Carocci
2018
9788843091096
Sostiene Maria Vittoria Alfonsi che Brunetta Mateldi, o meglio “Brunetta” tout court, sia stata la “quintessenza dell'arte e della moda” e che questa monografia di Paola Biribanti sia l'eccezionale esito di un lavoro di ricerca minuzioso, “interessante, divertente e storico a un tempo”, destinato a costituire il giusto, per quanto tardivo, riconoscimento a un'artista poliedrica e infaticabile. E allora ecco Brunetta nella presentazione dell'elegante scrittrice ternana: “Illustratrice e giornalista di moda, pittrice, stilista, costumista e cartellonista, Brunetta, come si è sempre firmata e come tutti la chiamavano abitualmente, ha collaborato a un numero smisurato di quotidiani e periodici di moda tra i più autorevoli, tra la metà degli anni Venti e gli anni Ottanta. Ha illustrato libri per ragazzi, esposto le sue opere in Italia e all'estero, ha fatto parte della giuria in diverse edizioni di Miss Italia e frequentato creatori di moda tra i più famosi al mondo, consapevoli di trovare in lei un arbitro sempre imparziale e competente. A lei è stata dedicata una collezione di abiti da una rinomata maison […]”: eppure, conclude la Biribanti, di quest'artista un tempo così popolare, di questa illustratrice così vivace ed eclettica, oggi non si parla quasi più. Paradossale, perché la Brunetta potrebbe essere una chiave per leggere la moda e i costumi del nostro paese in un arco di tempo di oltre cinquant'anni, magari in un contesto di recupero di personaggi chiave del periodo e della storia del costume, come la sua amica Irene Brin [recentemente restituita da Flavia Piccinni e dalla Atlantide nel notevole “Il mondo”].
Qual era lo stile di Brunetta? Secondo Emilio Radius, “il segreto di Brunetta è l'aver esordito come pittrice e l'essere artista come prima cosa. Usi il colore o si limiti al bianco e nero, i suoi disegni servono fedelmente all'industria della moda e sono una festa degli occhi. Hanno la caratteristica di raffigurare con pochi segni sagaci e di fare scena, commedia brillante e anche un po' dramma. Mai umoristici nel senso comune della parola, hanno brio e spirito. Sono spregiudicati, ma gentilmente” [p. 101].
Secondo la Cederna, protagonista di uno storico sodalizio con la Brunetta [rubrica “Il lato debole” per il leggendario, vecchio “Espresso”: nelle parole della Aspesi, “il luogo in cui si era espressa con più fulgore e partecipazione”], lei era “un'artista speciale: ho sempre pensato che se non avesse lavorato sempre in Italia, ma a Parigi o a New York, sarebbe stata una grande star nel suo ramo: sempre sulle massime riviste, e strapagata, cosa che da noi (data la sua innata modestia) non le è mai capitato” [p. 94].
E umanamente? Scriveva Dino Buzzati che “in Brunetta pittrice e disegnatrice c'è una virtù che apparentemente può sembrare semplice, ma invece è molto rara, un atteggiamento dello spirito che è il tipico segno della 'classe': intendo dire l'umiltà di fronte al lavoro. Per cui, che ci sia da fare un ritratto a piena figura o un disegno giornalistico, che si tratti di Arte da grande esposizione oppure di un figurino di moda, Brunetta ci mette sempre il meglio di se stessa”. [p. 96]
Natalia Aspesi ha osservato che Brunetta aveva “un po' orrore di ogni esibizionismo, e fuggisse da quel frastuono assordante che fa da sfondo al palcoscenico continuo del vivere alla moda, dell'aggrapparsi al successo” [p. 77]. Per Maria Pezzi, “i suoi sbalzi d'umore, che spesso lasciavano interdetti chi non la conosceva, quei suoi sfoghi d'ilarità seguiti a mutismi, quelle quasi furtive gentilezze accompagnate da sgarbi o risentimenti, non erano che le conseguenze di una sensibilità esasperata e di una spaventosa solitudine” [p. 80].
La monografia di Paola Biribanti, scrittrice e giornalista umbra classe 1977, alle spalle un notevole esordio in Castelvecchi [“Boccasile: la Signorina Grandi Firme e altri mondi”, 2009], è appassionante e convincente; partendo dal presupposto che è sostanzialmente impossibile censire tutte le opere della Brunetta, considerando la mole impressionante del suo lavoro, nel tempo, la Biribanti è riuscita comunque a raccontare storia famigliare, storia sentimentale, storia artistica e professionale e infine vecchiaia e caduta nel dimenticatoio di una figura davvero incomprensibilmente abbandonata dalle patrie lettere e dalla nostra cultura ufficiale; se nel caso di Boccasile la “damnatio memoriae” sembrava fondamentalmente ideologica e politica, nel caso della Mateldi Moretti non c'è altro che una stupida distrazione e una fastidiosa incultura, a ben guardare. La Biribanti ci racconta del sangue veneto della famiglia Moretti, della acquisita ma solida “piemontesità” di Brunetta, nata a Ivrea nel 1904; delle figure artistiche incontrate in famiglia, degli studi alle Belle Arti di Bologna, del matrimonio d'amore e d'arte con l'ex futurista Filiberto Mateldi, di vent'anni più vecchio, “talent scout e pigmalione” della all'epoca giovanissima Brunetta e sua guida in quella che sarebbe diventata la “loro” Milano. Scopriamo quanto stoica è stata Brunetta negli anni della malattia e della precoce morte dell'amato marito, e quanto incredibilmente creativa; apprezziamo la sua rinuncia a “Vogue” e alla chiamata da New York pur di restare vicina al compagno malato, le sue noie “ideologiche” col Corriere sotto regime fascista, la clamorosa serie di collaborazioni d'alto livello, da quella già citata con “L'Espresso” a quelle con “Grazia” e “Annabella”, dalla storica esperienza in “Bellezza”, al fianco proprio di Irene Brin, fino alle “Grandi Firme”; ci conforta leggere dei varii riconoscimenti, anche internazionali, e ci si ritrova ad apprezzare un buon inserto illustrato a colori. Manca soltanto l'indice dei nomi. In appendice, bibliografia ragionata [suddivisa in “Di e su Brunetta”, “Moda, costume, società”, “Editoria, illustrazione, satira] e sitografia completa.
Gianfranco Franchi, marzo 2018
Per approfondire: Treccani / Repubblica / Italian Ways + BIRIBANTI in Porto Franco.
Riscopriamo Brunetta, “quintessenza dell’arte e della moda”, nella monografia di Paola Biribanti…