Castelvecchi
2009
9788876152740
“Amo guardare i vecchi album di fotografie, con le foto degli anni Quaranta-Cinquanta, dove quei ragazzi, allegri e con i capelli corti, sorridono sempre alla macchina fotografica, in uniformi militari o del Politecnico, con oggetti semplici e necessari in mano, chiavi inglesi, granate domestiche, oppure al limite modellini di aerei, figli di un grande popolo, portabandiera, per la miseria, che fine ha fatto tutto questo? I Soviet gli hanno spremuto tutto ciò che c’era di umano, trasformandoli in prefabbricati per lo zio Sam, ecco quello che penso. In ogni caso ho notato che guardano con un certo odio e disgusto i loro figli, ne vanno a caccia, li pescano nei corridoi ciechi del nostro illimitato paese e li colpiscono sui reni con i pesanti anfibi dell’adattamento sociale. Ecco quanto”.
Storia Ucraina: (fonte, Wiki): “A partire dal 1990 si diffuse nel paese un movimento nazionalista, il Movimento del Popolo Ucraino per la Ricostruzione; nel luglio del 1990 il parlamento proclamò la repubblica. Nel 1991 il partito comunista ucraino venne dichiarato fuorilegge. Il 24 agosto 1991 il Parlamento ucraino dichiarò l'indipendenza e indisse il referendum di conferma e le prime elezioni democratiche della storia dell'Ucraina: il primo dicembre 1991 il popolo ucraino decise la propria indipendenza ed elesse il primo presidente dell'Ucraina”.
1993. Adolescenza e giovinezza d'una nazione – Ucraina – nella sensibilità del leader degli artisti della nuova generazione, Zhadan, poeta e scrittore classe 1974: epocale caduta del regime sovietico alle spalle, siamo negli anni Novanta. Qui si cantano i nuovi primi passi d'una terra e d'un popolo che si scopre libero; disorientato dalla prossima libertà, avanza cauto incespicando tra le rovine del passato. Ascoltando i Depeche Mode: magari mentre la radio inventa la loro storia, mentendo a tutto spiano. Propaganda grottesca: i DM diventano irlandesi, Gore la moglie di Gahan, Gahan un integralista religioso. Distorsione assoluta. Neither Faith, Nor Devotion.
Siamo nella città di Charkiv, la seconda più abitata in Ucraina, uno dei centri industriali e culturali più importanti. Qui si tifa Metalist. Risse incluse. 1993, un mondo in disfacimento. Vodka (col tè, anche) a tutto spiano e disordini, violenza e povertà, spaccio di droga e cameratismo. Sesso in secondo piano – con le donne questi ragazzi non riescono a parlare – e intanto si registra un lento avanzamento dell'americanismo: riviste, businessman, sacerdoti bluesman. L'infiltrazione è in atto. Sembra sia un processo irreversibile.
“Depeche Mode” è un libro giocato per flash, frammenti fulminanti o bruciati, bozzetti di adolescenti brancaleoneschi, fotografie della gioventù d'una nazione nel momento del passaggio da un mondo a un altro. Il nemico sono le guardie e i controllori, i temuti e lontani militanti ceceni, ma anche l'interpretazione sovietica, limitata e arcaica del vangelo di Marx: estranea al suo carteggio con Engels. E alle sue esperienze psicotrope.
C'è chi giura che il KGB sia una finzione. Che non serva a niente, come le dogane e la burocrazia. Intanto, Molotov è solo l'ingombrante busto di un edonista. Fa paura alle ragazze. Intanto, gli adolescenti ucraini degli anni Novanta avanzano oltre la loro linea d'ombra. Pensando che, col nuovo look, Dave Gahan può ricordare Trotsky. O Castro giovane. Anche.
Completano il libro dettagliate istruzioni per preparare ogni tipo di esplosivo (si tratta di un utile opuscolo à la Palahniuk), e discrete reminiscenze della letteratura etilica di Erofeev. Limitano l'opera la sua natura frammentata e frammentaria, l'imperfetta resa d'un romanzo concepito, probabilmente, come corale o da performance, la sconnessione e qualche sbalzo temporale eccessivo. Spesso si fa fatica a raccapezzarsi: ma la curiosità di avanzare tra le pagine di uno scrittore ucraino della nuova generazione è troppo forte.
Quello di Zhadan è un furioso disordine espositivo con pochi precedenti – letteratura psichedelica o etilica esclusa. Come già osservava Zagrebelny nella postfazione all'edizione ucraina, certe sperimentazioni spericolate – come un ossessivo flusso di coscienza, spezzato e poi di nuovo tracimante – costituiscono un rischio; possono complicare la lettura, sospendendola e frammentandola. Sospetto queste sperimentazioni abbiano sofferto molto in sede di traduzione, almeno in qualche frangente. Il ritmo, e forse una parte considerevole del sottotesto, è forse andato periodicamente perduto; così, ma forse era intenzione autoriale, la linearità della trama.
***
Zhadan è il referente primo, tra i giovani letterati ucraini, per discutere di cultura e politica del suo popolo. Scopriamo un capofila e un leader, un artista dalla forte personalità. In una recente intervista, ha dichiarato: "Nell'ultimo decennio e mezzo l'Ucraina è decisamente cambiata. Le rovine del comunismo si sono dissolte, nel frattempo il comunismo s'è fatto leggenda e s'intravedono le prime rovine del capitalismo. Oggi la mia Nazione pratica un giovane, energico turbocapitalismo ibridato a elementi socialisti; con discreto desiderio di animare un Paradiso. E' un momento cruciale per lo sviluppo della nostra terra. Qualcosa che s'avvicina allo spirito europeo nel momento di transizione tra medioevo e Rinascimento". Potente, no? E fertile. Speriamo.
***
“Io non credo nella memoria, non credo nel futuro, non credo nelle profezie, non credo nel cielo, non credo negli angeli, non credo nell’amore, persino nel sesso non credo, il sesso ti rende solo e indifeso, non credo negli amici, non credo nella politica, non credo nella civiltà, va bene, se prendo le cose più in dettaglio, io non credo nella chiesa, non credo nella giustizia sociale, non credo nella rivoluzione, non credo nel matrimonio, non credo nell’omosessualità, non credo nella costituzione, non credo nella santità del papa di Roma, e anche se qualcuno dimostrasse la santità del papa di Roma, comunque non ci crederei, per principio. Ma al contrario credo, o meglio, so dell’esistenza lassù, proprio lì, dove di tanto in tanto cambia il tempo, dal bello al brutto, io so dell’esistenza di qualcuno lassù che mi trascina per tutto questo tempo verso la vita, che mi ha tirato fuori dai miei maledetti anni Novanta e mi ha proiettato oltre, perché io tirassi avanti con la mia vita, qualcuno che non mi ha fatto scomparire solo perché, secondo lui, sarebbe stato troppo facile” (ZHADAN, “Depeche Mode”).
EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE
Serhij Zhadan, letterato ucraino classe 1974. Ex enfant prodige della poesia salutato come “The Ukrainian Rimbaud”, in narrativa è esploso pubblicando "Depeche Mode" e "Anarchy in the UKR". Cresciuto nell'Ucraina dell'Est, nella regione di Luhansk, ha studiato Letteratura Ucraina e Tedesca, con un dottorato in Futurismo Ucraino. È stato tradotto in Germania da un grande editore come Surhkamp. Zhadan è il portabandiera della nuova generazione di artisti liberi dal soviet - assieme al bulgakoviano e lovecraftiano Ljubko Deresh.
Serhij Zhadan, “Depeche Mode”, Castelvecchi, Roma 2009. Traduzione di Lorenzo Pompeo. Copertina di Maurizio Ceccato.
Gianfranco Franchi, febbraio 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot.