.
Prima edizione: “The Girl Next Door”, 1989.
Film: The Girl Next Door, di Gregory Wilson (2007).
Gianfranco Franchi, dicembre 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot.
Dallas Mayr, alias Jack Ketchum, ci accompagna nell’inferno della vita di provincia degli USA, negli anni Cinquanta…