Bonaccorso
2010
9788874401321
Non sono mai stato a Verona, ma c'è un libro di qualche anno fa (2004) che mi ha raccontato gli aspetti più divertenti e grotteschi del tessuto sociale e delle abitudini di quella città: ha un titolo stralunato (“Sognando un Negroni”) e un passo intelligente e brillante. È un divertissiment scanzonato, mattoide e ispirato. L'autore è l'esordiente Alberto Fezzi, avvocato scaligero classe 1977. Quel libro è rimasto, sin qua, il risultato più brillante della sua produzione; nel tempo, Fezzi ha pubblicato altri due libri di narrativa, giovanili e giovanilisti, sempre pop ma dall'impatto non memorabile, sicuramente meno immediato. Una manciata di mesi fa, fine primavera 2010, Fezzi ha pubblicato, sempre per il piccolo editore locale Bonaccorso, la sua prima raccolta di racconti: “Guida del mondo (per gente strana)”. Passo avanti o passo indietro? Transizione. La sensazione è che ci si trovi di fronte a un discreto esercizio di stile, caratterizzato da qualche lampo di apprezzabile autorialità e penalizzato da tutta una serie di cadute nel kitsch, nel popolano e nello scontato che vanno puntinando la narrazione. È un peccato, perché Fezzi è sicuramente un narratore con una bella predisposizione alla satira, alla trasformazione del particulare in universale: quando cede a certi aspetti o argomentazioni grossier perde tempo e brillantezza, e perde per strada più d'un lettore.
L'opera è strutturata in quattro sezioni: “Posti in cui vivere”, “Posti in cui morire”, “Posti in cui innamorarsi” e “Posti in cui disperarsi”. Ogni sezione è suddivisa in x racconti, ciascuno dedicato a una località diversa. In ognuno di questi posti Fezzi ambienta una storia. Si diceva che si tratta di un discreto esercizio di stile perché, tra l'altro, i protagonisti e il narratore cambiano, volta per volta: dal punto di vista dei personaggi, non c'è coerenza e non c'è uniformità. Protagonisti sono, diciamo, squarci delle città salutate dall'autore.
Fezzi sa essere, subito, ben caricaturale, e addirittura si mostra ben radicale, in questo senso: nel primo racconto della prima sezione, ambientato a Formentera, si presenta al pubblico con una critica al turismo di massa che parte piano per terminare col botto – è un epilogo delirante, coprolalico. Un po' fiaccuccia anche la trovata dell'assegnazione del Nobel previa fumata di canne della commissione, a Stoccolma, con clamorosa e inattesa apertura pop (Nobel alla Coca-cola, ai commercialisti e via dicendo). Discreta la vicenda simbolica del “diportista immobile” di Viareggio, scolastica quella del giornalista convertito ad Assisi, boccaccesca quella palermitana. Il miglior risultato di questa prima sezione sta nel racconto ambientato dalle parti di Fezzi, e forse non è un caso: l'autore è decisamente ispirato dal suo territorio. Nel racconto dedicato a Bosco Chiesa Nuova (“perla dei monti Lessini”), racconta le storie di un paese, dalle parti di Verona, in cui piove sempre: è il 2015, e da tanto tempo è così. Ecco una bella descrizione, in cui si racconta del pregresso, di com'era la pioggia nel paese prima che iniziasse a piovere per sempre: “Le nubi poi si fanno basse, bassissime, ed infine entrano proprio nelle case: non è un paradosso, a Bosco Chiesanuova le nuvole scendono a terra, si fanno un giro in centro, si prendono un caffè macchiato e poi entrano dalle finestre delle case e si siedono sui divani a fianco agli abitanti che stanno leggendo il giornale” (p. 38). In questo frangente, Fezzi torna ad avere mano felice: tono favoleggiante, grande leggerezza, apprezzabile freschezza.
Nella seconda sezione, “Posti in cui morire”, si parte con un leziosetto omaggio a John Lennon (“New York”), si passa per una romantica (e ti pareva) vicenda veneziana, si va per un'altra sassata al turismo delle Baleari (e Ibiza sprofonda), si riscrive un famoso sketch dei Monty Python, ambientandolo a Siena – quello della mentina e del grassone – e... incredibile ma vero, il risultato migliore è quando Fezzi dedica un racconto a Verona, tornando sui suoi passi, giocando su insolite sfumature nell'epilogo. Si tratta di una storiella sulle conseguenze della birra, che suonerà particolarmente famigliare a chi s'era divertito leggendo “Sognando un Negroni”.
Nella terza e nella quarta sezione va segnalato almeno uno dei racconti più kitsch di sempre, ambientato a Cologno Monzese e dedicato alla Zanicchi e alle allucinazioni figlie della palude catodica, un piccolo e leziosetto omaggio alla Bardot in Saint Tropez, una romantica paginetta sull'Isola d'Elba, un promettente monologo d'un granchio gigante nell'acquario di Genova (direzione sicuramente da approfondire, questa: favolistica classica ma sempre stimolante) e il lamento dell'autore che s'incatena a uno stand d'un editore mainstream, alla Fiera di Torino, per guadagnare un po' di rispetto e di attenzione, dopo anni di sacrifici e di piccole conquiste letterarie nella sua città.
**
A pelle, nutro grande simpatia per Alberto Fezzi, e non solo per il suo esordio, che ho letto in contesto editoriale tempo fa. Ho la sensazione che sia un narratore dalle buone potenzialità pop, e dalla granitica fedeltà al suo territorio, sua prima, vera fonte di ispirazione, suo autentico punto di forza. Sto aspettando che trovi tempo, umiltà, pazienza e dedizione per dar vita a un bel romanzo, frizzante, profondo e sbarazzino al contempo – perché così mi sembra possa essere la scrittura di Fezzi, quando l'autore sa controllarla a dovere. Buona fortuna.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Alberto Fezzi (Verona, 1977), avvocato e scrittore veneto. Ha esordito pubblicando il divertente e stralunato “Sognando un Negroni” nel 2004. Questo è il suo quarto libro di narrativa.
Alberto Fezzi, “Guida del mondo (per gente strana)”, Bonaccorso, Verona 2010.
Gianfranco Franchi, settembre 2010.
Prima pubblicazione: Lankelot.