Come un cane che esce da un pantano

“La letteratura è un’arte profondamente concettuale; anzi, a dire il vero, resta l’unica arte concettuale. Le parole sono concetti; i cliché sono concetti. Nulla può essere affermato, negato, relativizzato, irriso senza il supporto dei concetti e delle parole. Da qui, la sorprendente robustezza dell’attività letteraria, un’attività che può persino rinnegare se stessa, autodistruggersi, autodichiararsi impossibile, ma che non smetterà mai di essere quella che è. Un’attività che resiste a tutte le mises en abyme, a tutte le decostruzioni, a tutte le accumulazioni di gradi, per quanto subdole esse siano; che, se cade, semplicemente si rialza, si scrolla un attimo e si rimette in piedi, magari a quattro zampe, come un cane che esce da un pantano”.

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“La letteratura si adegua a tutto, si abitua a tutto, fruga dentro la spazzatura, lecca le piaghe della sofferenza”

Michel Houellebecq, 1993.

Frammento tratto dall’articolo “In relazione alla perdita di sé”, originariamente apparso in Genius Loci (La Différence, 1993), poi in Objet perdu (Parc, 1995), in Dix (Grasset, 1997), in Interventions (Flammarion, 1998), in Rester vivant et autres textes (Librio, 1999), in Interventions 2 (Flammarion, 2009). Oggi in “Interventi”, Nave di Teseo, 2022; traduzione di Sergio Arecco.