Donzelli
2009
9788860363473
Un racconto lungo dal retrogusto della tragicommedia, strano incrocio tra una favoletta allegorica e una novella di fantascienza ambientata nel presente; una meditazione sui contrasti e sulle discrepanze tra identità e aspetto, in prospettiva diacronica, e al contempo una narrazione nata da una battuta di Mark Twain: questi gli aspetti fondamentali del “Curioso caso di Benjamin Button”, racconto di Fitzgerald tornato alla popolarità per via del film di David Fincher. È un piccolo diamante che scintilla a quasi novant'anni di distanza dalla sua prima edizione, e si lascia vezzeggiare e apprezzare con naturalezza.
Trama. Baltimora, 1860: il primo figlio della famiglia Button, Benjamin, nasce avvolto in un mistero buffo; il medico di famiglia, scioccato, si dimette subito dopo. La clinica è in grande imbarazzo: il padre è assolutamente incredulo, e sospetta si tratti di uno scherzo. Lentamente, prende atto della realtà e comincia a sudare freddo: il piccoletto – diciamo così – somiglia molto al nonno.
“Avvolto in una voluminosa coperta bianca, e in parte ficcato in una culla, stava seduto un vecchio all'apparenza sui settant'anni. I radi capelli erano quasi bianchi, e dal mento stillava una lunga barba grigio fumo, che ondeggiava in modo assurdo, sospinta dalla corrente che proveniva dalla finestra” (p. 9).
Suo figlio è un neonato sulla settantina. Parla, anche, e senza particolari difficoltà. Non sa esattamente chi sia, è soltanto certo d'essere un membro della famiglia Button. Ha fame, e non gli bastano mica latte e biberon. E oltretutto non vuole essere avvolto in una coperta. Servono vestiti, e serve almeno un bastone. Il vecchio neonato ha già le idee chiare sull'estetica: i primi abiti che arrivano non gli sembrano adatti, ma il padre sa come convincerlo.
A casa, sbarbato e acconciato all'ultima moda, il neonato di un metro e settanta s'annoia a giocare coi sonagli e fuma qualche sigaro di nascosto; tutti i regali del papà sono inadatti alla sua incresciosamente veneranda età. Ogni tanto rompe qualcosa per accontentarlo – s'è accorto che è questo che si aspettano da lui. Passano dodici anni, la famiglia si abitua, man mano, e tutto a un tratto lui s'accorge che sta ringiovanendo. I capelli sono grigi, le rughe sono più flebili. A diciott'anni è come un cinquantenne. Non basta per evitare imbarazzi all'Università di Yale, dove viene scambiato per un pazzo, maltrattato, umiliato dai coetanei e scacciato via; così, cambia strategia, e finisce per affiancare il padre nella ditta di ferramenta. Un'azienda che avrà grande fortuna. Intanto sembra diventato il fratello del padre; e con questo fascino da cinquantenne fa presa su una coetanea, Hildegarde, stanca dell'immaturità dei venticinquenni, della smania di lavoro dei trentenni, della brevità delle avventure dei quarantenni. Passa qualche mese, si sposano: grande scandalo sui giornali, nessuno crede che possano essere coetanei. Tuttavia così è.
Quindici anni dopo, il matrimonio entra in crisi. Il sempre più giovane Benjamin è attratto da donne molto diverse, e da una vita più avventurosa. È così che va a partecipare alla Guerra Ispano-Americana da capitano, quarantenne, per tre anni. Sembra più giovane che mai, al suo ritorno. Pieno di gloria, e di ardore.
1910. Finalmente Benjamin ha l'aspetto di una matricola: così, si iscrive ad Harvard, proprio laddove suo figlio s'era laureato una decina d'anni prima. Al quarto anno, purtroppo, sembra una matricola in tutto e per tutto; ha perduto la forza fisica micidiale che l'aveva reso leader nelle attività sportive, agli inizi, ed ecco che comincia a rallentare negli studi. Faticosamente, si diploma.
Si ritroverà a essere adolescente “nipote” del figlio, che si vergogna che un ragazzino lo chiami “papà”; generale mancato in una guerra che proprio non potrà combattere; fratellino maggiore del nipote; infine, neonato.
“Poi, fu tutto buio – la culla bianca e le facce scure che si spostavano sopra di lui, e il profumo caldo e dolce del latte, svanirono tutt'a un tratto dalla sua mente” (p. 59).
***
In una breve nota introduttiva dell'edizione Donzelli, scopriamo che lo spunto per questa storia venne da una battuta di Mark Twain: “la parte migliore della vita è all'inizio, la peggiore alla fine”. La prima pubblicazione avvenne nella rivista Collier's nel 1921 (o nel 1922? le fonti sono discordi); quindi, la storia apparve nella raccolta di racconti “Tales of the Jazz Age” (1922). Fitzgerald scoprì soltanto qualche settimana più tardi che la trama del suo racconto era identica a un'altra apparsa nei “Note-books” di Samuel Butler – non sono riuscito a rinvenirne copia, non posso valutare l'attendibilità della dichiarazione. In compenso, ho scoperto che Andrew Greer ha plagiato Fitzgerald nel suo “Le confessioni di Max Tivoli” (Adelphi, 2004).
Secondo Tommaso Pincio, “Benjamin è uno strano tipo di Pinocchio. Come il burattino di Collodi, il non esser nato bambino gli rende difficoltoso trovare un posto nel mondo. Come Pinocchio non riesce a scrollarsi di dosso la fama di bugiardo e impostore, perché nessuno crede all’età che lui sostiene di avere. Tutti lo vogliono altro da quel che è. Finanche il padre pretende che si trastulli coi giocattoli invece di andare in giro con un bastone” (fonte: sito personale di Tommaso Pincio) – e con le parole di questo giovane maestro della Letteratura vorrei congedarmi io stesso. Devo a questo suo articolo e alla segnalazione di Andrea Consonni la lettura di un libro (illustrato, con buona personalità, da Calef Brown) che altrimenti non avrei sfogliato mai. E mi sarei perso qualcosa di notevole, di autentico, di eccezionalmente intelligente e atipico.
La fantascienza mascherata da Letteratura: oppure, una volta ancora, una favola che attinge all'inconscio e alle problematiche quotidiane di tanti esseri umani per raccontare l'impossibile senso della nostra esistenza. È proprio difficile essere tempisti, è proprio divertente quanto l'abito faccia il monaco. È proprio tragicamente divertente.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Francis Scott Key Fitzgerald (St.Paul, 1896 – Hollywood, 1940), scrittore americano, vissuto tra New York e Parigi.
Francis Scott Fitzgerald, “Il curioso caso di Benjamin Button”, Donzelli, Roma 2009. Illustrazioni di Calef Brown. Traduzione di Bianca Lazzaro.
Prima edizione: “The Curious Case of Benjamin Button”, 1922.
Adattamento cinematografico: “Fincher David - Il curioso caso di Benjamin Button”, 2008.
Gianfranco Franchi, marzo 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot.