Sironi
2008
9788851801144
“Ascolta: io Davide, messia, re d'Israele, la notte scorsa ho fatto un sogno. Ho sognato che volavo sopra i monti della Giudea, luminosa trasparenza. Non che mi fossi trasformato in angelo o in aquila: restavo l'uomo che sono. Ma un vigore incomparabile mi circolava di nuovo nelle membra, sicché con l'agitare le braccia mi tenevo sospeso sulle gialle solitudini. Le rotondità del paesaggio, col bizzarro fatto di concepirle soffici quando nessuno più di me ne conosce la durezza, m'introducevano nel corpo una frenesia di piacere. Potente di rifiorita potenza, sentivo crescermi tra le cosce la capacità, e l'indicibile godimento, di fecondare la terra” (Incipit di “Davide”).
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“Davide” [1976] di Carlo Coccioli è una massimalista, lirica e spirituale biografia romanzata del monarca che regnò quarant'anni su Israele: raccontata in prima persona, con perfetta e tutta letteraria adesione empatica; un po' come accadde, due anni più tardi, ne “La gloria” di Berto, laddove a parlare era Giuda. Perché Davide? Coccioli l'ha scelto nella convinzione che “in Davide, figlio d'Isai, vissuto tremila anni fa in Terra Promessa, non manca nessuna delle frontiere dell'uomo universale ed eterno, e pertanto moderno, nostro contemporaneo”: così glossava nella Nota, in appendice. Il romanzo conferma questa visione, trasformandola in approccio; è un grande romanzo esistenzialista e psicologico, un'opera concentrata sui conflitti interiori, sulla meditazione profonda sul senso di tutto; della vita, di Dio, dello spazio, del tempo.
Davide è vecchio: perfettamente cosciente che è difficilissimo essere uomo. Si sente scisso tra un'anima sensitiva e una spirituale, Davide intelligenza e Davide istinto. Un Davide ragione e un Davide istinto, allora, “sfiorante l'angelo il primo, quasi coincidente il secondo con l'animale” (p. 284). Ha perso interesse in troppe cose, figurarsi per lo scontro tra i suoi figli Salomone e Adonia, il saggio e il bello. Già uomo di guerra, agogna l'avvento del Messia per eccellenza, l'uomo della pace. E intanto cerca Dio, consapevole che “nulla è impossibile per questa terra sgabello dei piedi tuoi”.
Padre forse di quattrocento figli (“li amo tutti, siccome sono belli e nonostante siano, in maggioranza, dei lazzaroni”), ricorda i giorni della sua giovinezza, giovinezza di pastore con la passione del canto (alle stelle) e della fionda: “Ero ciò che oggi sono, ero ciò che oggi non sono più” (p. 39). Cantava, perché cantare era come pregare. Davide pregava molto.
Ricorda lo scontro con Golia (“l'ottusità della sua mente era incommensurabile”), ribadendo d'aver vinto perché lui era intelligenza; ricorda le battaglie contro i Filistei, pensando d'aver finito per amare ciò che odiava, perché nonostante il suo orrore per il sangue aveva capito d'aver bisogno di distruggerli; racconta il suo tenero amore proibito per Gionata; insegna il suo supremo amore per Gerusalemme; ricorda le battaglie, le angosce, le stragi, i giorni di pace e di amore, le preghiere. Ripete spesso le parole sante, per santificare il tempo e lo spazio. Esse sono: “Ascolta, Israele: l'Eterno è il nostro Dio, l'Eterno è uno”. La sua anima ha sempre sete di Dio: il suo corpo domanda Dio come “terra brulla e arsa e senz'acqua”. Morirà sazio di giorni, di ricchezza e di gloria, dopo sette anni di regno su Ebron e trentatre su Gerusalemme, vecchio e felice. E s'addormenterà nella Città di Davide.
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“Non avevo un momento di tranquillità spirituale se non nell'astratta purezza del deserto. Il vuoto Ti somiglia: il Tuo soffio è più percettibile del vuoto. Nel volare Tuo sul deserto, Ti percepivo. Dove pare che non ci sia nulla, ci sei Tu: hai la passione del nulla” (p. 193).
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Quel che più emoziona e quasi schiaccia, a trentacinque anni di distanza dalla prima pubblicazione del romanzo, è la potenza, l'intelligenza e la letterarietà della scrittura di Carlo Coccioli; una magnifica iniezione di stile, di classe e di conoscenza. Coccioli viveva al di là e al di fuori dell'ambiente letterario italiano, ben lontano, spesso, dal nostro territorio; perfettamente trilingue, aveva successo e popolarità in Messico e in Francia, spesso più che dalle nostre parte; la sua religiosità, e la sua spiritualità, stridevano forte contro l'egemonia culturale dell'epoca. Non può essere rimosso e rimosso non sarà; va restituito agli scaffali delle librerie e delle biblioteche dei contemporanei presto e bene, con una massiccia operazione di analisi e ripresentazione dei suoi scritti. Coccioli può diventare un modello letterario, libertario, spirituale e intellettuale di primissimo livello.
Chi volesse scoprirlo può partire da questo “Davide”, recentemente e degnamente ripubblicato da Sironi, sotto l'illuminata egida di Giulio Mozzi. Buon viaggio.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Carlo Coccioli (Livorno, 1920 – Città del Messico, 2003), scrittore italiano poliglotta. Laureato in Lingue e Letterature camito-semitiche a Napoli, passò l'adolescenza tra Bengasi e Fiume. Ha combattuto nella Resistenza [Medaglia d'Argento]. Ha vissuto a Parigi dal 1949 al 1953, quindi in Messico.
Carlo Coccioli, “Davide”, Rusconi, Milano 1976. Quindi, Mondadori 1989; Sironi, 2009.
Gianfranco Franchi, maggio 2010.
Prima pubblicazione: Lankelot.