Gioventù che muore

Gioventù che muore Book Cover Gioventù che muore
Giovanni Comisso
Gherardo Casini
1949

“Gioventù che muore”, romanzo breve datato 1949, è il sentiero scelto da Giovanni Comisso (1895-1969) per trasfigurare l'esperienza e la sorte d'una generazione di giovani italiani, protagonista degli anni dolorosi e tristi della Seconda Guerra Mondiale e della guerra civile. È un sentiero pieno di sentimento e di innocenza, caratterizzato da una capacità non comune di aderire all'incoscienza dei poco più che adolescenti, innervato da una discreta letterarietà e da una buona capacità descrittiva.

Sulle prime, sembra un romanzo d'amore; sembra la storia di due che si incontrano per caso, lei che ha passato i trenta, lui che ha diciannove anni, e si infatuano – si innamorano – come niente fosse, quasi per predestinazione. Adele è sola, amici e compagni sono al fronte, chi in Africa, chi in Jugoslavia, chi in Albania. Guido è un ragazzino convinto che incontrerà la morte in guerra, perché in un certo senso ha deciso così: “E va bene: la mia idea è questa: morire a vent'anni, per avere per sempre vent'anni” (p. 18). Intanto si presenta cadendo sugli sci, e si ritrova a essere curato dalla sua futura compagna. Le cose vanno subito bene.

Guido è un ragazzo aperto, che sembra condividere, col narratore, l'amore per la natura, il libertinaggio e la nudità: leggiamo questo passo pensando ai giorni fiumani di Comisso, e del suo amico [Guido] Keller... “Io ho un amico, e, quando eravamo ragazzi, siamo scappati di casa per andare a vivere sulla riva di un fiume: vi rimanemmo quasi tutta l'estate, abbiamo mangiato pomidori crudi e pannocchie arrostite e frutta, che si andava a rubare, si viveva nudi, si dormiva in una capanna fatta da noi: sono stati i giorni più belli della mia vita” (p. 31). Quando questo amico muore, poco tempo più tardi, Guido pensa alla sua epigrafe: “Non è morto, ma è passato all'eternità appena ventenne”. Sente quella morte come qualcosa di freddo, e di libero: come “l'aria che aveva respirato alla mattina aprendo le imposte”. E lui, invece, “continua a imputridire nel susseguirsi dei giorni” (p. 53). Insomma, Guido vive con intensità, ama con spregiudicatezza d'un amore totalizzante, perché sembra volersi spegnere, sembra voler rifiutare l'idea di diventare adulto, di essere altro da quell'incendio di vitalità che è, da giovanotto.

Adele cerca di farlo diventare adulto. Vuole sicuramente che diventi un adulto diverso dai suoi genitori, figli d'una società ormai svanita, “schiava d'una morale rigidissima con assurdi punti di onore e con temibili minacce di scandalo, schiava perfino di un'assurda maniera di vestire” (p. 8). Ma non riesce nell'impresa. La passione non basta, l'amore non è abbastanza. Guido è ribelle e autodistruttivo perché ha deciso questo, e questo basta. E assecondando questo suo istinto saprà ritrovarsi in Marina, disertare, farsi partigiano, finire arrestato, uscire di galera e finire per collaborare con i tedeschi. Forse soltanto per il gusto di provocare; di cercare la bella morte, o la morte e basta. Sicuramente perché gli è stata insegnata l'ebbrezza del “vivere pericolosamente” - e proprio quello è il motto della sua giovinezza. Stiano come stiano le cose, assecondando questo suo istinto finirà ucciso dai suoi ex compagni partigiani, semplicemente perché ha canticchiato una canzone proibita. Questa: “A noi la morte non ci fa paura, / ci si fidanza e ci si fa l'amor / e se ci porta verso il cimitero / tu m'accendi un cero / e non se ne parla più”.

**

Sullo sfondo, le vicende della guerra. Il romanzo ha inizio poco prima del ritiro degli italiani dalla Libia, quando già si comincia a capire che a breve tutto potrà cambiare, che lo sbarco alleato non potrà tardare. S'entra nel vivo dell'opera quando Comisso – con coraggio, e semplicità – descrive passo passo cosa accade dalle nostre parti, post armistizio: nei primi giorni post, per le strade si incontrano “soldati sfuggiti ai tedeschi, affamati, mezzi vestiti in borghese, logori, scamiciati, sperando di non essere riconosciuti, consunti, ma accaniti di ritornare al loro paese. Venivano perfino dalla Croazia e andavano a piedi fino alle loro regioni nell'Italia meridionale. Altri invece risalivano diretti verso Trieste ed erano prigionieri slavi scappati dai campi di concentramento. Guido era sempre come di sentinella e correva da ogni parte” (pp. 97-98).

Passa poco tempo, e “bande feroci di delinquenti battevano la campagna, per portare via viveri e valori in nome del fascismo o dei tedeschi o dei partigiani dei quali rispettivamente, come per allegre mascherate, indossavano le divise, quando non sequestravano persone con imposizioni di taglie per il riscatto se non le uccidevano. Tutti erano armati: fascisti, tedeschi, partigiani, delinquenti si divertivano folli e crudeli, prima che tra nemici, a infierire contro gli inermi per avere denaro e viveri da banchettare. Possedere qualcosa portava a vivere nell'inquietudine [...]” (p. 110). E a questo poco ameno spaccato s'aggiungeva l'angoscia dei bombardamenti angloamericani.

In questo scenario atroce, la gioventù che muore è qualcosa di normale. Le stragi si ripetono e la vita non vale più niente. I partigiani, non appena sospettano qualcuno di spionaggio contro di loro, “inferocivano prendendo di notte i sospettati dalle loro case e trucidandoli. I dolci paesi del Veneto tra i colli, sui pendii dei monti e lungo i fiumi non si riconoscevano più” (p. 135).

**

Infine, nelle ultime pagine... tutta la dolcezza ragazzina sprigionata nell'incipit si dissolve nel racconto degli ultimi momenti di vita di Guido. Che va, condannato a morte senza averne colpa, e mentre sale sino al luogo del suo supplizio raccoglie dei bucaneve per portarseli con sé, nell'aldilà. La donna che non ha saputo farlo diventare adulto preferisce raggiungerlo altrove. Saltare nel vuoto e scomparire è questione di un attimo. Qualche sassolino ti viene dietro, mentre vai giù.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Giovanni Comisso (Treviso, 1895 – Treviso, 1969), scrittore italiano. Reduce della Prima Guerra Mondiale, partecipò alla Liberazione di Fiume con D'Annunzio e Keller. Esordì pubblicando “Il porto dell'amore” nel 1924.

Giovanni Comisso, “Gioventù che muore”, Gherardo Casini, Roma 1965.

Prima edizione: 1949.

Approfondimento in rete: WIKI It / Premio COMISSO / ItaliaLibri.

Gianfranco Franchi, aprile 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Sull’ultima edizione dell’introvabile “Gioventù che muore” di Comisso…