I fiori

I fiori Book Cover I fiori
Marco Lodoli
Einaudi
1999
9788806149208

Lui è lassù, pensa, sceglie, butta via, determina. Lo immagino dietro una scrivania di quercia con mille cassetti, sotto un quadro scuro incorniciato d’oro, lo immagino vecchio come un regno, le guance flosce, macchiate, le mani forti e nodose, lo penso gigantesco, intelligentissimo, maleodorante, mostruoso, sorridente. Sa tutto di me e di tutti, sa che sono qui, che aspetto d’essere pronto per incontrarlo e ho paura” (Lodoli, “I fiori”).

Scrivi, Tito”. Un giorno, Tito riceve una lettera da una sconosciuta rivista di Roma. Vive in un paese di duemila anime, a pochi passi da un lago. Impiegato, venticinque anni. Deve partire, non c’è tempo da perdere. A piedi, un sacco sulla spalla. Incontra Aurelio. Aurelio ha un sorriso sperso, una camicia bianca ciancicata, una gamba in meno. Incontra Morella. Morella legge ogni pensiero. Si innamorano. Attende che la luce di una mansarda si spenga. Per cominciare a scrivere. Un libro onirico e atipico. Narrazione in stile Pennac dell’iniziazione alla poesia di un ragazzo sconosciuto: innocente, estremo ed incosciente, Tito vive un amore grande e conosce amicizia autentica nella città di Roma, che di notte, silenziosa e seducente, lo ha accolto. La poesia è una missione che non vuole rifiutare. Destino e vocazione, sin da quando ha ricevuto la lettera dalla rivista; come un coriandolo, adesso, sorride alla mansarda, dalle panchine d’una piazza luminosa.

La prima notte non voleva fermarsi in una stanza d’albergo; ha camminato a piedi, stremato, fino a Via Veneto. Lì, ha assistito alla dance macabre di un suicida, che ad un punto, poco prima che Tito si allontanasse, s’è messo ad indicarlo. Almeno, così gli era sembrato. Quella stessa notte Tito è andato a infilarsi in un pronto soccorso. In cerca di un luogo dove poter incontrare persone disposte a conoscersi davvero, spaventate come sono dall’idea della morte. S’è travestito da infermiere e ha dato sostegno ai malati; fin quando, smascherato, non è stato scacciato. È allora che ha incontrato Aurelio. Assieme, si sono diretti a Piazza del Fante, a pochi passi dalla sede della rivista, “La Tana”. La luce era accesa. Tito è andato a suonare al citofono, e dopo qualche tempo una voce ha risposto. Ripetendogli che doveva scrivere.

Poi Aurelio ha raccontato la sua storia; del suo amore perduto, e della fine dei suoi sogni; e della sua terribile ricerca, della sua impronunciabile dannazione. E ha ripetuto d’essere convinto di dover rimanere al fianco di Tito. Si sono sistemati in una pensionaccia, zona Termini. Andranno in cerca della rivista, tra gli scaffali polverosi delle librerie, invano. Per trovarne un frammento, servirà la magia dell’incontro con Morella; e una strana libreria notturna, sul Lungotevere Oberdan, restituirà alla luce l’ultima pagina di un numero di dieci anni prima…

I fiori”, narrato in prima persona, è un libro a metà strada tra il romanzo di formazione e la favola di iniziazione alla poesia. È, come spesso accade alle pagine di Lodoli, un tributo alla Roma dei giorni nostri; alle sue contraddizioni e alla sua miracolosa bellezza, e al segreto splendore di certe viuzze e di certi angoli. Che si vivono ogni giorno, ma si trascurano sempre. Lodoli racconta le abitudini dei romani di oggi con naturalezza ed eleganza; adottando un linguaggio mai sofisticato, e sempre accessibile.

In certi frangenti, il lettore rimane incantato, sospeso nell’atmosfera onirica della narrazione e stupito dalla spiazzante innocenza di Tito; sembra di assistere ad una processione di figure di tarocchi, a un tratto, incarnate in personaggi fragili e vitalissimi. Avvengono poi, o almeno sono raccontate come ricordo, tristezze e disgrazie, e si succedono dolori; ma non c’è resistenza da parte del narratore, né tentativo di filtrare le amarezze della vita. Si racconta. Nel bene e nel male. Ogni cosa.

Non so se mi sono innamorato di questo libro perché per anni sono stato parte integrante di una rivista che nasceva all’ultimo piano di una casa dalle finestre sempre illuminate, riviste che in pochi riuscivano a leggere perché la distribuzione assecondava criteri piuttosto fantasiosi; non so se ho amato questo libro perché vi ho riconosciuto il sapore di polvere e l’odore di chiuso delle mansarde dove nascono questi piccoli sogni di carta, o se ciò è avvenuto perché vi ho ritrovato l’amarezza e il senso di incompiutezza che ammantano i giorni di chi scrive senza più neppure domandarsi se, in realtà, davvero esistono lettori. Forse questo libro mi ha ricordato che per anni la letteratura e la poesia mi son sembrate incantate, e in fondo, senza volerlo ammettere, una parte di me non s’è ancora arresa alla realtà. E allora quando Tito sale le scale il lettore chiude gli occhi, e lascia che la poesia torni a infestare l’ingombrante gabbia della lucidità; e ritorna il gioco, e si riconquista l’incanto. Si torna a credere.

Pensavo: è giusto che io sia qui, in questa storia che dall’ombra allude a qualcosa di chiaro. Pensavo a quante cose potremmo capire se invece di prendere per vere le nostre parole, quelle sterili schiume, cominciassimo a scavare ciò che abbiamo sepolto, ciò che davvero vorremmo dirci e non sappiamo più dov’è, cos’è: sotto qualche sasso devono esistere le cento parole trasparenti, io le voglio”. (Marco Lodoli, “I fiori”).

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.

Marco Lodoli (Roma, 1956) romanziere italiano.

Marco Lodoli, “I fiori”, Einaudi, Torino, 1999.

Gianfranco Franchi, maggio del 2003.

Prima pubblicazione: Lankelot.