Carocci
2016
9788843080334
Quali sono stati i tratti distintivi dell'opera di Goffredo Parise? Quanto peso hanno avuto, nella sua letteratura, il complesso background famigliare e il venetissimo retroterra culturale? Cosa significa che un bambino appartato è diventato, adulto, uno scrittore non integrato? Perché Cesare Garboli considerava Parise “lo scrittore più inaspettato e dotato” che avesse esordito in Italia nel dopoguerra? E perché Garboli giudicava Parise “nato da se stesso”, e cioè uno scrittore pieno di talento ma senza famiglia? Quanto clamorosa era la distanza tra Goffredo Parise e le ideologie, e quanto critica la sua posizione sulle intelligenze ideologizzate? Quanta diffidenza nutriva, Parise, nei confronti del Sessantotto e dei sessantottini? E cosa significava la sua progressiva e consapevole ricerca dell'espressione dei sentimenti elementari, e il suo culto per la “poesia”, intesa come “quella parte alta dell'uomo in cui credo e su cui ho fondato la mia vita”? Quali sono stati i massimi risultati di Parise, in narrativa, e quali i momenti oscuri o comunque oggi più trascurabili? Quanto fascino mantengono i suoi primi, visionari romanzi, e quanto deboli e perché sono diventati quelli più realistici? Quali sono state le donne della sua vita, e quali le amicizie e i sodalizi più influenti e determinanti? Quali le principali esperienze professionali nell'editoria, e quanto longeve? E cosa ha significato, da un certo punto in avanti, la sua dedizione ai reportage dal fronte, dalle nazioni più povere e ideologizzate del mondo? Che sacrificio è stato, e che esperienza è stata, e che colore aveva? Infine: quanto saggio e quanto edificante è stato il suo ritiro nelle campagne di Salgareda, e cosa ha comportato per la sua produzione letteraria? E che peso ha, oggi, la lezione etica ed estetica del perduto maestro vicentino?
Buona monografia dedicata all'artista padre del “Ragazzo morto e le comete”, “Goffredo Parise, i sentimenti elementari” è stata pubblicata dalla Carocci nel 2016. Autrice è la professoressa Lucia Rodler, docente di Letterature Comparate alla IULM di Milano. Il lavoro è strutturato in un'equilibrata introduzione, sei capitoli, una dettagliata nota biografica, un buon apparato di note, una completissima nota biobibliografica e un indice dei nomi; può tranquillamente essere considerato una robusta base per un buon corso monografico dedicato a Parise, magari in abbinata all'appassionante ed elegiaco “Fino a Salgareda” del parisiano assoluto Silvio Perrella, fresco di convincente nuova edizione Neri Pozza, 2015, a dodici anni di distanza dalla prima (Rizzoli, 2003). Operazioni come queste ribadiscono l'intelligenza e le potenzialità della restituzione di Parise a una rinnovata centralità che merita: per l'abissale distacco dalle ideologie, tutte; per le sue franche ammissioni di diffidenza ed estraneità a certe logiche editoriali e letterarie, in genere; per l'eleganza di certi suoi scritti, e la sensibilità dei suoi “Sillabari”; per la profonda umanità che va tracimando da tutto quel che ha toccato. Più coraggioso e più libero (quanto, davvero!) di Pasolini, più irregolare di Bianciardi, più pulito di tanti. Forse di tutti.
Gianfranco Franchi, aprile 2016.
Prima pubblicazione: Mangialibri
Perché Cesare Garboli considerava Parise “lo scrittore più inaspettato e dotato” che avesse esordito in Italia nel dopoguerra? E perché Garboli giudicava Parise “nato da se stesso”, e cioè uno scrittore pieno di talento ma senza famiglia?