«Annette, o del desiderio»
di Luigi Duns
C’è qualcosa di lugubre dentro Annette di Marco Malvestio. Non le descrizioni chirurgiche e petulanti delle performance sessuali della pornostar tedesca Annette Schwarz (al secolo Annette Carmen Schönlaub, presente sulle scene dal 2002 al 2014). E nemmeno l’ossessione d’amore impossibile che muove Marco (il protagonista di questo romanzo) fino allo sconsolato finale. Il funereo in queste pagine suona tutto tra le righe. Per chiarezza: come tanti romanzi ben scritti e modulati con intelligenza anche questo indaga alcuni aspetti della materia letteraria, e quindi l’uomo. Ma forse, qualunque sia il punto di vista del lettore a inizio romanzo, le risposte che trova dentro Annette, restano tragiche: il desiderio deve essere inappagabile; la realtà è inafferrabile. Parto da quest’ultimo aspetto: Annette si potrebbe facilmente assimilare al romanzo ibrido, al saggio romanzesco, all’autofiction, insomma al romanzo sperimentale. Che dire, l’esperimento in Italia è consolidato da decenni tanto da essere, forse, il genere più congeniale ai nostri narratori: Ginzburg, Manganelli, Arbasino, Sanguineti, tra i tanti. Congeniale e pure di successo se persino allo Strega, Piccolo, Albinati, Janeczek, Scurati e Trevi hanno praticato l’esperimento vincente. L’aggettivo sperimentale inizia a definire più un bumper pubblicitario che un genere letterario. Ma va bene. E difatti in Annette, seppure con molto mestiere, a scardinare il concetto di realtà, non è la matrice autofinzionale, ma il continuo gioco di specchi che l’autofiction riverbera sull’ossessione pornografica.
La voce narrante del romanzo, quella che dice ‘io sono Marco’, è un calco dell’autore storico Marco Malvestio. I riferimenti sono precisi quanto volutamente falsi e contraddittori. Prima Marco dice “ho cominciato a scrivere le prime due parti di questo libro mentre il mio primo romanzo andava in stampa” (pg. 269), salvo poi dover leggere sull’aletta di copertina: “Marco Malvestio è nato nel 1991 […] questo è il suo primo romanzo”. Insomma, l’assioma (che rubo volentieri a Cesare Segre) che sorregge Annette è il seguente: il romanzo è una forma di comunicazione destinata a un pubblico dai limiti imprevedibili. Certo, il pubblico ideale immaginato da Malvestio è quello degli addetti ai lavori: sapranno apprezzare tutti i riferimenti e le sprezzature al demi-monde letterario nostrano. Ma per tutti gli altri lettori vale ciò che scrive Giulio Mozzi: “chi conosce la vita dell’autore (ma quanti sono?) sa grosso modo che cosa è derivato dalla realtà e che cosa è finzionale; chi non la conosce (la stragrande maggioranza) non lo sa, giustamente se ne frega, e legge il romanzo per quel che è: un romanzo”. Difatti che Marco abbia una vita sessuale movimentata quanto infelice, che si masturbi con plug anali, che lavori presso Marsilio non è rilevante. È rilevante il sintomo che descrive quest’approccio letterario quando si vincola all’aspetto pornografico proprio di ogni racconto: la realtà se raccontata è già finzione e il lettore, come la telecamera che riprende la copula tra due attori, partecipa attivamente alla realizzazione della vicenda narrata. Sono finzioni le copule di Annette Schwarz dettagliatamente descritte (sebbene storicamente filmate e dettagliatamente riportate nell’apparato bibliografico in coda al romanzo), come è finzione ogni esperienza mediata dalla parola letteraria, con buona pace della maggior aderenza al reale dell’autofiction.
Ma torniamo all’aspetto più riuscito è interessante di Annette, quello più propriamente tragico e disperante: il desiderio. Il protagonista lo descrive così: “un’ossessione che si nutre di gesti meccanici e di ripetizioni ipnotiche […] e che ha a che fare, credo, con un sano desiderio di morte e annientamento. La pornografia trasforma il mondo in cui viviamo in uno spazio in cui le convenzioni sociali sono dissolte, dove le necessità economiche e di sopravvivenza non esistono e quelle erotiche sono sempre soddisfatte immediatamente e infinitamente” (pg. 43).
Come scritto in apertura c’è qualcosa di davvero lugubre in questo romanzo indagine: non si racconta solo una storia d’amore impossibile e non si racconta solo il peso disperante del sesso per l’uomo; si cerca piuttosto di mostrare uno dei segmenti meno indagati della vita, di dare una descrizione di cosa accade nel dopo. Ma attenzione alla risposta: la potenza distruttrice del desiderio, di qualsiasi desiderio è connaturata alla vita, al movimento, alla fatica che l’uomo esprime per esaudirlo. Eppure, proprio e soprattutto per questo, ogni desiderio esaudito è mortale, prefigura la fine, è già immobilità.
EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE
Marco Malvestio è nato nel 1991, e lavora all’Università di Padova. Questo è il suo primo romanzo.
Marco Malvestio, “Annette”, Wojtek, Napoli 2021
Per approfondire: Cesare Segre, “Avviamento all’analisi del testo letterario”, Einaudi, Torino 1985
Luigi Duns, luglio 2021