Isole. Guida vagabonda di Roma

Isole. Guida vagabonda di Roma Book Cover Isole. Guida vagabonda di Roma
Marco Lodoli
Einaudi
2014
9788806223243

Una città di isole: un libro fatto di impressioni, appunti e note stravaganti, vagabonde, irregolari; la struttura dell'opera è inesistente, la sensazione è quella di sfogliare il taccuino di un autore. Un autore che mostra consapevolezza delle lezioni degli antichi maestri del grand tour (inevitabilmente, Stendhal, Ruskin e Montaigne) e nel frattempo va assimilando la loro tecnica di narrazione a tutta una serie di reminiscenze contemporanee (la Campo, Zanzotto, la Ortese) o moderne (Proust) che costellano le narrazioni. Di narrazione compatta non si può parlare; ecco pensieri e schizzi d'autore, allora, a proposito di Roma: dei suoi microcosmi, delle sue isole, delle sue infinite chiese, delle sue fontane e fontanelle (inclusa quella per i cani: unica al mondo (piazza san Salvatore in Lauro: p. 15), degli ex voto e delle vecchie botteghe; dei ristoranti a buon prezzo e di quelli che è meglio non avvicinare nemmeno, delle storiche tradizioni capitoline (Cereria Di Giorgio, p. 39) e delle nuove istituzioni commerciali, tutte identiche e sempre riconoscibili (Autogrill).

Lodoli voleva tributare un omaggio a Roma: è riuscito nell'intento, senza dubbio, perché “Isole. Guida vagabonda di Roma” può essere considerato sia una sorta di itinerario altro nell'Eterna, andando a fare la gioia dei sempre tanti turisti e degli innamorati della Capitale; sia una sorta di riscoperta, da romano e per i romani, di quegli angoli, di quelle piazze e di quei quartieri (forse: di quelle persone) che abbiamo rimosso, dimenticato o sottovalutato. È un libro sicuramente turistico, sicuramente commerciale, sicuramente personale. Le osservazioni sulle opere d'arte e sulla bellezza e sulle caratteristiche di certi monumenti appesantiscono inevitabilmente la lettura: lo stile di Lodoli è più portato alla descrizione di sentimenti, sensazioni e stati d'animo che di sculture (magari sfortunate come quella dell'Ed Wood del Rinascimento: Copé, p. 47) o di tele (scolastica la lettura del ritratto della Cenci). Lodoli diverte e intrattiene quando si dilunga nella descrizione antropologica e sociologica della città (micidiale, ad esempio, l'elenco delle varie tipologie di caffè, p. 50; oppure, la spiegazione dell'altrimenti arcana, extra moenia, vicenda della “Palla” dello Stadio Olimpico per appuntamenti tra tifosi) e della cittadinanza; indovina lo spirito dei romani sin dall'incipit (“scantonare, ecco cosa ci piace”) e non dimentica le commistioni che fondano la nostra essenza, “popolare e patrizia, sprezzante e formale, chiassosa e reticente”. Brilla quando scrive l'elegia del portinaio, magari umbro, marchigiano o sabino e con un nome improbabile (p. 140), ma piomba nel didascalico accennando all'Auditorium allora in costruzione (p. 6). Stupisce quando rivela che tra gli storni c'è spesso un falco pellegrino in agguato, causa delle loro assurde e coreografiche traiettorie (e dire che pensavo fosse un modo per deviarci dall'attenzione proprio mentre ci bombardavano di merda) e suggerisce destinazioni notturne (come il Bar Castellino, in piazza Venezia) note fondamentalmente agli autoctoni (certi segreti non vanno svelati).

Micidiali le descrizioni delle difficoltà del romano nel raccontare Roma a un amico, magari straniero: credibile il fiatone che caratterizza la fine di queste giornate. Romantica, infine, la questione dei cambiamenti del territorio: “Mio padre ricorda ancora quando la piazza del Pantheon era pavimentata con il legno di Montevideo, e mio fratello maggiore ricorda gli stabilimenti sul Tevere, dove i più coraggiosi e i più poveri facevano i bagni. Le cose passano, a volte il tempo le trasforma, a volte le cancella senza pietà. Io comincio a guardare con nostalgia le ultime cabine telefoniche: ora che pure i ragazzini hanno un cellulare in tasca, ora che tutti parlano con il mondo intero quando e come vogliono, non c'è più bisogno di quelle microstanzette posate sui marciapiedi della città” (p. 61); seguono ricordi di come eravamo quando telefonavamo (in strada) nelle cabine.

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Lodoli ha cantato Roma più volte, nel corso della sua carriera. Qui lo ha fatto assemblando frammenti di una rubrica di un quotidiano, sembrerebbe, e intrattenendo sé stesso e il suo pubblico. Nel 2007, Abate ha pubblicato una “Guida non conformista di Roma” che andrebbe integrata e assimilata a questa di Lodoli; il tutto a beneficio del turista intellettuale e originale. Siamo dalle parti dei sentiti esercizi di stile e delle lezioncine di recupero per quelli che sono stati assenti per troppo tempo da queste parti. Con grazia, ma con molta maniera.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Marco Lodoli (Roma, 1956) scrittore e giornalista italiano. Ha esordito pubblicando poesia (“Un uomo innocuo”, 1978). Primo romanzo, “Diario di un millennio che fugge”, 1986.

Marco Lodoli, “Isole. Guida vagabonda di Roma”, Einaudi, Torino, 2005-2008. Collana ET Scrittori 1518.

Gianfranco Franchi, maggio 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Una città di isole: un libro fatto di impressioni, appunti e note stravaganti, vagabonde, irregolari