Gian­franco Fran­chi nasce poeta e tut­ta­via qui, nell’Inadempienza, come scrit­tore di poe­sie volon­ta­ria­mente muore. Il let­tore infatti è davanti a una rac­colta che si pre­figge di risul­tare con­clu­siva. Quasi un atto postumo com­piuto in vita. Eppure Fran­chi è nato, è, e mal­grado lui stesso con­ti­nuerà a essere poeta, per­ché ha sem­pre inteso la let­te­ra­tura come ricerca, fra­sta­gliata e coe­rente a un tempo, rivolta all’interiore e all’esteriore, e come luogo di mas­sima ade­sione alla vita. […] Non c’è per­so­nag­gio della moder­nità let­te­ra­ria ita­liana che asso­mi­gli al trie­stino Fran­chi più del trie­sti­nis­simo Sla­ta­per. […] Ma Sla­ta­per non è la sola sug­ge­stione delle ori­gini che è pos­si­bile cap­tare nel testo, se è vero che prima o poi dovremo pur affron­tare la que­stione dell’espressionismo della lirica fran­chiana — ciò che non può fare a meno di riman­dare più che al “solito” Cam­pana alla visio­na­ria vena di Srečko Koso­vel: lo slo­veno del Carso che è stato uno dei grandi can­tori della nove­cen­te­sca auto­di­stru­zione euro­pea, prima che la sua voce così imma­gi­ni­fica si spe­gnesse ancora gio­va­nis­sima.

Trama:

Quin­dici anni di dedi­zione incrol­la­bile e poi lo schianto: “L’inadempienza” è il docu­mento di un fal­li­mento, o forse di un sacri­fi­cio. Pre­teso, e neces­sa­rio. È dav­vero il libro primo e ultimo pub­bli­cato in vita da un poeta che ha pre­fe­rito spe­gnersi, e dimen­ti­care d’essere esi­stito: model­lato come can­zo­niere, include le due pre­ce­denti, spe­ri­men­tali pubblicazioni-laboratorio, vale a dire “L’imperfezione-Opera III” e “Ombra della fon­tana”, dando defi­ni­tiva siste­ma­zione al lavoro di una vita. Que­sto libro è un punto a capo.