Filmare la morte. Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci

Filmare la morte. Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci Book Cover Filmare la morte. Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci
Gordiano Lupi, As Chianese
Il Foglio Letterario
2006
9788876061011

Scritto a quattro mani con As Chianese, “Filmare la morte. Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci” viene pubblicato a dieci anni esatti dalla morte del regista, nel 2006. È un libro scritto da cinefagi per i loro simili; siamo oltre la cinefilia, qui si tratta di ammirazione totale per un semidimenticato maestro horror e thriller, già sceneggiatore dei film di Totò diretti da Steno, inventore di Franco e Ciccio, alfiere del successo dei primi musicarelli di Celentano: un “cineasta completo”, più ispirato – suggeriscono Lupi e Chianese – quando può rivelarsi artaudiano: estremo, crudo, feroce. E feroce era anche nelle satire antidemocristiane: cfr. “All’onorevole non piacciono le donne”, p. 68.

Si tratta di una monografia intelligente e godibile, scritta in un linguaggio accessibile e fluido, ricca di richiami interni (Milian, “Non si sevizia un paperino”, Fenech, “La pretora”, D’Amato diverse volte) ad altre pubblicazioni cinematografiche lupiane, stabilendo i presupposti per un diverso e imponente libro dell’ “altro cinema”, destinato a solleticare spettatori estranei ai condizionamenti della critica ideologizzata (partigiani e mondine non ne incontrerete facilmente) e sensibili nei confronti della cultura popolare.

Scopriamo Fulci: trasteverino classe 1927, d’origine siciliana, già portiere delle giovanili del Venezia, una laurea in Medicina. Scrisse in gioventù sceneggiature (mai girate) con Elio Petri. Comunista (“marxista ortodosso”), iconoclasta e anticlericale, pubblicò due interessanti libri di racconti poco prima di morire; sono horror onirici, visionari; oppure brani fantastici, o satirici; oppure stilettate apocrife, cronache di omicidi. È reperibile ancora l’edizione Pendragon di “Miei mostri adorati” (1995). Tra i suoi film cult, “Freaks” di Browning e “La mummia” di Freund, con Karloff: amava l’horror “dei diversi per errore o per destino, dei mostri che vogliono tornare a essere normali” (p. 67); sclaviano ante-litteram, in questo senso.

Esordì alla regia nel 1959 con “I ladri”, dirigendo Totò. “Come regista ha lanciato Adriano Celentano, ha rispolverato Franco Nero, ha scoperto Carlo Rambaldi e la magia degli effetti speciali di uno che sarà premio Oscar come creatore di E.T. (…). Ha dato fiducia a Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, due comici da avanspettacolo che sotto la sua direzione hanno fatto le cose migliori della loro vista. Fulci è stato un regista censurato da tutti, boicottato dagli attori e dai produttori, odiato dai politici di tutti i colori” (p. 32). Giudicava volgari soltanto i brutti film; nella serie B “giocavano” quegli spettacoli che nessuno voleva vedere, stop. Lasciava la macchina da presa “libera di scavare nell’orrore e nei particolari”: questo è il suo tratto distintivo, il talento nel filmare la morte, il peccato, la perversione. I Cahiers du Cinema lo chiamarono “Poeta della morte”.

Bizzarro, prolifico regista, sceneggiatore e talent scout, è stato capace di horror diversi e distanti dalla linea tracciata da Dario Argento, a dispetto di budget ridotti e distribuzioni non sempre adeguate. È un “maestro del cinema di genere”. Aveva un carattere non facile; anarchico e incazzoso, schietto a dispetto di tutto. Culturalmente eclettico (libreria di circa trentamila volumi), non mancò di dispensare richiami e citazioni agli autori preferiti (Poe, cfr. “Il gatto nero”, 1980; Lovecraft, cfr. “Manhattan Baby”, 1982). Apprezzato da Quentin Tarantino per il suo estremismo e la sua estraneità ai compromessi, fu riconosciuto “genio” da Clive Barker.

Tra i suoi simboli del male, i bambini: sull’onda di Bava (1966). “Nei film di Fulci i bambini non hanno quasi mai un ruolo positivo. Sono figure inquietanti che non inteneriscono. Sembra quasi che di loro spaventi la manifesta estraneità al male, l’ostentata innocenza. Ma nasce proprio dall’effetto destabilizzante dei bambini, dalla loro impossibilità di essere cattivi il brivido che alimenta alcuni film di Fulci. Alcuni suoi attori bambini mettono i genitori nella condizione di Abramo con Isacco, o addirittura sono dei piccoli e graziosi assassini come in un famoso racconto di Ray Bradbury” (p. 57).

Il libro è completo di filmografia (come regista, attore, documentarista, sceneggiatore, assistente alla regia, produttore; non mancano premi, pubblicità, programmi Rai) e di schede monografiche dedicate alla produzione horror e thriller di Fulci, come s’accennava; a partire da “Una sull’altra” del 1969, thriller-giallo psicologico che omaggia “La donna che visse due volte” di Hitchcock esaltando tuttavia diversa perversione. Notevoli le pagine dedicate a “Non si sevizia un paperino” (1972), thriller (sequestrato per una scena erotica della Bouchet) a tinte cupe, dai risvolti macabri (bambini strangolati e affogati) e antivaticani; omicida è un prete che non vuole che crescendo i piccoli vengano corrotti dal sesso. Lupi e Chianese segnalano l’importante e fertile incontro con Dardano Sacchetti (a partire da “Sette note in nero”. Giudicano cult movie “Zombi 2”, horror artaudiano (rif. “Le poesie della crudeltà”), ambientato in un’isola maledetta come “Antropophagus” e “Porno Holocaust” di D’Amato. Apprezzamento simile è rivolto al surreale e lirico “L’aldilà… e tu vivrai nel terrore” del 1981, calderone cupo e grandguignolesco. Apprezzabili le pagine dedicate alla “parafrasi orrorifica di Flashdance”, quel kitsch “Murderock: uccide a passo di danza” del 1984.

Questo testo, in ogni caso, non è agiografico: critiche pesanti vengono espresse, ad esempio, a proposito di “Aenigma”, “Il fantasma di Sodoma”, “Un gatto nel cervello” e “Zombi 3”. Necessario viatico per riscoprire un regista dimenticato dal grande pubblico (quindi: “per appassionati”, e non solo…), costituisce una nuova importante testimonianza dell’origine dell’immaginario del narratore Gordiano Lupi; stessa sensibilità nei confronti dei generi, e della cultura popolare, echeggia sia nella sua narrativa sia nelle collane della sua casa editrice: una coerenza emblematica, insolita e apprezzabile davvero: fertile, sempre.

Il libro esce nel 2006, anno del decennale della morte di Lucio Fulci, ma è pronto dal 2004. Scritto per Profondo Rosso, non viene pubblicato perchè anticipato da un lavoro degli ottimi Tentori e Bruschini (molto più critici di me che sono soltanto un appassionato e che spesso mi rifaccio alle loro teorie). Mi ha convinto As Chianese a pubblicarlo con Il Foglio, perché io non ne sentivo una grande necessità, pubblico sin troppi libri. In ogni caso è un lavoro che mi è piaciuto fare, soprattutto perché mi ha permesso di rivedere vecchi film come 'Non si sevizia un paperino', 'L’aldilà', 'Murderock', 'Aenigma'... pellicole che ho amato da ragazzino. Lucio Fulci è un grande regista horror e thriller dimenticato, ma è anche l’autore che ha inventato Franco e Ciccio (il libro si occupa solo del lato nero di Fulci). E come dimenticare commedie tipo 'La pretora' (con la Fenech in un doppio ruolo insolito), 'Dracula in Brianza' e 'All’onorevole piacciono le donne'? E poi Fulci mi somiglia troppo per non amarlo...” – commenta e racconta Lupi nel maggio 2007.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Gordiano Lupi (Piombino, 1960), romanziere, poeta, saggista, recensore, soggettista, sceneggiatore, traduttore, editore italiano.

Gordiano Lupi, As Chianese, “Filmare la morte. Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci”, Il Foglio Letterario, Piombino 2006. Contiene una bibliografia essenziale. Il libro è dedicato alla piccola Laura Lupi, nata a fine 2006.

Gianfranco Franchi, Maggio 2007.

Prima pubblicazione: Lankelot.