Garzanti
2004
9788811683018
“Incontravamo fiumi di tribù desertiche, gli esseri umani più belli che abbia visto in vita mia. Eravamo tedeschi, inglesi, ungheresi, africani, nomi che per loro non avevano alcun significato. A poco a poco siamo diventati gente senza nazione, sono giunto a odiare le nazioni. Siamo deformati dalle nazioni-stato. Madox è morto proprio a causa delle nazioni” (Michael Ondaatje, “Il paziente inglese”, cap. IV, “Cairo Sud, 1930-1938”).
Villa San Girolamo, nei dintorni di Pisa, aprile del 1945. La villa è stata un convento di suore, quindi una roccaforte dei tedeschi, infine un ospedale degli alleati, semidistrutto dai bombardamenti. Adesso è da mesi il fatiscente rifugio di Hana e del suo paziente. Hana è un’infermiera canadese, di venti anni circa. Folle e incurante della propria incolumità durante il servizio prestato in guerra, si è ritirata per assistere un paziente in punto di morte. Stanca, si è tagliata i capelli e ha indossato abiti borghesi, smettendo la divisa. È magra, il viso duro e affilato. Se si volta indietro, non trova altro che morte. Suo padre, i soldati che ha accompagnato fino alla fine, il bambino che avrebbe dovuto avere.
S’è innamorata di quel paziente, che vede come un santo. È totalmente ustionato, e nessuno ha saputo ricostruire la sua identità. È tornato carbonizzato dal deserto. Miracolosamente incolume, al suo fianco, un libro. Una copia delle Storie di Erodoto, piena di appunti e stracolma di pagine incollate da altri libri, e di cartine geografiche.
Spesso il paziente ritrova nella memoria frammenti del suo passato; e allora racconta. Una volta ha detto di essere inglese. Difficile non credere a un uomo in quelle condizioni. E così, è rimasto “inglese”, nonostante mancassero prove.
È precipitato in fiamme nel deserto. I beduini lo hanno ritrovato, attirati dall’aeroplano caduto, che di norma costituiva un tesoro per le loro riserve; hanno costruito una barella di rami e lo hanno portato via, prendendosi cura di lui e approfittando delle sue straordinarie conoscenze in fatto di armi e di territori. Dopo qualche tempo, hanno preferito consegnarlo agli alleati.
Nella villa non vivono soltanto Hana e il suo paziente. C’è l’uomo dalle mani bendate, l’ex spia David Caravaggio. Si definisce un ladro: non un grande patriota, né un grande eroe. Conosceva Hana da prima della guerra, era amico del padre, Patrick, recentemente scomparso. Caravaggio è sopravvissuto alla guerra, ma è totalmente segnato da quel che ha vissuto. È morfinomane, e senza droga vacilla e trema. Implode. Sarà Hana a levare le bende a Caravaggio, scoprendo che gli sono stati amputati i pollici. Carnefice era stata un’incolpevole infermiera, a Firenze, per ordine dei nazisti, prima che lasciassero la città, incalzati dagli alleati.
Hana, dunque, è l’unica vera interprete del segreto delle anime e dei corpi del paziente inglese e di Caravaggio. Sembra essere destinata ad accogliere i loro segreti, le loro rivelazioni e i loro tormenti. Hana è martire, nel senso più antico del termine: autentica testimone. Poco a poco, lo strano e precario equilibrio che si è creato nella villa viene nuovamente alterato dall’arrivo di un artificiere Sikh, Kirpal Singh, detto “Kip”, “aringa”, dai suoi commilitoni. È sempre in divisa, indosso il suo turbante.
Parla d’armi e di viaggi e di libri con il paziente inglese; nel frattempo, si aggira per i corridoi della villa e per i campi, a disinnescare bombe. Ne trova ovunque. Sui rami, sulle fontane, nei lavabi. La terra e tutte le cose degli uomini sono intossicate dalla violenza e dall’odio. Kip è inviato a cancellare la morte. È la speranza. Hana capisce, e poco a poco se ne innamora.
Questi i sentieri principali del toccante romanzo di Michael Ondaatje, romanziere e poeta canadese edito in Italia dalla Garzanti. “Il paziente inglese” è noto al grande pubblico per l’osannata trasposizione cinematografica di Minghella: trasposizione non sempre fedele allo spirito del libro, a volte colpevolmente censoria, altrimenti incentrata sul non marginale aspetto della relazione amorosa tra il paziente inglese e Katharine, nel deserto. Spiego immediatamente perché è censoria. Uno dei personaggi simbolicamente più importanti del romanzo è Madox, la cui storia è raccontata dal paziente per intervalli di lucidità. Madox era membro di quel fantastico gruppo di esploratori del deserto che per anni, fino all’esplosione del conflitto bellico, aveva vissuto in pace e in armonia con le tribù, dimenticando perfino la propria origine. Quegli esploratori venivano da ogni paese europeo, e vivendo assieme in un luogo così distante dalla loro cultura avevano imparato a rifiutare il significato della parola “nazione”. Madox era un ricercatore: un uomo chiuso e introverso, tutto dedito ai suoi studi. Forse aveva conosciuto per la prima volta il significato della parola “amicizia”, vivendo affianco a Laszlo e agli altri, nel deserto.
All’avvento della guerra, Madox torna in “patria”, nel Somerset, dalla moglie. Una volta scoperto che le sue uniche amicizie sono “con i nemici” della sua patria, non resiste. Durante un rito in una chiesa, mentre l’officiante si scaglia contro i nemici e sprona il popolo alla guerra, si spara in testa. Un evento del genere non poteva e non doveva essere censurato nel film. Nel film, scopriremo soltanto che Madox si è ucciso; Laszlo rimarrà sconvolto. Ma non si accenna al luogo del suicidio, né si spiegano le ragioni. Scelta eticamente ed esteticamente non condivisibile. Ghigliottina una delle denunce più importanti del libro.
“Il paziente inglese” può essere letto come romanzo di riflessione sulla memoria e sull’identità. Il misterioso ustionato che ricorda in maniera progressivamente più nitida frammenti del proprio passato sembra simboleggiare lo spirito della cultura occidentale, talmente sconvolto dall’orrore e dall’abominio della guerra da non essere più in grado di ricordare le proprie radici. Il paziente, che narrerà i propri splendidi anni di giovinezza nel deserto, da ricercatore e da esploratore, racconterà la nuova società che si andava formando, e il suo splendido e clandestino amore per Katharine, sposa di un membro del gruppo; la nascita e la dolorosa fine della loro vicenda sentimentale rappresenta il drammatico epilogo di un momento della nostra storia. Libro fascinoso e complesso. Storia indimenticabile.
“Pensi di essere un iconoclasta, ma non lo sei. Semplicemente rimuovi o sostituisci ciò che non puoi avere. Se non riesci in qualcosa, ti rifugi in qualcos’altro. Niente può cambiarti. Quante donne hai avuto? Ti ho lasciato perché sapevo che non avrei potuto cambiarti. Stavi nella stanza così immobile, a volte, così silenzioso, come se la rivelazione di una piccola parte del tuo carattere fosse il più grave tradimento verso te stesso” (Michael Ondaatje, “Il paziente inglese”, cap. VI, “Un aeroplano sepolto”).
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.
Michael Ondaatje (Colombo, Ceylon(oggi Sri Lanka), 1943), romanziere, poeta e critico letterario canadese.
Michael Ondaatje, “Il paziente inglese”, Garzanti, Milano, 1998. Traduzione di Marco Papi.
Il romanzo è strutturato in dieci capitoli, numerati progressivamente, ciascuno provvisto di un titolo. Pur essendo ovviamente “fiction”, la storia è ispirata a personaggi realmente esistiti.
Prima edizione dell’opera: “The English Patient”, Toronto, 1992.
Trasposizione cinematografica: “The English Patient”, di Anthony Minghella, Usa, 1996.
Gianfranco Franchi, agosto 2003.
Prima pubblicazione: Lankelot.