Pendragon
2002
9788883421303
“DID: […] un’enciclopedia è un’esposizione rapida / e disinteressata delle scoperte umane / fatte in ogni luogo in ogni campo in tutti i secoli / senza alcun giudizio circa le persone” (Parte prima, IV, 11-14)
Senza gerarchizzare la qualità del sapere. Un codice nuovo delle idee, “concatenazione di tutto / circolo istituzione scienza conoscenza / archetipo del mondo” (I, 11-14): un’opera prometeica, destinata a cambiare gli equilibri esistenti tra popolo e classi dominanti. Questo libro è il canto dell’impresa dei philosophes e dell’anima più intransigente e coerente del gruppo, Diderot; è un canto epico e satireggiante, solcato da irregolari e non sempre velati richiami alla contemporaneità; a voler stabilire un filo rosso tra lo spirito rivoluzionario dell’Enciclopedia e l’iconoclastia e l’orgoglio tirannicida degli anarchici, a voler rimarcare una continuità tra lo spirito repressivo delle autorità del tempo e il democratico successivo esercizio del potere. Le ombre della storia presente, e del passato prossimo, originano un fascinoso corto circuito nella percezione estetica; s’attualizza e si rivendica l’origine d’un’opera che ha contribuito a modificare radicalmente l’accesso alla conoscenza, contribuendo a scolpire nella coscienza dei cittadini il diritto alla libertà d’espressione – e si sussurrano e si gridano ammonimenti ai contemporanei, a non abbassare la guardia di fronte alle nuove strategie di chi regge e governa le sorti degli Stati e dei popoli.
“La macchina da guerra più formidabile” (1970), testo per il teatro di Roberto Roversi, è stato messo in scena al Teatro della Pantomima di Bologna, per la regia di Arnaldo Picchi, nell’aprile 1972. Apparso in versione semiclandestina nel 1971 a Bari, è circolato in fotocopie fino all’edizione Pendragon, a cura di Arnaldo Picchi, nel 2002.
Il libro è strutturato in tre parti, suddivise rispettivamente in 16+14+17 scene. Spiega il curatore nel breve e illuminante saggio conclusivo: “Nel testo di Roversi il materiale storico relativo ai fatti dell’Encyclopédie è dunque diviso in cinque blocchi: 1) origini (storia di Mills e Sellius); 2) denunce, arresto e carcerazione di Diderot a Vincennes; 3) affare de Prades – cioè crisi del ’52; 4) crisi del ’57-59 – vale a dire attentato di Damiens, ‘campagna dei cacouacs’, defezioni di d’Alembert, Rousseau e Voltaire e soppressione ufficiale del lavoro dei philosophes per decreto del Parlamento di Parigi; 5) storia di Diderot e Sophie” (“Andiamo, teppisti, fatemi divertire”, p. 163).
I protagonisti del libro sono allora Diderot (nel testo “Did”), Voltaire (“Volty”), D'Alembert (“Dal”), Rousseau (“Roos”): seguiremo le sorti delle anime dell’Encyclopédie a partire dall’estromissione di Mills e Sellius, attraverso i notevoli problemi economici, rivalità e incomprensioni tra eminenze grigie, denunce a danno del turbolento inquieto e sedizioso Did, opposizione dei Gesuiti (la cui collaborazione a proposito delle questioni teologiche fu ignorata) e la loro sconfitta, soppressioni del progetto (una nel libro, storicamente due: ’52 e ’59), sua proibizione e tarda consacrazione. Episodiche e funzionali le apparizioni d’una variopinta umanità – all’insegna del culto per l’interferenza, caro all’autore.
Spiega Roversi, nella Nota del 1970: “Quella di «macchina da guerra più formidabile» fu (è) la definizione data dal De Sanctis all’impresa dell’Encyclopédie di Diderot (1772), ventotto volumi in folio, di cui undici di tavole; un lavoro fantastico e un risultato fantastico, vale a dire: un autentico terremoto. Ebbene questo testo cerca di cogliere il lavoro di Diderot (Did)[…] in una dimensione temporalmente disarticolata dissociata molto mescolata; dato che da allora troppo tempo non è passato e ci può essere (come deve esserci) uno scambio continuo di riferimenti e ammicchi) […]”.
Attualizzare lo spirito dell’irripetibile opera dei philosophes – per opporre all’arroganza e alla prevaricazione di chi domina e governa un’arma perfetta e impeccabile – l’intelligenza. Un dovere nei confronti di quanti, per difendere un’idea, hanno sofferto o perduto la vita; e di quanti, ancora, patiranno per questa ragione isolamento e ostracismi d’ogni sorta.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Roberto Roversi (Bologna, 1923), romanziere, poeta e drammaturgo italiano. È stato animatore, con Pasolini e Leonetti, della rivista “Officina“. Ha fondato la rivista “Rendiconti”.
Roberto Roversi, “La macchina da guerra più formidabile”, Pendragon, Bologna 2002. A cura, con le note al testo e una proposta di riduzione teatrale di Arnaldo Picchi.
Gianfranco Franchi, agosto 2004.
Prima pubblicazione: Lankelot.
“DID: Vi siete mai chiesti com’è accaduto / che dai romani (antichi) / siano usciti gli italiani? È un’ipotesi, un esempio. / Da un popolo così fiero, orgoglioso, così sicuro della sua superiorità sugli altri / com’è potuto accadere che sia seguito un popolo così fragile, incerto imprevedibile, futile litigioso così maldestro / mal governato / indifferente / tenero indifeso, disgraziato? / Confrontare la maschera di un Cesare /Con quella di Bruto / Contemporaneo. / Quale orrore / E che errore / Ebbene, per noi, la novità / deve essere quella di non avere / antenati e di segnarci / giorno per giorno la nostra faccia nuova (non un’opera di restauro ma un condensato di anatemi). / Di non avere i piccoli busti al Pincio / i grandi antenati a cavallo / o splendidi quadri al Louvre. / Sul nostro specchio (che è l’identico specchio) / e con la stessa matita / ci ricalchiamo le ciglia / per essere più marziali – e un poco più misteriosi” (Parte terza, XI, 1-20).