Treves
1932
9788838902352
Una piccola autobiografia sentimentale, in otto movimenti, pubblicata a quarant'anni da un artista che molte vite aveva già vissuto: una raccolta di racconti ondivaga, perché irregolare e imperfetta, e nient'affatto uniforme nell'ispirazione, e negli esiti: spiazzante e veramente seducente nelle prime battute, quelle dedicate all'infanzia e all'adolescenza, e al limite alla prima giovinezza; e poi, man mano, nebbiosetta e manierista, irrisolta e incredibilmente piccolo borghese: debole, e fioca. “Donne nella vita di Stefano Premuda” è una raccolta di otto racconti dello scrittore giuliano Giani Stuparich, originariamente apparsa per Treves nel 1932, quindi per Garzanti nel 1949 e infine per Sellerio, nel 1983. I pezzi in questione – lo scrivo a beneficio di quanti fossero in possesso de “Il ritorno del padre”, l'antologia postuma di scritti di GS curata dal buon Quarantotti Gambini – sono: “La promessa della zia Nene”, “Un'estate a Isola”, “L'incontro di Silvia”, “Addio alla Tina”, “Ospite a 'Gli Ulivi'”, “Al 'Tristano e Isotta'”, “Una mattina di marzo a Miramare”, “La casa tranquilla”.
Entriamo nel vivo dei racconti. “La promessa della zia Nene” è un delizioso spaccato borghese della Trieste del primo Novecento, conosciuta da Giani bambino: è la Trieste in cui si andava in landò sino a Miramare, la sera, e in cui i marmocchi si vestivano alla marinara, nelle grandi occasioni. In casa, con la famiglia del narratore, del piccolo Stefano Premuda, alter ego di Stuparich, abitavano anche gli zii Roberto e Nene e un inquilino onesto e generoso, il signor Sponga. Nene era la zia gioiosa, quella col “riso a campanelle”, quella con gli occhi che brillavano, quella dei capricci e dei biscotti che si scioglievano tra il palato e la lingua. Nene era la zia che il piccolo Stefano poteva vedere en deshabillé, certe mattine (“e le sue braccia nude con le fossette sopra i gomiti...”), ché non andava tutti i giorni al lavoro. E meno male. Nene era la prima fantasia erotica di un ragazzino ultrasensibile, un sogno proibito fantastico. In questo racconto Stuparich sintetizza la delusione del bambino per non essere stato abbastanza grande da poter partecipare a una festa, di sera. E di notte. Con lei. Niente male davvero.
“Un'estate a Isola” è la felice memoria d'una vacanza in Istria, “costa ridente”, d'un ragazzino che sentiva d'avere sole e mare nel sangue, e che si stava per innamorare della campagna e delle spiagge della bella Isola d'Istria, futura patria del grande pugile Nino Benvenuti. In questo racconto Stefano e il suo amico Nello vanno per il podere delle loro vacanze, con meravigliosa innocenza: “Nello a ogni scoperta faceva salti e usciva in esclamazioni di gioia; io gli camminavo vicino con un'indifferenza ostentata da ragazzo vissuto: ma solo apparentemente, ché dentro di me era uno scampanio, tutta un'agitazione festosa. Le sorprese erano certi pergolati di viti che finivano lontani lontani con piccoli occhi di luce; certi peschi carichi di frutta ancora verdi e pelose, ma che si sarebbero maturate proprio per noi; mandorli, peri, susini; a ogni albero da frutta mi voltavo verso la casa, per constatare se di là ci avrebbero scoperti: nessuna finestra, il tetto soltanto, tutto il resto coperto dalla verzura. E poi platani, acacie, gelsi, con tronchi lisci, con scale intricate, con comode impalcature di rami: dove io m'immaginavo già le nostre vedette, le nostre case, i nostri nascondigli [...]” [pp. 30-31].
E in questo regno i due ragazzi trovano ben presto compagnia, d'altri marmocchi tra i dieci e i quattordici anni, e finiscono per passare le giornate tra “bagni, ruberie, imprese e azioni”, fin quando non cominciano a mescolarsi alle bambine della loro età. E allora Stefano s'innamora di Mirella, e si mostra cavalleresco e coraggioso, rossori a parte, e vive tutta la poesia assurda e romantica di quelle prime cose, e la favola delle attese e il torpore dei primi baci, tutto quanto. Le descrizioni di Stuparich sono divertenti, vivaci, vivide; piene di sentimento. Inclusa quella del momento del capitombolo classico delle prime cotte – quando scopri che lei sta con un altro, mica con te. E mica è facile da mangiare giù. S'impara, certo.
“L'incontro di Silvia” è un racconto meno riuscito; le prime pagine sono fresche e ben scritte, memoria del primo amore, vissuto con intensità poseidonica, tutta adolescenziale, del mood del mulo triestin che fumando, mezzo malinconico, dice “mi piace la bora che fa deserti i moli e le rive, e la pioggia dirotta che caccia gli uomini nelle case e nei caffè” [p. 54], perché esiste solo lo sguardo di lei [“Mai più. Credevo di morire questi giorni che non ti ho visto”], perché lui e lei insieme sono l'assoluto. E poi, con la stessa accecante intensità, sprofonda nella tristezza e nell'isolamento, quando si rompe l'incanto; e per riaversi da quel malessere si ritrova a comprendere e guarire il male d'amore d'un'altra, conosciuta per caso lontano da Trieste, tanto confusa quanto controversa. L'incontro con questa rea Silvia è troppo cerebrale rispetto a quanto doveva essere [servire] – e sembra veramente un po' artificioso.
“Addio alla Tina”, invece, è una tenera e femminile rappresentazione d'un momento di transizione nell'esistenza dell'alter ego di Stuparich: è il ritorno da un'amica degli anni dell'Università, a Firenze, un ritorno che avviene nei giorni della dichiarazione di guerra all'Austria, a pochi passi dalla partenza per il fronte: è la sintesi di come qualche anno soltanto possa incidere nella fisionomia e nella psiche di una persona, e di quanto possa rivelarsi complicato ritrovare una parte del proprio passato che si credeva diversa – amica, mentre voleva essere amante.
“Ospite a 'Gli Ulivi'” è un episodio boccaccesco e lascivo, in cui il bravo Stefano Premuda si ritrova, nonostante severi esami di coscienza e notevoli e ripetuti cambiamenti d'approccio e di comportamento, ad approfittare dell'ospitalità d'un amico sino al parossismo – e a congedarsi dalla giovane signora Gianna con lo sguardo basso, ma carico di riconoscenza per la bella nottata clandestina appena trascorsa. Con un certo stile, s'intende.
“Al 'Tristano e Isotta” è un'altra prova poco riuscita: l'idea è quella di raccontare il fascino e l'oscurità della (mancata) rimpatriata con una ex – con tutto quel che può costituire e rappresentare, a partire dal confronto con un altro sé che non potrà più esistere, a partire dalla malinconia che può dare la consapevolezza del tempo passato, della giovinezza perduta. L'esito è veramente ondivago e nebuloso, decisamente imperfetto.
“Una mattina di marzo a Miramare” è una grottesca novella immobiliare, diciamo così: storiella d'un'offerta invitante per una villa in affitto con vista sul mare, dalle parti del Castello di Massimiliano e Carlotta, e della cupa e progressiva scoperta della triste storia della padrona di casa. Interessante esercizio di stile, ma niente di più. Infine, veniamo all'ultimo pezzo: “La casa tranquilla” è il piccolo affresco dell'autunno dell'amore d'una coppia, romantico e difficile e forse per questo più bello. Poco importa che sia scolastico, perché si sente che è un regalo fatto a una signora molto amata: “abbracciati scendemmo la scala […]: sorrideva, il suo volto era ringiovanito, nei suoi occhi c'era l'umido splendore della felicità, di quella felicità che nasce quando materia e spirito armonizzano nella carne. Era l'Anna che desideravo, l'Anna che capivo, a cui non avevo bisogno di chieder nient'altro se non che continuasse a starmi vicina” [p. 183]. Così sarebbe stato.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Giani Stuparich (Triest, Austria, 1891 – Roma, 1961), giornalista e scrittore italiano, di madre triestina (Gisella Gentili) e padre di Lussino (Marco Stuparich). Iscritto all’Università di Praga, si trasferì assieme a Slataper all’Università di Firenze. Si laureò in Letteratura Italiana con una tesi su Machiavelli.
Giani Stuparich, “Donne nella vita di Stefano Premuda”, Garzanti, Milano, 1949. Edizione più recente: Sellerio, 1983: ISBN 9788838902352.
Prima edizione: Treves, Milano, 1932.
Approfondimento in rete: Wikipedia.
Gianfranco Franchi, agosto 2011.
Prima pubblicazione: Lankelot.
Una piccola autobiografia sentimentale, in otto movimenti, pubblicata a quarant’anni da un artista che molte vite aveva già vissuto…