DeD'A
2009
9788896121108
Dieci racconti ispirati dalla cronaca nera tricolore, per pagine “suturate dopo anni di interventi di chirurgia spirituale a mani nude”, animati dall'intelligenza e dall'estetica gotica, grottesca e macabra di uno dei pochi scrittori censurati e condannati dal Parlamento in età moderna (“Primi delitti”, 1990: decisione trasversale, indimenticabile): Paolo Di Orazio, romano, classe 1966. Un romano molto, molto cattivo; politicamente scorrettissimo.
“Che hanno da strillare i maiali”? gioca su uno stile efficace e lineare, estremamente visivo, e va mescolando noir e splatter con naturalezza. È un libro nato per dare soddisfazioni a tutti i cultori del Grand Guignol, a tutti quelli che hanno una gran voglia di vedere fatti a pezzi (letteralmente) i vizi della piccola e media borghesia, della cultura turbocatodica e del clero, e a tutti quei lettori che sanno che la rappresentazione della violenza, a certi livelli, è catartica e rigenerante, perché attenua la rabbia, l'alienazione e la frustrazione figlie della società postindustriale.
Qualche tinta di discreto erotismo puntina e intervalla le trame, sospendendo la nostra concentrazione sulle strategie e sulle dinamiche del male; altrimenti andiamo sprofondando, sempre meno coscienti, nelle epifanie della distruzione e della violenza, ridendo della sua gratuità e della sua (relativa) imprevedibilità. A Dario Argento questo orrore piacerebbe moltissimo: perché è originato dalle piccole cose della quotidianità, spesso, da quei contesti in cui tutto sembra innocuo. Decisamente buone le descrizioni; dialoghi molto fedeli al ritmo del parlato, per aumentarne la credibilità.
Per ogni racconto, c'è un'illustrazione d'autore e l'indicazione d'una “fonte sonora”; il musicista Paolo Di Orazio (storico batterista di Latte e i suoi Derivati) è un ascoltatore generoso. Vuole che sia una e una soltanto la musica che ci accompagna al massacro. È uno Zio Tibia nostrano. Baby take my hand. Don't fear the reaper.
Gianfranco Franchi, aprile 2010. Prima pubblicazione: BlowUp