ISBN Edizioni
2008
9788876380846
Tutti quelli che si dichiarano convinti che il calcio non significa niente, che è soltanto un gioco, soltanto un evento mediatico, e si mostrano persuasi che il tifoso è semplicemente un alienato che sfoga periodicamente le sue frustrazioni sugli spalti, dovrebbero dedicare qualche ora del proprio tempo alla lettura di “Calcio e potere” di Simon Kuper, classe 1969, scrittore e giornalista cosmopolita. Sarebbe un degno e sacrosanto bagno d'umiltà, e sarebbe senza dubbio l'occasione per imparare a leggere questioni sociali, politiche, storiche ed etniche attraverso un filtro privilegiato e spesso capace di anticipare eventi di ben diversa portata. Mi piace credere che siano loro, gli scettici e i nemici del calcio, i primi lettori di un libro del genere, perché è abbastanza scontato che sul fronte dei calciomani l'opera guadagnerà fan, negli anni, come niente fosse. Del resto, è già accaduto: sta già accadendo. Basta soltanto che i tifosi siano informati dell'esistenza di un libro del genere – appetibile è l'aggettivo giusto – perché se ne sentano attratti.
“Calcio e potere” è strutturato in 22 capitoli, due introduzioni (una per l'edizione italiana, l'altra “classica”) e una discreta bibliografia; è un'antologia di reportage di uno scrittore-viaggiatore che intendeva raccontare cosa significasse il calcio, nazione per nazione, e quanto il calcio avesse a che fare con la politica e con la grande industria: in altre parole, con il potere.
“Quando un gioco è importante per miliardi di persone, cessa di essere semplicemente un gioco. Il calcio non è mai solo calcio: aiuta a fare guerre e rivoluzioni, affascina mafiosi e dittatori. Ho cominciato a scrivere questo libro con delle vaghe idee su come funzionasse. Sapevo che quando a Glasgow si affrontano Celtic e Rangers le tensioni in Ulster aumentano, e che più della metà della popolazione olandese scese per strada nel 1988 per festeggiare la vittoria dell'Olanda sulla Germania (...). La prima domanda che mi ponevo, quindi, era come il calcio influenzasse la vita di un paese. La seconda era come la vita in un paese influenzasse il suo calcio. In altre parole, cosa fa sì che il Brasile giochi da Brasile, l'Inghilterra da Inghilterra e l'Olanda da Olanda? Platini dichiarò: 'Una squadra di calcio rappresenta un modo di essere, una cultura” (p. 22).
Quindi, Kuper ha raccontato tutta una serie di storie: con humour tutto british e grande intelligenza, ritroverete e studierete i retroscena di Olanda-Germania degli Europei 1988, revival della Resistenza nederlandese e rivincita sugli invasori; leggerete versi scritti da calciatori e intellettuali dei Paesi Bassi per festeggiare quella vittoria; affronterete la grigia e tetra Berlino Est della DDR, scoprendo cosa significasse per un tedesco costretto alla lontananza dalla sua città, dalla sua gente e dalla sua nazione tifare l'Hertha Berlino; vi ritroverete a prendere atto della straordinaria corruzione del campionato russo, e delle corrispondenze tra squadre russe ed esercito, KGB, popolo; vi stupirete leggendo che una delle fonti di reddito della squadra di Kiev è il traffico nucleare (p. 94); resterete sbalorditi di fronte al significato autentico delle sfide tra squadre slovacche e ungheresi, per irrisolti problemi etnici, e ricorderete presto quanto avvenne nella fu Jugoslavia quando la squadra dei croati di Zagabria affrontava il Partizan di Belgrado, anticipando la guerra degli anni successivi. E ancora: le magie di Roger Milla e del Camerun e tutto quel che ne è derivato, in termini turistici e politici; la sfortunata spedizione pionieristica e grottesca dello Zaire ai mondiali 1974 (p. 146); il significato dell'appartenenza al Barcelona per i catalani, e la possibilità che una squadra di calcio di fama mondiale sostituisca le pretese di autonomia e indipendenza, sublimandole; le relazioni tra Maradona e Menem, e il peso politico assunto dalla sfida Inghilterra-Argentina ben prima della Falkland; gli investimenti libici (Tamoil) nella Juve, sospesi post-scandalo corruzione; l'eroismo inglese in campo (Butcher, p. 141). Last but not least, l'atroce fortuna dell'ex presidente del Milan in contesto politico, poggiata sulle fortune calcistiche e televisive delle sue precedenti imprese. In quel caso, purtroppo, non dobbiamo imparare niente.
Quale quadro ne deriva? Uno spaccato del nostro tempo. Il calcio insegna a scoprire popoli, culture e nazioni quando esse si liberano dal giogo dell'oppressione comunista (Lettonia, Estonia, Lituania, Georgia, Armenia, Ucraina) e rivendicano la propria essenza e le proprie caratteristiche peculiari. Il calcio insegna a leggere gli equilibri di potere, economico e politico, in atto in ogni singola nazione; tifare per una squadra di calcio di una certa città significa, spesso, riconoscersi in un'etnia, un censo, una visione politica.
Non solo: il calcio aiuta a capire chi saranno i nuovi potenti sia a livello industriale sia a livello politico; la lettura corretta della storia e dello spirito di una squadra, sia essa di club o nazionale, implica una migliore comprensione della storia e dello spirito di un popolo.
Non è un risultato marginale né un risultato facile da far interiorizzare ai neofiti o agli spettatori o agli sportivi disinteressati; è basilare, e nucleare, aver assimilato questi concetti per accostarsi, da prospettiva pop e imprevedibile, alla storia del Novecento. Quando l'umanità giocava a pallone, e quando le guerre si fermavano per le partite di calcio.
“Calcio e potere” è un piccolo must. Tecnicamente la scrittura non ha slanci di letterarietà, è chiaramente giornalistica, innervata tuttavia da un tono satirico e caustico che eleva il registro del cronista-reporter a quelli di un buon autore. L'edizione ISBN – completa di inserto fotografico – è, al solito, elegante e un po' snob; adorabile, per un certo tipo di pubblico nel quale volentieri mi riconosco.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Simon Kuper è nato in Uganda nel 1967 da una famiglia ebrei sudafricani. Cresciuto in Olanda, si è laureato in Storia a Oxford; è cittadino inglese. Ha collaborato con l’Observer e il Guardian, attualmente scrive sul Financial Times, dove si occupa di sport e in particolare di calcio. Per Isbn ha pubblicato Ajax la squadra del ghetto (2005).
Simon Kuper, “Calcio e potere”, ISBN, Milano 2008.
Traduzione di Alfonso Vinassa de Regny. In appendice, nota del traduttore, ringraziamenti, bibliografia. Introduzione di Alberto Piccinini. Revisione di Simone Bertelegni.
Prima edizione: “Football against the enemy”, 1996.
Gianfranco Franchi, Giugno 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot
Antologia di reportage di uno scrittore-viaggiatore che intendeva raccontare cosa significasse il calcio, nazione per nazione, e quanto il calcio avesse a che fare con la politica e con la grande imprenditoria: in altre parole, con il potere.