Il menu

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Sergio Sozi
Castelvecchi
2009
9788876153303

“È un dato di fatto: la pizza sta a Nuova York come l'angloitalo è la nostra lingua... solamente gli storici, con la loro alterigia, forse, potrebbero dar profondità all'anno 2050” (Sozi, “Il Menu”, p. 25).

2050. L’Italia è diventata una leggenda metropolitana. New Miami è ciò che rimane dell’antica Roma. 5647 residenti accertati nel 2046; potrebbero essere molti di meno. Torino è diventata Bulltown, Milano Mayland, Trieste Terstown. In Buruguay, capitale Washington, si parla angloitalo; solo qualche nostalgico scrive ancora in italiano. È proibito studiare storia; soprattutto, la storia degli ultimi decenni. D'altra parte, le (poche) fonti superstiti sono scritte in una lingua ormai incomprensibile alla maggioranza assoluta dei cittadini. È andata così. E ora...

“Il Buruguay ha i suoi quattro milioni di cittadini, le sue botteghe e i suoi artigiani, i suoi efficienti ospedali e la sua lingua, ben gestita, generalmente, nei circa duecento libri che ogni anno le nostre dieci case editrici stampano. Siamo orgogliosi di appartenere a una delle più belle Province Statunitensi a Statuto Straordinario” (p. 49): per via di un “Concordato di Sudditanza Indissolubile”. Era già tutto previsto, sin da quando abbiamo cominciato a ospitare le basi militari yankee, molto tempo prima, dopo la disfatta della guerra, dopo aver deciso di rinunciare alla nostra identità, alla nostra essenza, sedotti da un modello socio-culturale ed economico ben distante dal nostro.

Un tempo, la pizza non era la specialità di New York, e non era stata ancora proibita per legge nella fu Italia; i cittadini guardavano la televisione, parlavano al telefono (“telefonare, sino a trent'anni fa, significava dire cose inutili a qualsiasi distanza”), lavoravano con i computer (“una specie di televisore, molto più complicato da usarsi (…) uno sciccoso progenitore della attuale stilografica”) e guidavano automobili. Esistevano giornali – non come adesso: sono rimasti in tre, quattro pagine per uno – e addirittura circolava Letteratura. Quel tempo incredibile è smarrito... ma il fortunoso recupero del diario di un vecchio poeta, Cesare Menicucci, restituisce polverose e rocambolesche memorie trascritte tra 1984 e del 2003. Si racconta di quando chiuse l’ultima biblioteca italiana, la Nazionale di Firenze, certificando l’assoluta illeggibilità di otto testi su dieci composti dal 1200 ad oggi. E di come caddero tutti gli antichi palazzi, orgoglio del Rinascimento. E non solo...

Soldati scrisse, forse sospettando un epilogo del genere, e cercando di evitarlo: “Se l'Italia resiste, se l'Italia si salverà, lo dovrà, prima che a tutti gli altri, a gente come questa: che accetta la nuova civiltà ma solo fino a un certo punto; che non vede necessario, progredendo, rinunciare a tutto il passato; che non vede insanabili contraddizioni tra i costumi moderni e quelli antichi”. Sozi ci restituisce questo passo, e in un contesto del genere diventa un passo da meditazione. Fermatevi un attimo a soppesarlo, per favore, prima di interiorizzarlo. Fatto? Ben fatto.

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Romanzo fantastorico e fantasatirico di Sergio Sozi, letterato romano classe 1965, oggi italiano all'estero (Lubiana, Slovenia), Il menu è un divertissement alla Morselli (“Roma senza papa”) distopico e allegorico, espressione di letterarietà e stile. È un bel giocattolo che fa sorridere e amareggia al contempo, perché mette a nudo quel che siamo diventati e quel che potremmo divenire, magari tra un secolo e mezzo, se precipitassimo nella decadenza che pure si prospetta; è una distopia italiana – una rarità – fondata su un'idea originale (finalmente) e destinata incuriosire i cultori del genere (e non solo).

“Quando una Nazione diventa apparente, anche questo è verosimile che accada, dunque. Su vasta scala. E che l'allora nomata Italia avesse iniziato a diventare un Paese apparente proprio sul finire del secolo XX, ci sembra comprovato anche alla luce di quello che successe dopo, verso il 1996-97. Io, personalmente, questo l'ho capito da alcune pagine di giornale cosí datate (stanno fra la roba varia di Menicucci). Le ho analizzate per continuare il mio racconto su basi alquanto verosimili (…). La fantasia, penso, falsa sempre le carte in tavola, che lo si voglia o meno: è la malattia endemica degli scrittori. Soprattutto quando questi si sforzino di abbracciare la fuggente dea Esattezza”.

Mangiarsi una pizza sotto casa, dopo aver letto questo romanzo, ne migliora il sapore. Fidatevi.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Sergio Sozi (Roma, 1965) è vissuto in Umbria e Slovenia. Giornalista culturale (Avvenimenti, L’Unità, Primorski Dnevnik), poeta (“Oggetti volanti”, 2000) e narratore (“Il maniaco”, 2007; “Ginnastica d'epoca fredda”, 2009), già Premio Scritture di Frontiera di Trieste.

Sergio Sozi, “Il menu”, Castelvecchi, Roma 2009. Collana “Narrativa”, 25.

Gianfranco Franchi, settembre 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.