Gargoyle
2009
9788889541395
“Il vampiro è una forma notturna, la sua esistenza è legata al buio. All'alba, torna al sepolcro dal quale è uscito, riprende l'immobilità della morte e aspetta la nuova sera. Quante bare, presso le quali la gente s'inginocchia e prega con devozione, contengono l'essenza stessa del diavolo, un vampiro? Nessuno lo saprà mai. Ma nell'oscurità, fin dall'alba dei tempi, i vampiri hanno lasciato le loro tombe alla ricerca di preda” (p. 109). Eh già.
1961: prima pubblicazione di questo stravagante ibrido saggistico-narrativo, firmato da Emilio de' Rossignoli: “Io credo nei vampiri” diventa, ben presto, un libro di culto per tutti gli appassionati di horror e di letteratura gotica. Probabilmente perché – vampiri a parte – in queste pagine gli aficionado del genere trovano di tutto, dal golem al lupo mannaro, dall'homunculus alle sirene, dal graal (!) alla Bella e la Bestia; sempre assieme a schede sintetiche dei film dell'orrore più amati dall'artista, spesso a fianco di cenni rivolti a opere letterarie (di tutti i tempi) d'argomento anche molto vagamente vampirico. Memorizzate, mi raccomando, il concetto “molto vagamente”: è basilare perché possiate accostarvi all'opera coi dovuti pregiudizi. Mi sembra una norma igienica.
Questo libro è un super zibaldone gotico, sconnesso, grottesco e frammentato, documentato (parlo dei film, eh? Mica delle “testimonianze” sui vampiri...) e febbrile. Peccato che fosse sparito dalla circolazione sino a qualche settimana fa.
2009: nuova edizione dell'opera, completa di interventi critici di Arona e della Lipperini (basta...), per i tipi di Gargoyle. Prima domanda del neofita: chi era Emilio de' Rossignoli? Arona ci spiega tutto: conte di origine dalmata, ma nato in Istria, a Lussinpiccolo, “raccoglitore di leggende, collezionista di ritagli di giornale, vampirologo numero uno, giornalista sopraffino”, studiò a Trieste e a Genova e pubblicò “una quantità impressionante di libri gialli e fanta-horror, un certo numero di saggi e (…) diversa narrativa 'rosa' con un'intima e non repressa anima noir” (p. 13). Soddisfatti? Bene. Avanziamo.
Seconda domanda: cos'è questo “Io credo nei vampiri”? Rispondeva l'autore, nell'incipit: “Questo è il primo libro organico sulla materia, anche se esistono volumi antichi che ne trattano. Le vecchie opere sono soltanto raccolte curiose di episodi di vampirismo; la maggior parte di esse è oggi introvabile sul mercato (..) l'interesse che offrono (…) è limitato”. E più avanti, dopo una suggestiva citazione di Rousseau: “Ho letto centinaia di volumi, ho interrogato migliaia di persone, sono stato sui luoghi della leggenda. Con un paziente lavoro di mosaico durato molti anni, ho raccolto e selezionato ogni frase, ogni notizia, ogni dettaglio. Ora, conosco la verità. E credo nei vampiri”.
Serve glossare? Non credo. Lasciatevi incantare da questa letteraria sicurezza, e nutritevi delle storie del de' Rossignoli: sprofondate in un altro mondo, non sempre credibile ma almeno divertente. Del resto, l'autore ammonisce, “in queste pagine ci sono testimonianze dirette di grande valore. Si può ridere di esse, come si può ridere di Dio. Ma non è un atteggiamento ragionevole”. Paura, eh?
Scoprirete che il vampiro non odia l'uomo, perché la sua massima aspirazione è diventare uomo egli stesso; e che sua suprema condanna è non poterlo diventare mai (p. 29); che esistono vampiri “nati”, vampiri “masticatori” (carne, non sangue!) e vampiri “morti”: hanno corpo e denti, sono stati sepolti vivi e si sono risvegliati con un po' di livore, diciamo così. Il vampiro teme acqua, aglio, specchio e croce e può essere ucciso da un paletto di frassino o dalla luce del sole (pp. 33-34). Insomma: cinque armi, unica arma mortale la “picca” di frassino. Etimo di vampiro? (Siete saviniani, eh? Che bravi)
“Dracul significa 'diavolo' in romeno e la Transilvania appartiene geograficamente alla Romania. La parola deriva dal latino draco, draconis, nel significato di Satana, che gli dà comunemente l'iconografia cristiana. Dracula diventa così per antonomasia il Nemico Universale. Anche il termine greco vrucolacas (brucòlaco) potrebbe diventare, opportunamente contratto, Dracula” (p. 129).
Vi ritroverete a leggere, con crescente angoscia (e perplessità, va da sé) di vampiri macedoni (con tanto di figli di vampiri: i “vampirovich”. Impagabile), greci, dalmati, moravi, bulgari, magiari, messicani, estoni (si tratta di una vampira sdentata); vi ritroverete tra le fonti di Stoker (vago Seicento tedesco) e le trame dei libri di Polidori, Le Fanu, Matheson – in primis.
Sintetiche ma buone le pagine su Terence Fisher (l'autore adora il suo “Dracula”), Browning, Dreyer e Murnau; i cinefili, da questo punto di vista, si preparino a una vasta serie di omaggi, segnalazioni e citazioni (fissati? Studiate con fiducia “The Dark Screen. Il mito di Dracula sul grande e piccolo schermo” della Tintori, sempre Gargoyle) decisamente difficili (“La casa degli orrori” di Erle Kenton, 1943). Chiaramente, il de' Rossignoli è sempre un po' perplesso sulla credibilità di queste pellicole: “Che cosa ci insegnano i film di vampiri? Poco o nulla. In genere, alterano la leggenda per fini spettacolari o di comodo. Talora accordano ai non morti possibilità eccezionali (vita e attività nella luce); altre volte, nell'ansia del lieto fine, con relativa punizione del colpevole, alterano proprietà da loro stessi attribuite” (p. 154). Ma certo.
A latere. Straordinariamente prepotente e impreciso quanto scrive la Lipperini nella postfazione: e non è la prima volta. “Nelle webzine – asserisce, partigiana – eccezion fatta per 'Carmilla' manca la consapevolezza di cosa sia stata e sia la grande letteratura gotica italiana ed europea: l'horror è caricatura, b-movie, schizzi di sangue” (p. 374). Ma la dottoressa Lipperini legge, in Rete, qualcosa che non sia 'Carmilla'? E almeno riesce, per una volta, a non nominare uno scritto minore di Genna? Quel sito per molti di noi è talmente sporcato dall'ideologia che si fa sempre più fatica ad avvicinarlo. È un relitto del Settantasette, in differita di trentadue anni pieni. Basta, su. Comportarsi così non aiuta a simpatizzare per le sempre più smarrite “guardie rosse”, orfane di un tempo che grazie a Dio mai più ritornerà. Aridateci Gianfranco De Turris, e restituite certa critica al suo rosso recinto. È ora. Stanno bene là dentro: a parlare di loro, tra loro; a darsi ragione – come sempre – senza accettare neanche un confronto. D'altra parte, chi altro esiste che non siano “loro”? I vampiri. No? Eh.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Emilio de' Rossignoli (Lussino, Istria, 1920 – Milano, 1985), giornalista e scrittore italiano, pieno di pseudonimi. Scrisse romanzi e fu redattore di diverse riviste cinematografiche e non, come “Festival”, “Hollywood”, “Horror” e “Novellefilm”.
Emilio de' Rossignoli, “Io credo nei vampiri”, Gargoyle, Roma 2009. Con interventi di Danilo Arona, Loredana Lipperini e una nota iniziale di Angelica Tintori. Contiene Bibliografia del 1961 e Bibliografia aggiornata.
Prima edizione: 1961.
Gianfranco Franchi, luglio 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot.