Coniglio
2007
9788860630391
“Un po’ di litio e sono un cittadino totalmente solido” (R. Hell).
E forse non c’è niente di stupido a rivendicare d’essere senza speranza. Forse è la suprema forma di saggezza. E niente nemmeno nel ribadire che s’è appartenuti a una e una persona soltanto, e che il tempo niente ha mutato. La poesia ha l’essenza d’un ricordo che s’è incarnato in un passato sensuale e assoluto, non è altro che una leggenda che non ha niente di realistico: solo la trasfigurazione in versi, è reale. Solo quella, rimane. Quando i ricordi sembrano migrare in una quiete di morte (c’è un po’ di freddo, e il cielo è sereno), e le droghe sono un pensiero che dà i brividi, e il possesso non è più una necessità che ti domina la mente giorno dopo giorno; quando l’oggetto del tuo amore e del tuo dominio è morto, e la vostra poesia è carta per l’inferno o per i sogni di un’altra coppia, allora puoi scrivere. Povere stanze d’albergo, blocchi di carta e vetri sporchi, tutto è lontano – come il sesso che vi univa. Tutto è lontano, come le droghe di quei giorni, e come il contatto con l’alterità che v’osservava. Tutto è sbiadito. E allora, come Richard Hell, scrivi una storia che sembra proprio quella di Verlaine e Rimbaud, eppure è accaduta (ma questa è Letteratura, non ti consento obiezioni) a New York, a un passo dal duemila. Sono immagini felici di albe perdute, sentimento limpido, dimentico che l’altro odiava il sentimentalismo. Il mio sentimento non è il sentimento, era mio, ero io.
Il punk che doveva derivare dalla formazione artistica di Richard Hell non sembra mai esistito: questa è letteratura sentimentale e omosessuale di buona qualità, e di nulla discendenza alternative rock. Cosa rimane? Descrittivismo? Pornografia? Menzogne. Questa è una storia d’amore. Diverso, oppure vero, semplicemente. Vero e basta. Il resto della vita è ciò che segue quel tempo (p. 96), quando tutto ciò esisteva.
“I morti però ti portano con loro. Se non scrivo di loro, scomparirà tutto quanto nel nulla, per sempre. (Quando ci pensi, in un certo senso non c’è nessun passato, tranne il nulla: la vuota e completa oscurità, è quello che in realtà è dimenticato, non registrato, sconosciuto a tutti. Il resto del passato è realmente il presente). Buona parte è già scomparso con chi è morto” (p. 29).
Paul Vaughn e Randall Terence Wode: Paul scrive “per non dimenticare”: venticinque anni dopo, ricoverato in ospedale. Per esaurimento nervoso. Riceve solo chi vuole portare pettegolezzi, chi vuole fare sesso. Cose del genere. L’altro è morto. Era marzo, Paul era uno dei poeti poveri della città dei New York, e provava affetto per i suoi simili. T. era uno di loro, sbarcato in città in cerca di sostegno e comprensione da parte di uno dei suoi idoli. Diceva che “la poesia è niente ma è tutto ciò che riceviamo e, se saremo ricettivi, è la cosa in sé, il niente in sé; qualsiasi altra cosa – a parte la poesia – è lì per desiderare, volere, avere, essere e segue solamente il delirio che è la vita di tutti i giorni” (p. 14). Diceva, e intanto il suo corpo era altro: era l’oggetto del desiderio totale di Paul. Che sino a quel momento, sposato e con un bambino in arrivo, sembrava etero, punto.
In principio, come Verlaine e Rimbaud, si amano: “il mondo era giovane”, si risvegliano sul pavimento, tra alcol e luce bruta, come “futile graffito di Dio” (p. 16). Paul piange, T. sorride e prende con sé qualcuno dei suoi libri. Alberghi, poi, e personalità plasmate da tutto quel che accade; sensualità e disordine, e versi più o meno infelici, e il solito incidente che ribadisce il mito; un colpo di pistola. Cazzate. Terence ridicolizzava il peace and love del tempo, giocava a fare l’Andy Warhol oscuro e reietto, cercava l’oblio prendendosi un acido e poi. E poi campava da mantenuto, come una puttanella piccolo borghese, cercava e fuggiva i poeti e i letterati, sprofondando nella carne; e di carne viveva. Dissoluto: libertino. Libero, inquinava i sogni di verità.
Paul lo adora. Adora la sua magrezza adolescente, l’aspetto teppista, la poesia e l’efebia. Paul sta sprofondando nel possesso dell’ideale, che nessuno può comandare e controllare mai. L’ideale sfugge. Soprattutto l’ideale bambino e ribelle, della carne tua gemella che tuttavia non sei tu, e non ti appartiene. È soltanto identica e giovane. Che stupenda bugia. La vita vera è altrove (p. 130), forse è così. Ma la vita “ha un sottotesto. Non è un’idea esaltante”?
Relativamente. Niente immortalità e niente eternità nella ripetizione d’un paradigma francese tardo ottocentesco, tantomeno in salsa alternative yankee. Ma qualche spiraglio di onestà, e di discreta letterarietà. Leggerò ancora le pagine di questo musicista che s’è convertito alla scrittura: qualcosa rimane.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Richard Meyers, alias Richard Hell (Lexington, usa, 1949), scrittore, poeta, saggista e musicista americano. Vive a New York dal 1966.
Richard Hell, “Come Dio”, Coniglio, Roma, gennaio 2007. Traduzione di Coniglio Editore (sic). Collana “I Calcestruzzi”, 3.
Prima edizione: “Godlike”, Akashic, 2005.
Gianfranco Franchi, ottobre 2008.
Prima pubblicazione: Lankelot.