La Grafica
2008
Undicesimo libro di un outsider, montanaro dal cuore onesto, buono (buono davvero), tenero e semplice, uomo che parla alla montagna, come un mistico, l'atipico Mario Martinelli, “Dalla vita di un jobrero” (giugno 2008) è il suo primo memoir. È la storia d'uno stile di vita montanaro e spartano (meglio: monastico), dopo vent'anni di vita cittadina caotica e sregolata. È la storia di uno che decide, dopo aver letto Mauro Corona, che non c'è niente di meglio da fare che eliminare il superfluo dalla propria vita. È la storia di uno che quando dà la parola la mantiene, da vero jobrero. È la storia di uno che ogni mattina si commuove per il miracolo d'un nuovo giorno. Ripeto. Uno che, ogni mattina, si commuove: per il miracolo, il miracolo di un nuovo giorno. Ogni giorno. È la storia d'un sentiero di accettazione totale: “accettare con tutto il mio essere, senza pregiudizi e riserve, evitando di giudicare, scansando il rischio di farmi turbare, impegnandomi solo ad accrescere una sobrietà di vedute” (p. 15): perché come Walser insegna, “Quel che noi comprendiamo e amiamo comprende e ama noi pure”. E la sobrietà – la lucidità – è un dono. Grande.
È la storia di uno che riceve un Moleskine da Corona, dopo una serata passata a bere e a parlare, da veri montanari, con tanto di “Arrivederci canajs”. E lui è uno che da Corona impara a fregarsene dello stile, ché l'importante è essere capiti, e alè. Diretti. È la storia d'uno che sa che la solitudine ha la fragranza delle noci e delle pere, delle patate e del pane messo nel forno. E che ha capito che senza ricerca la vita non ha nessun sapore. Come la sua gente, è onesto e tenace. Accetta le sfide della vita, è orgoglioso del sudore del suo lavoro. Non vuole decifrare il Grande Disegno. Ne è parte, punto.
Obra. Quota mille. Martinelli prima la descrive dalla Provale, raccontando i suoi famigliari tetti, i piallati terreni erbosi della laita, tutta intera la Vallarsa. Il paese si fa dorato coi primi raggi del sole. Quando viene febbraio, l'elleboro e l'erica sono già fioriti nei boschi. Per i prati, pezze di macchie di neve. Vallarsa: terra che ha mantenuto “il fascino selvaggio di una natura alpina e ribelle (…). Gli uomini sono caproni, camosci, muli, orsi. Le donne sono vipere, volpi, galline e a volte linci” (p. 111). Orgoglio delle Piccole Dolomiti, industriosi, introversi. Non amano i turisti, preferiscono gli orsi. Capisco. Qui a Roma servirebbero legioni di orsi. Famelici.
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Ancora, altro. Ecco la diga di Speccheri, che “pareva un diadema messo lì a bella posta per soddisfare la perdonabile civetteria delle montagne”, e un intero bosco d'un verdeazzurro che cattura; c'è un abete dall'espressione benevola.
Ecco Vida, fedele capra camosciata, e le due tibetane, Bondola e Cowboy. Ecco i cardellini che cantano per Martinelli, sul patio, dopo la sua prima colazione. Ma quando tira il vento forte, anche la stufa “canterella spensierata”, col “camino in perfetta forma di tiraggio. È piacevole rimanere nella tana” (p. 82). E a primavera lo salutano le civette quando chiude le imposte, alla sera. Tutto il piccolo mondo di Martinelli è musica. Martinelli sogna l'armonia.
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Piccola parentesi sul lessico di Obra. “Stol” significa “grotta”. “Finco” significa “Fringuello”. “Teze” significa “Fienile” o “Soffitta”. “Patrona” significa “cartuccia”. “Sisàn” significa “Non bello, né brutto”. “Cima Posta” sta per “Cima Carega”. Ci tengono, a Cima Posta.
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Epilogo. Piccola autobiografia – flash d'infanzia a intervallare il presente – d'un uomo che sembra essere la sua Obra, la sua Vallarsa, e dimentico di sé le antepone a tutto, “Dalla vita di un jobrero” scintilla di semplicità, di purezza, di onestà, di naturalezza. Nutrirsi di queste pagine è come andarsene in alta montagna per respirare un po' d'aria buona, pulita, intatta.
Commerciale quanto un cardo, per questo – ammetto la mia debolezza – semplicemente adorabile. Non so da quanto non leggevo qualcosa di così estraneo alla confezione editoriale. Saranno le foto delle pagine scritte a mano da Martinelli, con tanto di disegnini, che fanno capolino in appendice. Sarà l'aria di un libro che non ha nessuna voglia di fare pubblicità alla propria terra, limitandosi a raccontarla. Sarà quel che dice l'autore, e come lo dice – sembra uno che ha trovato la pace, e di quella pace non si pente. Sarà, ma m'è sembrato strano guardare fuori dal vetro e intravedere gli orrendi grattacieli di Donna Olimpia, non lontano da casa, dopo aver ascoltato questa musica. Grazie.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Mario Martinelli (1962-2019), scrittore e montanaro di Obra, Vallarsa.
Mario Martinelli, “Dalla vita di un jobrero”, La Grafica, Trento 2008. In copertina, foto di Fiorenza Aste.
Gianfranco Franchi, marzo 2010.
Prima pubblicazione: Lankelot.
È la storia d’uno stile di vita montanaro e spartano (meglio: monastico), dopo vent’anni di vita cittadina caotica e sregolata