Keller
2011
9788889767238
“Io sono, più di ogni altra cosa, quel che non sono riuscito a compiere. La più vera delle vite che indosso, come un fascio di serpenti annodato a un'estremità, è la vita non vissuta”, scrive lo scrittore rumeno, di sangue e cultura armena, Varujan Vosganian, già ministro dell'Economia e delle Finanze di Bucarest. Il suo “Libro dei sussurri” (Keller, euro 18.50, pagine 480) è un commovente tributo, lirico e massimalista, alla tragedia oscura del suo popolo, e della sua gente; non c'è odio, e non c'è rancore per l'atroce genocidio turco: c'è pietà, c'è fedeltà alla storia, c'è tanta umanità. Varujan Vosganian è uno che ha vissuto la sua infanzia in un mondo di sussurri: sussurrava il nonno Garabet, ma il nipote non doveva raccontarlo a nessuno; sussurrava, e leggeva un libro che esisteva solo nella sua memoria; sussurrava le storie dei morti; quel libro forse avrebbe potuto plasmarlo e pubblicarlo il nipote, nel tempo – e per questo si sarebbe chiamato così: per questo si chiama così, “Il libro dei sussurri”.
È il grande libro della memoria e dell'essenza degli armeni: d'un bambino adulto, predestinato a raccontarlo, cresciuto col talento dell'ascolto e dell'empatia, senza nessuna paura dei fogli bianchi; convinto che c'è sempre tempo per correggere qualcosa. Che vivere, che scrivere servono a questo. Uno cresciuto sapendo che il vero silenzio è il silenzio che canta. E che il suo popolo, abituato a insinuarsi nella vita inosservato, ha perso l'abitudine di gridare: per quanto può, vive nascosto.
La narrazione ha inizio nella cittadina di Focşani, nella Moldova romena. Ricordi di gioventù, nel quartiere armeno, quartiere di gente povera e onesta, che credeva importante fosse avere sopra la testa un tetto solido, e sotto i piedi un tappeto spesso; di gente diffidente dei popoli del mare, rimasta fedele alla terra, e ostile all'avventura incosciente e disperata della navigazione; di gente che sapeva, da troppo tempo, che era diventato difficile morire nella terra in cui si era nati, e che piuttosto s'era abituata a portarsi dietro le tombe, e a costruirci le case intorno quando s'era trovato il posto giusto in cui vivere. Si cominciava così, onorando le spoglie degli antenati; e poi si costruiva una chiesa. Nascevano le vie degli armeni, cittadina per cittadina.
E poi Vosganian dà voce a più d'un secolo di storia, e di sofferenze. Agli Armeni fuggiti da Costantinopoli, dalla loro amata “Bolis”, amata e ferita dai massacri turchi, dalla crudele cacciata dei compatrioti superstiti, dei greci, degli italiani; armeni fuggiti una notte, “con addosso i vestiti e delle bisacce in cui avevano raccolto alla svelta i loro oggetti più vendibili”; imbarcati dal porto di Pera alla volta di Costanza, assieme ad altri esuli. Armeni partiti da Adana, da Van, o che hanno attraversato “i deserti della Mesopotamia, tra i cadaveri abbandonati ai margini delle strade o ingrossati dall'acqua, galleggianti nelle viscere oscure o sui ponti sudici delle navi a vapore, negli orfanotrofi, tra i bagagli apprestati in fretta”. Armeni massacrati dai turchi, nel 1895, città per città, per tutta l'Anatolia: squillava una tromba e gli assassini andavano all'assalto dei quartieri armeni, e via, case saccheggiate, chiese profanate, e poi incendi a tutto spiano, e stupri e sevizie e morte. 200mila morti, soltanto nel 1895. 55mila, tra Trebisonda e il suo entroterra, nel 1915.
Vosganian spiega che “tutti i metodi adottati per lo sterminio degli armeni sui tragitti dell'Anatolia, da Costantinopoli fino a Deir-ez-Zor e Mosul, furono impiegati in seguito dai nazisti sugli ebrei. La differenza è che nei lager nazisti i detenuti portavano dei numeri, e questa numerazione macabra ha aumentato l'orrore dei crimini contro il popolo ebraico. I morti provocati dall'azione di annientamento del popolo armeno non sono di più […] ma sono stati contati di meno”. Già: non c'è famiglia di armeni che non abbia un parente scomparso nei turchi cerchi della morte. E ogni armeno può pregare sul bordo d'una fossa comune pensando che in essa riposa un suo famigliare.
Vosganian dà voce a un popolo costretto a vivere, per un pezzo, come apolide, senza patria: armeni “nansenian”, figli di nessuno, unici talenti il nome, il cognome, il battesimo. E poi accolti in Romania, o nelle Americhe; vittime della micidiale illusione dell'Armenia sovietica, strangolati dalle chimere maligne del bolscevismo e dal panturchismo. Vosganian dà voce a un popolo superstite al secolo del male: un popolo fenice che dobbiamo onorare, nella quotidianità politica, nei libri di storia, nella memoria.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Varujan Vosganian (Craiova, Romania, 1958), scrittore, politico, economista e matematico rumeno di sangue armeno, presidente dell'Unione degli Armeni di Romania.
Varujan Vosganian, “Il libro dei sussurri”, Keller, Rovereto, 2011. Traduzione di Anita Natascia Bernacchia. In appendice, ricco e opportuno apparato di note.
Prima edizione: “Cartea şoaptelor”, 2009.
Approfondimento in rete: Forum Intellettuali Romeni d'Italia
Gianfranco Franchi, ottobre 2011.
Prima pubblicazione: “Il Riformista” dell'11 ottobre 2011, pagina 13. A ruota, Lankelot.
Vosganian dà voce a un popolo costretto a vivere, per un pezzo, come apolide, senza patria: armeni “nansenian”, figli di nessuno, unici talenti il nome, il cognome, il battesimo. E poi accolti in Romania, o nelle Americhe…