Guanda
2001
9788877463647
In principio era Max Stirner: “L'unico e la sua proprietà” (1844) è e rimane il libro fondamentale per comprendere cosa possa significare la parola “individuo assoluto”; per assistere alla sua evoluzione, e al rinnovamento della sua nascita, dobbiamo attendere il 1977, quando Ernst Jünger pubblica questa stravagante nuova distopia, “Eumeswil”. È molto difficile, onestamente, assimilare un saggio romanzato come questo a una tradizione che, nell'Occidente, vanta i capolavori di Orwell e di Huxley come punti di riferimento principe; più serenamente, dovremmo ascriverlo a quella linea filosofico-letteraria che ha origine in Platone e in Campanella, nella sua Città del Sole. Non ha senso cercare una trama in Eumeswil: la trama non esiste. Esistono delle esposizioni – sovrapposte – di meditazioni filosofiche, storico-politiche, antropologiche, ambientate in una futura e lontana città-stato, come vedremo più avanti. Esiste – con chiarezza – la determinazione del senso e del significato della parola “anarca”, e della sua relativa contrapposizione alla parola “anarchista”. Concentriamoci su questo aspetto, per cominciare.
“Il fatto suona complicato, è tuttavia semplice, perché ognuno è anarchico: è appunto questo l'aspetto normale in lui. Vero è ch'esso viene condizionato fin dal primo giorno da padre e madre, da Stato e società. Sono potature, spillamenti abusivi di quella forza primigenia cui nessuno sfugge. Occorre rassegnarvisi. Ma l'elemento anarchico rimane nel fondo come un segreto, per lo più inconscio al soggetto stesso. Può prorompere fuori come lava, può distruggerlo, liberarlo. Qui occorre differenziare: l'amore è anarchico, il matrimonio no. Il guerriero è anarchico, il soldato no. L'omicidio è anarchico, l'assassinio no. Cristo è anarchico, Paolo no. (…). La storia del mondo è mossa dall'anarchia. Insomma: l'uomo libero è anarchico, l'anarchista no” (pp. 37-38). Perché l'anarchista è subordinato alla propria confusa volontà, e al potere. È l'antagonista del monarca, sogna la sua sconfitta e il suo rovesciamento. L'anarca, invece, è semplicemente il suo pendant: sovrano come lui, a differenza sua non è costretto a regnare. Non vuole dominare nessuno, soltanto sé stesso. Non è nemico dell'autorità: ma non crede in essa. Per lui, le bandiere hanno importanza, ma nessun significato. Non stima le convinzioni, ma l'individuo. “Je regarde et je garde” (p. 125). Non è né pro né contro la legge: anche se non la riconosce, cerca “di conoscerla al modo delle leggi naturali, e vi adegua la propria condotta” (p. 140). L'anarca ha bandito la società da sé stesso. È e rimane padrone di sé in ogni circostanza. È un mercenario, al limite, e non una recluta. Per l'anarca, ognuno è centro del mondo, e la sua incondizionata libertà crea la distanza in cui “rispetto dell'altro e rispetto di sé si equilibrano” (p. 249).
L'anarchista crede che ogni uomo sia buono: l'anarca lo concede (p. 290), ma non può crederlo. L'anarca non crede al “conosci te stesso”, ma al “rendi felice te stesso” (p. 186). Ha il proprio ethos, ma nessuna morale. Riconosce il diritto, ma non la legge: disprezza le norme (p. 202). Nel tempo è metastorico, quindi non è impegnato né col presente politico né con la tradizione: “sono una pagina bianca, aperto e potente in ogni direzione” (p. 239). È più vicino al solipsista che all'individualista. È libero – assolutamente, incontrovertibilmente libero.
**
Cos'Eumeswil? Eumeswil è una città stato che sembra un'isola, “tra gli imperi diadochici dei grandi Khan e le città stato epigonali” (p. 42). Tra polizia e corpo militare non esiste sostanziale differenza; tuttavia, è una polizia estranea alla malvagità, nemica della tortura, incapace di brutalità. Ogni distinzione sociale è stata cancellata; alle decorazioni non si dà nessun valore, ormai.
Il tiranno è il Condor. Non è un capo-popolo: è una sorta di despota illuminato. Trae nome – commenta la Mandalari nella sua postfazione - “dal necrofago volatile delle Ande presentato come divoratore del Leviatano: la sua qualifica più importante è di avere 'la forza di cristallizzare i miti” (p. 403). Circondato da poche persone di fiducia, regge e comanda Eumeswil con facilità irrisoria.
Perché gli errori... “Gli errori possono scardinare il mondo; ma avviene di essi come delle grandi malattie: durante la crisi possono operare grandi cose e persino guarire – con la febbre si saggiano i cuori. Nella fase acuta, sono la cascata con le sue nuove energie; nella fase cronica, la lunga infermità, il pantano. Così stanno le cose a Eumeswil: ci consumiamo lentamente, certo soltanto per carenza d'idee perché, per il resto, l'infamia lo meritava” (p. 65).
**
Narratore e protagonista è Martin Venator, steward notturno a Eumeswil, storico di formazione e per antica elezione famigliare (“Un uomo senza storia è un essere che ha perduto la sua ombra”, p. 237), trent'anni circa, politicamente disimpegnato, uomo pieno di donne; nome di servizio, dato dal despota di Eumeswil, Manuel. Non è un cacciatore, a dispetto del cognome: ama profondamente tutti gli animali. È un anarca, non un anarchista. È un uomo libero. “Come storico sono scettico, come anarca sto in guardia. (…). La mia libertà personale è un vantaggio secondario. Al di là di essa, io sono pronto al Grande Incontro, all'irruzione dell'Assoluto nel tempo. Là, hanno termine storia e scienza” (p. 68)
Secondo la Mandalari, “la cifra di Martin sta nel suo nome proprio, che deriva da Marte (la cui radice etimologica 'ar' è – come si sa – quella della razza ariana): sicché l'ultima incarnazione del 'guerriero' jungeriano è il servo (in divisa) del tiranno, e insieme, il suo aristocratico (qui ritorna la radice 'ar') giudice. In quanto Venator, egli va a caccia di elucubrazioni sul potere, che è 'in cerca di integramenti cosmici'” (p. 403).
Questi integramenti cosmici forse non avverranno mai, stando alla conclusione – libresca, e scolastica – del romanzo, giocata sul solito cliché del manoscritto ritrovato. E tuttavia EJ, scrivendo “Eumeswil”, ha voluto saggiare la sua estraneità di intellettuale al mondo contemporaneo, confermando la sua necessità di tornare al bosco: d'essere, fino alla fine dei suoi giorni, ribelle.
Libro impressionante, labirintico e complesso, ideale per quei filosofi che cerchino consolazione in opere solo apparentemente letterarie.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Ernst Jünger (Heidelberg, 1895 - Wilflingen, 1998), scrittore e filosofo tedesco. Esordì pubblicando “Nelle tempeste d'acciaio” nel 1920. Studiò Filosofia e Scienze Naturali a Lipsia.
Ernst Jünger, “Eumeswil”, Rusconi, Milano 1981. Traduzione di Maria Teresa Mandalari. Note critiche di Alfred Andersch e di Maria Teresa Mandalari. Collana “Narrativa Rusconi”.
Prima edizione: “Eumeswil”, 1977.
Approfondimento in rete: WIKI It
Gianfranco Franchi, dicembre 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot.