Coniglio Editore
2006
9788860630339
Chi mi ha regalato questo libro sapeva che non potevo non sentire un segreto senso di appartenenza a queste storie, che spesso leggevo per la prima volta, o non conoscevo del tutto. Ha scritto, nella dedica, “Arte, territorio, Roma. Sempre Roma…” a significare che c’era qualcosa dell’essenza della nostra ricerca di cittadini e letterati romani del tempo nuovo che s’andava a sprigionare nella prosa di Claudio D’Aguanno. Adesso vi dico cosa.
Questo è il libro della romanità sportiva. Della romanità rabbiosa e giocosa e passionale, ribelle e malandrina e generosa; quella poverissima che raccontava e trasfigurava il poeta del “Pianto della scavatrice”, quella delle periferie romane, interpretata attraverso storie di eroi dello sport: di campioni dimenticati, di altri del tutto sconosciuti. Sullo stesso piano, ecco i figli del popolo, gli atleti romani o della scena romana. Ecco quelli che non hanno mai avuto i riflettori puntati addosso, e che giocavano sui campetti sterrati, danzando via la loro giovinezza; quelli che tiravano cazzotti su un ring, per ribellarsi al destino e alla povertà; quelli che non scendevano dalla bicicletta manco per dormire. Calcio, ciclismo e boxe, raccontati come espressione dello spirito del popolo, come momenti di riscatto o di aggregazione, come alternative all’anomia, ai regimi, alla dispersione. Come strumenti di opposizione, di resistenza attiva.
La raccolta di storie e di articoli sportivi “Fuori i secondi” di Claudio D’Aguanno (Roma, 1953) si lascia leggere come un grande romanzo corale; potrebbe e dovrebbe circolare extra moenia, proprio per testimoniare cosa significa – e cosa ha significato – lo sport qui in città: per smontare e sgretolare i pregiudizi sull’anima popolana romana e romanista. Per spiegare cosa significa l’appartenenza al territorio. Per capire com’è, e come ci si sente a tifare Roma. A tifare Roma, qua a Roma dico.
Naturalmente per noi leggere certi nomi e certe storie ha un altro sapore. Pure, e forse soprattutto, in un caso come il mio; sono nato una generazione abbondante dopo l’autore, quel che mi ha restituito è una visione romantica, chiara e ben documentata di campi, squadre, romanità che ho potuto solo spizzicare e sbirciare, idealizzandola per racconti dei padri e testimonianze ondivaghe e roche, magari sedendo bambino in Tribuna Tevere o ascoltando la radio, o Michele Plastino quando era Michele e basta. O arbitrando, per qualche anno, partite di squadre dai nomi leggendari, nell’Urbe: come l’Almas. Ma io discendo, come tifoso e come sportivo, da quegli anni là. E m’emoziona sentire parlare di quando le periferie della città si risollevavano dalla povertà e dalla miseria con lo sport. E quali fossero i campioni in cui ci si riconosceva.
Quando ero molto piccolo il Capitano della Roma era uno che in questo libro viene raccontato con il giusto amore. Assieme alla sua gente, assieme al suo quartiere, Garbatella. Agostino Di Bartolomei: riservato, serio, umile. Romano atipico ma esemplare, uomo de core e di poche parole. È difficile dimenticare uno così, per quello che rappresentava, per quello che rappresenterà sempre. “Campione cresciuto tra i campi di Tor Marancia e l’oratorio, capitano della Roma del secondo scudetto, rigorista implacabile e morto suicida, con un colpo di revolver al cuore, proprio una mattina di sole come queste, il 30 maggio di dieci anni fa. E la palla che corre in campo, contesa e spinta tra le zazzere di pischelle e le maglie arancioni o rossoblù, sembra fatta apposta per ravvivare ricordi intensi e flash improvvisi”, scrive D’Aguanno d’un torneo dedicato alla sua memoria.
“Sono scritti dilettanti, nel senso più letterale del termine, preoccupati di portare diletto a chi li legge o li sfiora appena. E come tali hanno trovato negli anni passati spazio su quotidiani di parte o a tiratura limitata come l’estinto Paese Sera, come L’Unità o Il Manifesto, oppure su riviste dalla vita incerta o dal respiro precario come Extra o Accattone, su pagine di quartiere o su siti schierati come appunto COREdeROMA” (p. 10), spiega D’Aguanno. Allora preparatevi a questo romantico e ruvido dilettantismo, a ritrovare le storie di squadre e di campi come Omi, Stefer, Ostiense, Tanas, camminando quindi per la Garbatella sparita, quella degli anni Sessanta, e per Tor Marancia: magari quando da quelle parti si giocava a pallone dappertutto, nei cortili e nei giardinetti, mica solo negli oratori. Preparatevi a leggere la storia di uno dei primi mediani della Roma, Carlo Zamporlini, scuola Fortitudo: lui era in campo quando gli ungheresi dell’Ujpest vennero a lezione da queste parti, nel 1927, quando la Roma giocava la prima partita della sua storia. Vincendo.
E ribadiamo come stavano, già allora, le cose con i cugini. Racconta Giorgio, svezzato al Campo Testaccio: “Io pensavo al pallone, non certo alla politica, ma attorno alla Roma di quegli anni si respirava una vaga aria antifascista. Molto vaga, per carità. La Lazio era la squadra dei Parioli e, per noi borgatari, la squadra degli stronzetti. La società biancazzurra, con l’aquila imperiale per simbolo, c’aveva come presidente il generale Vaccaro, il capo della milizia, e un Mussolini, mi pare Vittorio, sedeva nel consiglio d’amministrazione. La Roma invece era da sempre il riferimento dei quartieri popolari (…)” (p. 28).
La squadra del popolo, sangue e oro. Aristocrazia proletaria.
Via la polvere dell’oblio sul pugilato dei Proietti di Testaccio e del Grinta della Giustiniana; sul calcio dello Junior Club, e sul ciclismo del rivale di Coppi e Bartali, professionista senza squadra, romano e romanista, Marcello Spadolini. A un tratto ecco pure la giovinezza in Garbatella di Alberto Sordi, e il racconto degli anni in cui gli Alberto erano tre, e l’Albertone era un altro. Leggi e pensi che certe storie sono come quella scritta sul muro di cui parla D’Aguanno, quella in via Basilio Brollo, che resiste da quasi sessant’anni. “La scritta fa a botte con le sgrullate d’acqua, con le insolate estive, con le polveri nell’aria che scorticano pure il marmo e non ti risparmiano i polmoni neanche a foderarli d’antibiotici. Rossa, tonda, solare e tosta, sta lì dal 1948, dimenticata come un segnalibro in un testo di scuola e tenace come la memoria di chi è cresciuto tra lotti e strade piene di caciara e vita. Erano tempi d’elezioni quelli, di Fronti Popolari e di appelli papali, di speranze disegnate con la vernice mentre intorno i microfoni di Dio gracchiavano e raccontavano dei cosacchi in marcia su San Pietro. Per Walter Fabbri, detto Cicala, e tutta la banda di pischelli dei lotti, l’unico sol dell’Avvenire era quello che salutava, tra un tramonto e l’altro, le partite in cortile o le sfide serie all’oratorio (…)” (pp. 67-68).
Inutile che il destino s’opponga, la storia rimane incisa; sui muri e sulle strade di questa città, sul suo coraggio e la sua inadempienza alla grandezza, sulle sue finestre che guardano l’eternità: sulla sua magnifica e orgogliosa miseria, sugli scarpini che quel Capitano regalava a chi aveva avuto meno fortuna di lui. Erano più grandi di una misura e mezzo, ma calzavano di lusso lo stesso. Chissà perché.
Prima di concludere, ecco qualche notizia sull’Associazione COREdeROMA, trascritta direttamente dalla bandella: “L’Associazione COREdeROMA è attiva dal 1997 con lo scopo di promuovere il tifo sportivo per l’AS Roma Calcio e sviluppare lo studio e la divulgazione delle tradizioni della città di ROMA. Particolare attenzione è dedicata a fatti e personaggi meno noti della città e al perpetuarsi della tradizione del sonetto romano, storico sistema dissacratorio delle vicende quotidiane. Nel 2004 si è costituita legalmente come associazione no-profit ed esplica la sua attività principalmente attraverso il proprio sito www.corederoma.it
Ha organizzato serate musicali e memorial calcistici. È sempre presente allo Stadio Olimpico in occasione degli impegni casalinghi della Roma e molti soci seguono anche le trasferte in Italia e all’estero”. Daje Roma Daje.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Claudio D’Aguanno (Roma, 1953), giornalista e scrittore italiano. Ha scritto su “Paese Sera”, “Il Manifesto”, “L’Unità”, di calcio di periferia, boxe, ciclismo.
Claudio D’Aguanno, “Fuori i secondi. Gli eroi dello sport: vite dimenticate”, Coniglio Editore, Roma 2006.
Gianfranco Franchi. Dicembre 2007.
Prima pubblicazione: Lankelot.
Dedicata ad Ale. Onoriamo la città.
Questo è il libro della romanità sportiva. Della romanità rabbiosa e giocosa e passionale, ribelle e malandrina e generosa…