Ortica Editrice
2017
9788897011644
Qual è la differenza tra egoismo e “selfishness”, e perché l'egoismo va considerato una dottrina dell'individualità? Qual è il rapporto tra egoismo e anarchia? Perché la libertà interiore di ogni egoista implica uguale libertà per tutti gli altri egoisti? Perché l'egoismo punta, in generale, a lasciare in pace il prossimo, e si fonda sull'opportunità che tutte le persone vengano addestrate a vivere e a lasciar vivere? Che significa che l'essere umano deve diventare “naturale” nel trattamento riservato all'alterità? È possibile considerare l'egoismo come qualcosa di altruistico? E in che senso, invece, l'altruismo si rivela profondamente egoistico, così come la generosità?
La dottrina del “laissez faire” può influire o addirittura determinare la nascita di un sistema razionale di anarchia, cioè di assenza di qualunque genere di regime e di contratto? Se sì, in che misura? Perché l'egoismo può essere il seme di una pratica di profonda tolleranza? Qual è la differenza tra l'individuo e i gruppi, e in che misura la natura di un gruppo può avvicinarsi alla natura di un ego? Esiste davvero un'aggregazione o un gruppo che non vive fondamentalmente per sé stessa e contro qualsiasi individualità che possa sottrarle potere e influenza? Che senso ha che la morale si fondi sulla paura o sulla speranza di un beneficio dell'essere umano? Perché l'egoista non deve appellarsi a una qualsiasi legge morale, e perché non deve riconoscerne nessuna? Esiste un'autorità che non sia nemica della libertà? Qual è il rapporto tra coscienza ed educazione? Perché l'egoismo ritiene che la coscienza sia una superstizione? Perché l'egoismo “riguarda i fatti, infrange e dissolve il dominio delle idee e non si prefigge di ricostituirlo mediante definizioni e dottrine”, rifiutando con ostinazione qualunque principio e qualunque “senso del dovere”? Perché niente è sacro per un egoista? Perché l'egoismo è la solida base dell'anarchia e dell'ateismo? Perché Walker crede che l'egoismo sia “salute mentale”, e che l'uomo spirituale sia pazzo? E cosa significa, nella sua prospettiva, “prendere coscienza della propria individualità e diventare completamente sani”? Perché l'egoista sente di essere padrone di se stesso? Perché, infine, è consapevole di essere, a tutti gli effetti, un animale?
Ortica Editrice, cooperativa di Aprilia, restituisce “La filosofia dell'egoismo” di James L. Walker, filosofo anarchico e individualista anglo-americano [nato a Manchester nel 1845, morto in Messico nel 1904]; i primi quindici capitoli del libro erano stati pubblicati tra 1890 e 1891 sulla rivista “Egoism”, mentre l'intera opera era apparsa postuma nel 1905. Questa edizione Ortica, tradotta da Valentina Nicolì, è completa di un altro suo saggio breve, prodromico: si chiama “L'egoismo”, è più incendiario e limpido ed è originariamente apparso sulla rivista “Liberty” nel 1887. Questa dell'Ortica potrebbe essere la prima edizione italiana, a dar retta all'Opac. Tecnicamente si tratta di un saggio che non possiamo non considerare estremamente derivativo nei confronti del più volte omaggiato “L'unico e la sua proprietà” di Max Stirner [un libro del 1844: cioè di due generazioni prima]; a differenza dell'incandescente e appassionato monologo di Stirner, il lavoro di Walker non deve più misurarsi immediatamente col marxismo o considera già pacificamente assimilate le posizioni stirneriane in tal senso, cioè in accezione antagonista marxista; è anarchico in senso classico, fronteggia antagonisti come la religione, la morale, la patria, lo Stato, e proprio come tutto quel è anarchico profuma spesso di paradosso, sconfina facilmente nel radicalismo, appare periodicamente (molto involontariamente) spirituale, si ritrova prigioniero del suo tempo. Quando ero molto più giovane, l'incontro con Stirner aveva avuto altro fascino; non soltanto per la confezione adelphiana, né soltanto per il frontale e lucido rifiuto della dottrina marxista; era, a essere onesti, una questione di originalità dell'approccio (disorientante, infestante, certe volte superbo nella ripetuta provocazione) e di potente coerenza tra vangelo e vita vissuta da Stirner. So poco di James L. Walker, so soltanto che il suo libro ha in più di qualche passo il sapore della “imitatio cum variatione” della lezione del povero Johann Caspar Schmidt, alias Max Stirner, e trovo al limite filologicamente interessante questo suo lavoro. Punto. Devo aggiungere che credo questa nostra epoca non abbia proprio nessun bisogno di nuova o altra “dottrina dell'individualità”, e che si debba ragionare ormai in termini completamente diversi, perché come altri hanno osservato il baricentro delle cose del mondo è cambiato, sta cambiando: stiamo rischiando la distruzione degli ecosistemi terrestri e la catastrofe ambientale è probabilmente a un passo, e mai come in questo momento c'è bisogno di rinunciare a qualunque smania individualista, fantaletteraria e ultralibertaria, e a qualunque antagonismo vecchio stile, in nome di qualcosa di più alto: la sopravvivenza della nostra specie e la bonifica, dove possibile, della Terra. È qualcosa di sacro, è la patria di tutti. Dire “io” può diventare un lusso (forse poter dire “io” è stato un lusso, per qualche millennio). Nel 2017, un saggio come questo è chiaramente datato e ovviamente velleitario.
Gianfranco Franchi, maggio 2017
Prima pubblicazione: Mangialibri.
Estremamente derivativo nei confronti del più volte omaggiato “L’unico e la sua proprietà” di Max Stirner (un libro del 1844: cioè di due generazioni prima)…