Gargoyle
2009
9788889541302
“Sedemmo fianco a fianco sul divano a guardare apatici le gesta del muscoloso cacciatore di vampiri nero che disgregava avversari a destra e a manca, temuto e rispettato, con immancabile gran pezzo di figa innamorata che gli moriva tra le braccia. Per lui nessuna testa di maiale o calci nel culo. Solo gloria, arti marziali e completi di pelle. Persino il dolore, in lui, aveva qualcosa di epico. In quel momento compresi che sarei tornato al mio vecchio Barbour” (p. 381).
Un autore così camp farebbe la gioia di Joe Lansdale e di Tommaso Labranca. Chissà che questo libro non finisca seriamente sulle loro scrivanie. Non dubito che, nel frattempo, sarà diventato piccolo cult per tutti gli appassionati di variazioni sul tema: vampiri, considerando che l'ambientazione IT e la scrittura pop e cinematografara andranno facilmente a segno, in certi circuiti.
Stravagante outsider, l'autodidatta e irregolare Claudio Vergnani, alle spalle esperienze diverse in molti settori di lavoro e una formazione letteraria tutt'altro che canonica, pubblica un romanzone fondato su un prodotto letterario atipico: il transilvano nostrano. Protagonisti, un gruppo di cacciatori di vampiri. L'opera, ambientata a Modena, è caratterizzata da chiari artifici realistici, da una prepotente presenza di sangue e da episodica sessualità carogna: ne deriva un ibrido tra horror, kitsch e pulp, citazionista (da Soriano alla Invernizio, da Senofonte a Scerbanenco, da King a Matheson, passando inevitabilmente per Poe e Gianfranco Manfredi e meno prevedibilmente per Dostoevskij), amerikano (quanti “fottuto” e “fottutissimo”: ma io tradurrei sempre “fuck” con “cazzo”, o “cazzo di”: non sento dire “fottuto”, Tv a parte, dal 1988. Forse è un problema mio, che ricordo al limite “ti ha fottuto”, per non scivolare sul prosaico e dialettale “ti ha inculato”, per “ti ha fregato”).
Vergnani è un buon dialogista, alle spalle sicure valanghe di b-movies, robuste iniezioni di narrativa di genere e tanti fumetti (forse più Gordon Link che Dylan Dog); è un narratore torrenziale che andava forse prosciugato: 543 pagine di azione sono troppe per un lettore estraneo al genere (o: alle deviazioni dal genere), la sensazione di déja-vù diventa tutt'altro che rapsodica attorno a pagina 200. A qualcuno forse piace: rilassa, ché la prevedibilità è un gioco che rilassa. In questo senso, come lettore forte non faccio proprio testo.
L'opera, strutturata in 33 capitoli + epilogo, insegna che nei vampiri non c'è vita, né bellezza: “Dicono che nulla viva per sempre, e che non ci sia vera bellezza senza decadenza. E questo, sempre dicono, rende vita e bellezza più preziose. Nei vampiri non ci sono più né vita né bellezza. Forse è per questo che la loro decadenza si allunga a dismisura” (p. 33).
La gente, pensa il narratore, ha paura degli yuppie, degli impiegati di banca, degli avvocati, non dei disgraziati o dei miserabili: “sapessero dell'esistenza dei vampiri, li inviterebbero a un talk-show, o li ficcherebbero in qualche casa del cazzo del Grande Fratello” (p. 101). No?
Poche regole: nessuno può ucciderli di notte (p. 116) e quando si va a caccia non ci si separa mai (p. 223). Quanto al resto è bene non perdere troppo tempo a studiare la loro storia, le loro divisioni gerarchiche e via dicendo: armarsi di paletti e alè, prendere e affrontarli, pronti a osservare la loro decomposizione (reminiscenza yankee Fallujah) e in attesa dell'incontro con il nemico – ma della storia non vi svelo niente. Questo libro è solo trama. La scrittura non c'è – se c'è, è alla Lansdale: non-stile, parlato sporcato da regionalismi o localismi, citazioni eclettiche e caotiche, macchie di sangue sull'inchiostro. Something like death: ehm, that.
Spiegava Vergnani su Carmilla: “I miei cacciatori di vampiri non si confrontano solo con la minaccia rappresentata dai non-morti, ma anche e soprattutto con la loro condizione umana. Hanno paura, si stancano, sono depressi, hanno il mal di testa, si innamorano, si vergognano, spesso non riescono a organizzarsi, sentono le pericolose sirene dell’eroismo intonare la loro falsa melodia, e lottano per una briciola di coerenza in un mondo difficile. Mi sono ispirato a gente che conoscevo, provando a immaginare come si sarebbe comportata di fronte a una situazione paurosa, tragica, pericolosa, miserabile e deprimente” (fonte: intervista alla Lipperini)
Vi convince? Vi diverte? Non aspettate che ne derivi un buon film di genere, allora. Siate tra i primi a leggere Vergnani.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Claudio Vergnani (Modena, 196*), scrittore italiano. Ex Vigile del Fuoco, ha cambiato molti lavori; ha studiato Giurisprudenza.
Claudio Vergnani, “Il 18° vampiro”, Gargoyle, Roma 2009. Prefazione di Dario Gulli. Collana Nuovi Incubi.
Gianfranco Franchi, aprile 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot.