Sonzogno
2002
9788845422584
“The Graduate” [1963], ultradialogica opera prima di Charles Webb, eternata dalla traduzione cinematografica di Mike Nichols [1967] una manciata d'anni più tardi, è una pagina di letteratura americana sentimentale ed esistenzialista, caratterizzata da una velleitaria satira sociale e da una intensa rappresentazione degli squilibri e delle confusioni della tarda adolescenza, della prima giovinezza. È una grande storia d'amore, a ben guardare, e assieme un romanzo di formazione fondato sulla progressiva assunzione di coscienza, responsabilità e identità da parte d'un giovanissimo intellettuale che sulle prime proprio non vuole saperne d'essere ciò che è.
Benjamin, quasi ventuno anni, s'è appena diplomato (“Bachelor of Arts”) ma non ha nessuna voglia di festeggiare con gli amici dei suoi genitori. Svicola e sfugge come può, mezzo stizzito. È angosciato per il suo avvenire. Non vuole insegnare, non vuole ritirare la borsa di studio, non vuole stare in mezzo agli altri. “Tutto è diventato improvvisamente grottesco”, ripete. Quel che ha imparato in quattro anni, quel che ha vissuto, quel che ritrova al suo ritorno a casa. Tutto è grottesco e niente gli appartiene.
Poi appare lei, la moglie del vicino, la signora Robinson. Un bicchiere e una borsetta in mano, abito verde lucido, potente scollatura, una bella spilla d'oro sul seno. Vuole baciare il diplomato. E poi vuole parlargli. Lui è chiuso in sé stesso. Lei vuole farsi accompagnare a casa. Lui le lascia le chiavi della macchina. Mrs Robinson insiste. Accontentata. Vuoi entrare un momento? Ho tanta paura di stare a casa da sola. Bravo. Metto su un disco. Bevi bourbon? Che cosa pensi di me? Signora, lei sta cercando di sedurmi. Il resto è storia. Lui che resiste, “perché non ci vedo chiaro. Non so dire che cosa immagino. Non so dire che cosa è reale. Non so...”. Lei che si spoglia. Lui che vacilla. E intanto ritorna il marito. “Mi sembri un po' scosso, Ben”. E poi giù consigli, e raccomandazioni di fare amicizia con sua figlia, Elaine, che sta per tornare da Berkeley. Tutto sembra passato. Non è successo niente.
Passano giorni. Ben pensa sempre. Pensa troppo. Passeggia, cammina avanti e indietro per il quartiere, medita. Vuole andarsene in giro in autostop. Vuole fare il vagabondo, per fare esperienza. Non vuole più studiare. Prende, parte. Tre settimane. Torna stanco morto, si sorbisce l'interrogatorio secco e totalizzante del papà e della mamma. Sono andato a Nord. Sì, ho lavorato. Ho spento un incendio, un grosso incendio. Sì, ho visto gli indiani. Sì, ho conosciuto prostitute. Sì, vorrei essere lasciato in pace. “Non so che cosa sono, babbo, e non m'importa molto” (p. 61). Due giorni dopo ha inizio la sua relazione con Mrs Robinson. È un inizio grottesco, bambinesco, un adulterio da piccola provincia d'una volta, lui vergine e infantile, lei sensuale e decisa. È uno scandalo borghese, perché le famiglie sono molto amiche e i due capofamiglia sono soci da un pezzo. Ricchi, tranquilli e disimpegnati, non potrebbero fronteggiare uno scandalo del genere. Ben ne è cosciente e vive la relazione in piena e assoluta clandestinità.
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Ben non vuole essere un intellettuale, né vuole sentirsi un intellettuale. Vuole prendersela comoda. Ha progetti indefiniti. Si sente inutile. Tutto quel che fa lo infastidisce. A parte andare con Mrs Robinson. Andando con lei si dimentica di tutto – si dimentica di sé, si dimentica del futuro. È come autodistruggersi. Autodistruggersi è quel che vuole. La storia dura mesi.
Mrs Robinson è in crisi col marito da cinque anni. Fanno l'amore due volte l'anno, quando il signor Robinson è sbronzo. Non prova più niente per lui. Lei ha solo una preoccupazione: che Ben possa, in futuro, uscire con sua figlia. Diciamo che è un presentimento.
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Elaine appare vestita di un abito marrone: ma ha un soprabito verde. Verde, come il colore dominante in Mrs Robinson, sua madre, nella scena iniziale. Non manca nemmeno l'oro: nel caso di Elaine è su un orecchino, non su una spilla. I due escono. Qualcosa succede. La cosa più importante accade a Ben: “Sei la prima cosa che mi sia veramente piaciuta dopo tanto tempo. La prima persona con cui mi sento a mio agio” (p. 134). Quand'è così, le cose possono mettersi molto male. Si mettono molto male. Ben dovrà arginare il suo disordine mentale e chiedere scusa per le sue indecisioni, i suoi tradimenti e i suoi sbagli. Ben dovrà dimostrare ad Elaine e a sé stesso d'aver capito che cosa vuole davvero. Ben dovrà decidere cosa essere – prendere atto di cosa è – e per questo dovrà riconquistare l'amata, perduta e tornata a Berkeley, presto fidanzata di un altro. Non sarà facile, non accadrà presto, non sarà indolore. Il lieto fine – spettacolare – lo conoscete tutti. Ormai ha il volto di Dustin Hoffman che grida e prende a pugni una vetrata (era una vetrata? Mi pare di sì) in chiesa, interrompendo un matrimonio.
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C'è qualche sorpresa. La prima è che non siamo di fronte a un laureato ma a un diplomato: il protagonista del romanzo è fresco di Bachelor of Arts, pressappoco corrispondente al post-maturità. Per tutto il romanzo si sente parlare di laurea, il che è non poco divertente. Si tratta di una manciata d'anni di differenza, ma è quella manciata d'anni che fa la differenza, nella formazione psichica e culturale di un individuo.
La seconda è che questo è un romanzo quasi esclusivamente parlato, tutto dialogato, con le descrizioni ridotte veramente all'osso, e quando presenti davvero sintetiche e solo vagamente evocative. Sono come pennellate astratte. In questo senso sembra proprio di poter dire che “Il laureato” era nato per essere adattato al teatro o al cinema, senza particolari difficoltà.
La terza è che sembra più erotica Mrs Robinson che la giovane Miss; non è solo questione di esperienza o di bellezza, è questione di modo di fare, di parlare, di chiedere. Di essere.
La quarta è che leggere questo romanzo nel 2010 significa ascoltare per tutta la (breve) durata della lettura Simon e Garfunkel che stornellano e se la ridono alle nostre spalle. Sono passati più di quarant'anni e tutto sommato la vicenda mantiene una sua ampia e vivace credibilità, perché certi tabù sono – anche giustamente, devo dire – rimasti intatti, e non si tratta solo di scandali borghesi o provinciali, si tratta proprio di drammi sentimentali e famigliari.
L'autore, Webb, californiano classe 1939, non sembra – stando a quel che ho potuto leggere nei siti americani e inglesi – essersi mai più ripetuto ai livelli del suo esordio; da qualche parte troverete traccia di notizie di un irrichiesto seguito del romanzo. Se davvero è stato pubblicato, sospetto abbia suonato come un concerto dei Genesis senza Peter Gabriel: pop d'accatto, falsetto, straconfezionato. Serve? Senza manco aprirlo, dico di no. Teniamoci stretto “Il laureato” (diplomato) e la sua magnifica freschezza giovanile, occidentale ed erotica. Sta invecchiando molto bene.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Charles Webb (San Francisco, California 1939 - 2020), scrittore americano. “Il laureato” è stata la sua opera prima.
Charles Webb, “Il laureato”, Mondadori, Milano 1973. Traduzione di Vincenzo Mantovani. Oggi, Sonzogno 2002.
Prima edizione: “The Graduate”, NY, 1963.
Adattamento cinematografico: “Il laureato”, di Mike Nichols, 1967.
Gianfranco Franchi, maggio 2010.
Prima pubblicazione: Lankelot.
“The Graduate” [1963], ultradialogica opera prima di Charles Webb, eternata dalla traduzione cinematografica di Mike Nichols [1967] una manciata d’anni più tardi, è una pagina di letteratura americana sentimentale ed esistenzialista,