Rizzoli
2012
9788817056007
Terzo romanzo del letterato lucano Andrea Di Consoli, classe 1976, poeta padre della “Navigazione del Po” [Aragno, 2007], “La collera” [Rizzoli, 2012] è una nera ballata d'emigrazione, di miseria e di antagonismo: il canto della solitudine di un pazzo, la cronaca della dannazione di un uomo che non sapeva amare. È la storia di un operaio calabrese ossessionato da un tragicomico fascismo da operetta, comprensivo di simpatie monarchie, di irrisolvibili nostalgismi, di malaticce e morbose sovrapposizioni nazionalsocialiste; la storia di un proletario che sceglie, per stupidità e per ostilità, di non appartenere a nessuno e a niente, di simpatizzare per quello che tanti chiamano “male”, e che ciascuno colora di quel che vuole. A quanto pare.
È la storia di un uomo che si faceva forte di “apocalittiche e franose verità”, per non ammettere il deserto di spiritualità e di umanità che aveva intorno; un bastian contrario isolato e individualista, povero ma nemico dell'egualitarismo, fanatico e prepotente; un tabagista nevrastenico, un magnone scuro di capelli e chiaro d'occhi, abnorme in ogni espressione di sé: la storia di un uomo destinato a morire vecchio e solo, nemico di tutto.
È la storia di un meridionale che non riconosceva più nel Sud la grandezza antica, e che per troppo disprezzo del presente e dei contemporanei s'immaginava di distruggerli tutti, e di non essere dei loro; è la storia di un ragazzo che finisce per “smammare al Nord” e per servire la tetra azienda della famiglia Agnelli, in Piemonte, sentendo sempre bollire il sangue, smaniando per mostrarsi diverso da ciò che è – superiore, in generale, e cattivo.
È la storia di un uomo disordinato e sbagliato, che il destino condanna a un inatteso e detestato ritorno al Sud, proprio quando sembrava che il Piemonte infine lo avesse accolto, proprio quando sembrava che uno come lui potesse trovare pace nell'amore d'una professoressa. È la storia della rovina del sangue caldo e della rabbia figlia della miseria. È la farsa d'uno che ha scelto il fascismo come una maschera di Arlecchino – se ne è armato, come d'uno scudo antico, e se ne è servito per rifiutare il prossimo, praticamente in ogni sua manifestazione.
Rispetto ai precedenti libri di narrativa di Andrea Di Consoli, “La collera” mantiene quella crudezza che già si riconosceva, almeno come tendenza, nella prima raccolta di racconti dello scrittore lucano, vale a dire “Lago negro”, pubblicata dall'Ancora del Mediterraneo di Stefano De Matteis nel 2005; e mostra, periodicamente [cfr. almeno p. 138] quello stesso culto per la figura paterna che aveva figliato il lirico “Il padre degli animali” [Rizzoli, 2007] – nella “Collera” l'artista scrive ancora, tornando sui suoi stessi passi che “qualsiasi cosa si è, nella vita – un re o un mendicante pazzo – lo si deve pur sempre a un padre, sempre che la vita la si accetti”. I dialoghi sembrano nettamente migliorati: c'è maggiore fedeltà al parlato, nel ritmo e nelle sbucciature dialettali, e in generale c'è molta veracità. Sta scomparendo, invece, la poesia – quella poesia che sembrava, ancora nella “Curva della notte” [Rizzoli, 2008], caratterizzare i romanzi di ADC. Quando riappare è in un elenco: in questo passo dedicato alla Calabria; ad un ritorno.
“Eccola lì, la sua Calabria, la terra che aveva provato a dimenticare, a rinnegare con il lavoro e con uno studio disordinato e matto. Eccolo lì il suo mare grigio, disteso nella calma, senza brillii, senza partenze, senza fortuna – sfortunato di bellezza, d'una bellezza feroce, da togliere il fiato. Eccole lì le case coloniche, i caselli ferroviari aggrediti dall'edera e dai fichi d'India, le case senza intonaco, le ringhiere arrugginite, le persiane scolorite, i castelli diroccati di poveri principi depressi e crudeli e viziosi, le terre mal coltivate, le curve chiuse a gomito, gli strapiombi, le agavi, i cippi stradali dei Borboni, le insegne blu divorate dal salmastro, le facce tristi, stanche, perplesse del popolo calabrese, in attesa di un riscatto non voluto, non cercato, non sognato, di un favore, di una questua, del miracolo di un santo, di un sindacalista tenace, di un deputato grasso e senza fiato, di un assessore, di un pezzo grosso. Eccola lì la sua Calabria di miserabili – il perenne fallimento, l'ignoranza, il disprezzo del progresso, la brutalità dei gesti, il fischio del padre che richiama all'ordine i figli come stesse richiamando pecore disobbedienti in fuga dal branco” [p. 101].
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Pasquale Benassia, il fascistone matto protagonista di questo romanzo, non è un inetto e non è un vinto. È uno squilibrato che ama la vita e detesta gli uomini. È un meridionale che detesta la decadenza della sua terra, è pazzo di rabbia per tutto quello che accade. È uno che gioca la carta dell'emigrazione senza avere fortuna; e che non ha l'intelligenza di comprendere la benedizione del ritorno, e della povertà.
Andrea Di Consoli è stato, per diversi anni, un poeta che giocava a scrivere romanzi; adesso sembra un ibrido tra un brigante, un cronista di nera e un polemista, e sta plasmando una nuova personalità autoriale, complici probabilmente le ultime variopinte esperienze professionali, tra televisione nazionale e quotidiani. Continua ad avere una gran voglia di far parlare il Sud, di dare voce ai figli del popolo, di capire il male oscuro del nostro Paese. È carico di collera e di ambizione come il suo Benassia. Hanno gli occhi dello stesso colore. Hanno appartenenze e destini diversi. Hanno la stessa voglia di sbagliare. Hanno la stessa forza.
EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE
Andrea Di Consoli [Zurigo, Svizzera, 1976], scrittore e giornalista lucano, romano d'adozione. È il poeta della “Navigazione del Po”. Lavora per la Rai e per diversi quotidiani. È stato direttore editoriale di Avagliano e di Hacca.
Andrea Di Consoli, “La collera”, Rizzoli, 2012. Collana “La scala”. ISBN, 9788817056007.
Per approfondire: WIKI.
Gianfranco Franchi, settembre 2012.
Prima pubblicazione: Lankelot.