Prospettiva
2002
9788874180424
“La politica non mi ha mai interessato. Le chiacchiere di Radio Reloj e della Cubavision sono acqua che corre tra canzoni di Manolin e Marc Anthony, tra una novela e un film. Niente di più. Alle sei della sera, quando Fidel parla, di solito ho altro da fare e non m’incantano le pause che confeziona ad arte tra parole studiate e convincenti. Non mi appassionano le storie assurde che servono solo a far propaganda” (Lupi, “Il giustiziere del Malecón”, capitolo 1, “Ricordi”).
Maria, venticinquenne jinetera, cavallerizza della vita (p. 13), è l’io narrante (non posso svelare l’epilogo…) di questo singolare e sorprendente romanzo, ambientato in una Cuba raccontata, con grande umanità e grande passione, da un’altra prospettiva: il “periodo speciale” dei primi anni dell’embargo è solamente lo sfondo, la narrazione si concentra sulla miseria e sulla desolazione del popolo, con uno sguardo al contempo antropologico e politico. Già per questo dovremmo plaudire al coraggio dell’autore, Gordiano Lupi, che riesce nella difficile impresa di evitare una lettura ideologica per concentrarsi esclusivamente su ciò che non è propagandato dal regime di Castro e raramente viene documentato e divulgato dai media: le difficoltà, le sofferenze, la povertà dei cubani. Impressiona l’efficacia delle descrizioni della quotidianità dei cittadini; si può forse riconoscere un intento quasi documentaristico, certamente pregevole, considerate le circostanze, e non esclusivamente letterario. Ambientazione, dunque, estremamente originale e piuttosto estranea al consueto angolo di visione italiano (e occidentale, in genere) della realtà dell’isola. Negli anni a venire ne vedremo delle belle (cfr. “Almeno il pane, Fidel”, sempre sul periodo speciale), ma anche qui non vengono lesinati passi esemplari e memorabili: “Così, spesso, quando tornavo dalla città, avevo con me un regalino per qualcuno, un pupazzo, una pistola ad acqua, un dolce o un pacchetto di caramelle. Volevo che tutti fossero felici perché la vita può darti molto se la prendi con il sorriso. In fondo ero più rivoluzionaria di Fidel, mi dicevo, perché questa sì che era un’idea sovversiva” (Lupi, “Il giustiziere del Malecón”, capitolo 6, “La vita cambia”).
Storia di Maria, giovane prostituta cubana, della sua difficile esistenza da ragazza madre e del suo perduto amore italiano; storia di un misterioso assassino che uccide le passeggiatrici del Malecón, lungomare dell’Avana, seviziandole e torturandole, adottando sempre lo stesso rituale, e storia d’una famiglia priva di figure maschili, dominata da donne determinate e segretamente fragili. Al principio della storia, Maria si trova su un letto d’ospedale; il pensiero del figlio, Danilo, la angoscia e la porta a desiderare d’esser presto dimessa per poterlo raggiungere. È lacerata dal dolore e dai rimorsi, per le tragiche vicende appena avvenute; e allora inizia a ricordare, e racconta la sua vicenda. Racconta di come suo padre lasciò la famiglia quando lei aveva appena due anni, e la madre era in attesa di sua sorella, Janet; di come decise di avviarsi alla prostituzione, pur di evitare la miseria a se stessa e alla sua famiglia; e dell’incontro con il padre di suo figlio, Franco, un giornalista italiano, e della sua fuga, una volta venuto a conoscenza del suo stato interessante. Racconta della sua amicizia con Carmen: cresciute assieme, legate fin da bambine. Sorti diverse: Carmen veniva da una situazione familiare drammatica, padre alcolista e madre psicotica; fin da bambina, aveva dimostrato una strana sensibilità per il macabro e per la violenza. Tutti avevano cercato di sostenerla e di aiutarla, e ad un punto sembrava fosse sul punto di guarire: s’era sposata, aveva avuto un figlio, s’era liberata dagli antichi contrasti. Pareva. Perché poi era caduta preda del fanatismo religioso, e suo marito era divenuto l’amante di Maria. Abitavano ad un passo l’una dall’altra. Sempre vicine. Carmen non aveva mai accettato che Maria fosse divenuta una jinetera; Maria non comprendeva l’ossessione per il sacro di Carmen. Un giorno, il marito di Carmen decide di vuotare il sacco; svela il tradimento, ed è il colpo di grazia per l’equilibrio psichico della sua compagna.
Maria, nel frattempo, è spaventata dalla terribile scia di omicidi di prostitute avvenuta proprio nei pressi del Malecón; ha già perduto un’amica, e teme per le sorti della sua sorellina, che non ha saputo evitare di prendere la sua stessa strada. La narrazione si fa sempre più rapida e coinvolgente; si alternano, alle memorie d’infanzia e d’adolescenza di Maria, le serrate indagini della polizia e la ricostruzione dell’esistenza di Carmen. L’omicida misterioso sembra inarrestabile…
Fermiamoci qui con la trama e veniamo ad altre annotazioni. Il libro è strutturato in ventisette brevi capitoli numerati progressivamente, tutti titolati; è narrato con grande equilibrio: molto apprezzabile l’uniformità linguistica. I dialoghi riflettono piuttosto fedelmente pause e accelerazioni proprie del parlato; le descrizioni dell’isola sono particolarmente vivaci e decisamente credibili. La vicenda, pur narrata in analessi, non è mai prevedibile e non preclude alcun colpo di scena. Efficace e mai artefatta la rappresentazione della femminilità dell’io narrante.
Difficile ricordare un altro noir ambientato in una Cuba raccontata con tanta originalità e tanta difformità rispetto alla consuetudine; più facile, probabilmente, riconoscere un narratore dallo stile più vicino a quello di Lupi. Si pensa non a un compatriota, ma al francese De Swarte del “Re di Atlantide”, fascinoso e macabro esemplare di letteratura gotica; stessa naturale capacità di spiazzare il lettore, stessa incisiva narrazione in prima persona, stesse contorsioni introspettive. Maggiori le suggestioni puramente letterarie di De Swarte; maggiore la sua crudezza. Ma non sempre esser crudi è un merito; questione di sensibilità (non solo estetica) del lettore.
“Il giustiziere del Malecón” è un romanzo di genere appassionante e coinvolgente; immediatamente accessibile, regala piacevoli ore di lettura e conquista per il taglio originale dell’ambientazione: quando si ha l’impressione che la trama sia prevedibile, si viene subito smentiti. Il libro si apre con i (bei) versi di un altro artista cubano caro a Lupi: Willy Chirino (ne “L’età d’oro” era Martì). Protagonista dei versi è proprio una jinetera, una delle icone della produzione dell’autore toscano: cominciamo a incontrarla nella narrativa di Lupi sin da qui (tuttavia è interessante annotare, filologicamente, che una prostituta era co-protagonista già nel secondo racconto de “L’età d’oro”, “Il ragazzo del Cobre”: lì era un italiano a redimerla e a restituirle libertà e speranza, qui un italiano (“balordo”: p. 97) l’ha abbandonata, come scopriamo nelle prime battute del testo). Non mancano interessanti riferimenti alla musica di Cuba (ad esempio, p. 23); tuttavia, del son caro a un successivo saggio di Lupi non si parla ancora diffusamente (viene nominato assieme ai tradizionali ritmi delle campagne: p. 27): in questo frangente, si imputa agli europei una preferenza per il merengue (“s’apprende facilmente”) a dispetto della salsa.
Concludiamo la scheda con le parole dell’autore: “Il giustiziere è un libro fuori catalogo di Prospettiva che vorrei ripubblicare visto che ne ho di nuovo i diritti e sto tentando di farlo con un editore più grande, ma se non lo troverò credo che lo ristamperò con Il Foglio. È un buon romanzo, con una trama gialla abbastanza avvincente, ma il suo punto forte è l'ambientazione cubana ai tempi del periodo speciale. Ha bisogno di un lavoro di editing ma a mio parere regge ancora” – ha dichiarato, a ragione, Lupi nell’aprile del 2007.
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Veniamo adesso all’intervista a Lupi (trascritta nel maggio 2003).
G.F. “Nella prefazione, Giovannini allude al ‘lato oscuro’ di Cuba. Si riconosce come narratore del lato oscuro dell’isola oppure preferisce essere salutato come cantore di un’altra Cuba, finalmente libera dai pregiudizi ideologici e dai condizionamenti derivati dalla propaganda politica?”
G.L. “Diciamo che approfitto del lato oscuro di Cuba, quello fatto di brujeria e santería (pure se nel Giustiziere non ci sono, però si trovano in abbondanza nel resto della mia produzione) per dire anche altre cose che non si fermano al soprannaturale e al noir, cerco di fare un discorso se non proprio politico per lo meno sociale. In questo senso mi sento cantore di una Cuba libera, un po’ come fa Willy Chirino con le sue canzoni”.
G.F. “Come nasce, e da cosa deriva la sua autentica passione per Cuba? Perché le sue storie sono spesso ambientate nell’isola?”
G.L. “La mia passione per Cuba nasce da un rapporto di amore che mi lega a quella terra da almeno cinque anni. Ho una moglie cubana e un figlio cui voglio molto bene. Ho tanti amici a Cuba che rivedo volentieri. Adesso ho anche un amico scrittore (Alejandro Torreguitart) che traduco e che ho fatto conoscere in Italia con il suo primo libro ('Machi di carta') pubblicato da Stampa Alternativa. A proposito tra poco parto (il 31 maggio) e spero di trovare a Cuba l’ispirazione per una nuova storia, così come è capitato due anni fa quando proprio a Yumurí, un villaggio dalle parti di Baracoa, buttai giù la trama di Nella coda del caimano oggi pubblicata in Nero tropicale”.
G.F. “Quanto può influire l’ideologia nella formazione dell’immaginario collettivo?”
G.L. “Credo che non influisca per niente, almeno per quel che riguarda il mio immaginario”.
G.F. “Ritiene che esista un lettore ideale per questi suoi racconti? Quanto pesa il timore d'essere fraintesi o mistificati?”
G.L. “Il mio lettore ideale è qualsiasi lettore. Se hai fatto caso cerco la semplicità ad ogni costo e cerco di risultare comprensibile a tutti. Il timore di essere fraintesi o mistificati pesa zero perché chi scrive pensa soltanto a raccontare una storia e non ha di questi problemi che riguardano i critici”.
G.F. “Questa è una domanda che rivolgiamo ad ogni autore. Avviene raramente, e proprio per questo è più apprezzabile, che un artista ammetta e riveli le sue affinità elettive. Confidiamo nella sua onestà intellettuale: quali scrittori riconosce come suoi antecedenti, o quali sente più vicini alla sua narrativa?”
G.L. “Tantissimi, anche perché leggo davvero di tutto. Per la narrativa di genere Stephen King è davvero un maestro, come negarlo? Però io credo di ispirarmi molto ai sudamericani come Sepulveda e ai cubani della nuova generazione come Gutierrez e Padura Fuentes. Ovvio che non raggiungo i loro livelli, ma loro restano dei modelli importanti che ho sempre davanti”.
G.F. “Come giudica il panorama letterario italiano contemporaneo? Avverte l’assenza di un movimento di riferimento o di artisti carismatici, o crede invece che questa assenza sia fondamentale per permettere a nuovi autori di emergere?”
G.L. “Non giudico il panorama letterario italiano. Dico la verità: mi interessa davvero poco la letteratura italiana contemporanea. Preferisco i sudamericani e i cubani. A mio modo di vedere i migliori autori italiani oggi sono Tabucchi e Cacucci che se si va bene a vedere le cose che scrivono in realtà non sono letteratura italiana ma portoghese e messicana”.
G.F. “Quali sono i suoi futuri progetti narrativi? Prevede nuovi ritorni nelle atmosfere cubane o sta valutando ambientazioni differenti?”
G.L. “Progetti a breve termine sono tre monografie di cinema che ho realizzato con l’aiuto di Maurizio Maggioni (Soavi, Deodato e D’Amato) che sono già completate e credo usciranno per Profondo Rosso di Luigi Cozzi. 'Nero tropicale' è uscito da poco e così 'Machi di carta' che ho tradotto. Alejandro Torreguitart ha tanto materiale inedito che sto traducendo e per lui sono in cerca di un editore (spero che lo tenga Stampa Alternativa ma al momento niente è certo, dipende dalle vendite del primo libro). Ho un romanzo horror inedito che nessuno vuole, ho una raccolta di racconti “italiani” intitolata 'Cattive storie di provincia' che cerca un editore. Ho un saggio sulla santería intitolato 'Cuba magica'. E adesso sto scrivendo una cosa dissacrante e polemica che mi procurerà più di un nemico se trovo chi me la pubblica (ma c’è sempre Il Foglio…), il titolo la dice tutta: 'Quasi quasi faccio un corso di scrittura… – controlezioni di scrittura creativa'. Mi pare che ce ne sia abbastanza, ma in realtà ho molti altri progetti sia da editore, sia da autore. Restate collegati a www.ilfoglioletterario.it e a www.infol.it/lupi che ve li svelo uno alla volta…”
G.F. “Concluda con un saluto ai lettori del suo libro”.
G.L. “Spero che ogni mio libro vi faccia fare un viaggio in un posto fantastico e che quel che ho scritto vi trasmetta almeno la metà delle emozioni che Cuba mi ha sempre regalato”.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Gordiano Lupi (Piombino, 1960), romanziere, poeta, saggista, recensore, soggettista, sceneggiatore, traduttore, editore italiano.
Gordiano Lupi, “Il giustiziere del Malecón”, Prospettiva editrice, Roma, 2002.
Prefazione di Fabio Giovannini. Editing: Lisa Mugnai. In appendice, un fondamentale glossario curato dall’autore: ospita frasi idiomatiche desunte dalla vita quotidiana degli abitanti dell’isola e una rapida campionatura di alcuni media e di tradizioni culturali e religiose locali.
Gianfranco Franchi, maggio 2003 (intervista, articolo); aprile 2007, rev. Articolo.
Prima pubblicazione: Lankelot.