Amori

Amori Book Cover Amori
Carlo Dossi
Adelphi
1999
9788845902017

1887: trentottenne, Dossi concludeva la sua pubblica attività letteraria con questo scritto. Spiega Dante Isella, nel saggio “Il diaframma di cristallo”: “Non cesserà, per un ventennio ancora, di riaprire di tanto in tanto i quaderni delle 'Note Azzurre', che avranno peraltro occasioni sempre più scarse di nuovi incrementi, ma il suo stato di servizio attivo nel campo delle lettere doveva essere volontariamente chiuso con quelle cento pagine scritte in chiave di bilancio. Così cinque anni più tardi prenderà moglie, dando ordine e regola a una vita sentimentale assai difficile. Operazione certamente non indolore quella di 'Amori', ma igienicamente liberatoria: di chi, nella lucida, sofferta consapevolezza di avere ormai giocato sul tavolo della letteratura le carte buone di cui l’aveva provvisto la sorte, intendeva suggellare in modo degno il suo passato (…)” (p. 115). 

Amori” è, nella percezione dell’autore, la “confessione piena e sincera di un impenitente”, destinata ad essere testimoniata da una “amica geniale”. Il libro è strutturato in 11 capitoli: sette “cieli”, intervallati da quattro ritorni alla “terra”. È il congedo d’uno scapigliato dall’attività letteraria: l’ultima manifestazione di dedizione, di adorazione e di appartenenza all’ideale, prima di consegnarsi – non più da letterato, ma da aristocratico e disincantato segretario degli uomini politici – alla realtà. Dossi canta come e quanto e che cosa amò – rappresentando la felicità del desiderio puro, la meraviglia e lo stupore dell’incompiutezza madre della più fertile immaginazione, l’orgoglio d’una diversità estetica e spirituale che solo una minoranza di eletti avrebbe potuto intendere e comprendere; e ad una èlite dello spirito si rivolge, con apprezzabile renitenza alla dissimulazione.

La lingua è letteraria, raffinata e impreziosita da scelte lessicali e stilistiche figlie d’un’aggressiva ed esasperata ostentazione di talento e controllo: poteva irritare, e potrebbe irritare, chi per incapacità o per limiti strutturali o per avversione alla bellezza scrive per singhiozzi e strappi, nella nevrastenia del periodare breve, per singulti paraminimalisti o per conati neorealisti. È una fonte che potrà ispirare quanti, nel tempo della rigenerazione e della rinascita dell’arte letteraria, vorranno attingere a padri che veneravano la bellezza e l’intelligenza, e non negavano il dominio dello spirito. È una consolazione per quanti, nelle epoche a venire, avvertiranno il loro sentire come eccessivamente estraneo e patiranno omogenea e omologata incomprensione: Dossi consegna alle generazioni future una testimonianza di stile, sensibilità e umanità che soltanto i puri, gli esteti e i letterati potranno interiorizzare e idolatrare a dovere. Prima di sintetizzare quanto contenuto nei capitoli di maggior interesse, vorrei fossero le parole dell’autore a introdurvi all’opera: ho scelto un frammento tratto dal Terzo Cielo, rivolto alle donne che sostennero, compresero e amarono gli uomini di genio.

Benedette voi tutte, insigni donne, di ogni tempo e paese, che foste madri agli uomini eccelsi, assai più di quelle che li hanno portati, spesso indegne, per pochi mesi nel grembo; che di essi ascoltaste il silenzio e vedeste il cuore; che loro versaste nelle vene l’agitante liquor dell’amore, e foste patria a chi l’aveva perduta e gloria a cui era contesa; voi, nelle cui braccia fedeli, il genio obliò la sventura e nella cui voce sentì l’oricalco incitante a nuove pugne e vittorie. Non vi ha gagliardo intelletto, che non rimanga talvolta sorpreso da smarrimenti e sgomenti: guai allora, se solo ei si trovi; se la gemella anima confortatrice gli manchi! Beato invece colui che può riposare lo sguardo afflitto in una femminile pupilla che splenda fede incrollabile. Lo odii, lo perseguiti il mondo; a lui basta che ella sorrida. Si addensi pure la notte, l’uragano imperversi, strida il gelo; allacciato con lei, egli è nella luce, nel caldo, nella sicurezza.

Benedette, ripeto, tutte voi, o elettissime! Il premio che vi concede la storia è ben meritato. Nell’aureola che circonda la fronte dei vostri amanti od amati, voi pur risplendete – voi, attraverso i secoli, uniche, indissolubili loro spose” (“Terzo Cielo”, Amelia, pp. 40-41).

La confessione piena e sincera degli amori dell’impenitente Carlo Alberto Pisani Dossi alla geniale amica destinataria dell’opera s’apre con l’immagine d’una donna che squarcia il Primo Cielo, originaria della sua infanzia; era una figura d’un mazzo di carte, una regina di cuori, che amò per vampate di desiderio, fino a rapirla. La prima conquista del grande scapigliato fu dunque, in pieno senso etimologico, una seduzione. S’innamorò quindi dell’effige d’una Madonna, che baciando sentiva circolare nel sangue. Quindi, si volse alle tele “piccole e caste” – principalmente, ai ritratti (“aristocrazia della pittura”): vide un giorno il ritratto d’una giovinetta bionda, vestita da paggio (p. 18); la battezzò Ricciarda, e si ritrovò a contemplarla per ore, nel tempo, fino a sentirsi osservato dai suoi occhi. Le scrisse una lettera. Invano attese una replica.

Nel Secondo Cielo, Dossi racconta come i bambini s’innamorino dei balocchi; e di come s’infatuò dei libri, ancor prima di saperli leggere: divennero quindi una folla di amici (p. 26), che osservava e sfogliava e interiorizzava per assorbire il loro genio, come fosse una pioggia. È il capitolo dell’amore per la Terra: del canto della mistica comunione tra l’uomo e la madre universale – coscienza di quel “fondo d’insospettate memorie” che si risveglia osservando i paesaggi: percezione d’un senso di “parentela preumana” (p. 27). Dossi amò un albero, Tilia: ai suoi piedi leggeva, fin quando un giorno Tilia non s’ammalò. La morte dell’albero non sradicò quei sentimenti dal cuore dell’artista.

Il Terzo Cielo è dedicato all’incontro con l’Amore nella Letteratura Greca e Latina: alla distanza che Dossi sentiva tra l’amore degli antichi, sincero, estremo, bestiale e tragico (p. 34) (con l’eccezione di Bacchide), e quello dei moderni; aveva fuso in una creatura di nuvola e d’ombra, Amelia, tutte le eroine che aveva amato nei romanzi moderni.

Il Quarto Cielo è il mondo della Musica, “anima dell’anima”, come Bruno scriveva Dio fosse: Dossi sente questa arte come una delle due lingue universali che la razza umana va preparando – quella che predominerà se torneremo buoni. S’innamorò della musica d’un violino; quando d’un tratto esso tacque, disperato ne cercò l’origine – fin quando non scoprì che la musicista, Elvira, se ne era andata per sempre.

I capitoli della Terra sono dedicati a innocenti rossori, “subiti imbarazzi, dispettucci adorabili”: agli amori dell’adolescenza, quando muti e quando incompiuti, ai primi contatti e alla nascita del desiderio, alla fascinazione per gli amori degli altri, e alla gioia di favorirli, come Ovidio (p. 67).

Sono pagine dedicate al ricordo dell’unico amore della cui onestà e sincerità mai aveva dubitato, quello della sua cagnolina (p. 77); e alla pietà per la morte d’una ragazza, che aveva amato qualcuno che non poteva avere.

S’avanza ancora verso il Settimo Cielo: a poco a poco, l’invisibile essere, l’Idea gentile che aveva dominato, il testo s’incarna; prima annunciata ed evocata, infine va a scintillare di vita: e questa donna è amata con tutto l’amore che l’artista aveva rivolto all’esistenza – è musica, e sogno: “Mia gloria è il tuo sorriso”. A noi rimane un libretto seducente e prezioso. Da restituire alla luce.

Chi lo direbbe? Tra gli oggetti de’ miei innamoramenti, c’è anche un orologio. Pur nella solitudine ebbi istanti ancora più solitari. Anche il deserto contiene stese di maggiore desolazione, dove traccia non scorgi di carovana e di belve, orme ed ossa. Studente in una città, nella quale non conoscevo persona e non osavo conoscerne, passavo intere giornate senza uscire di camera, senza staccarmi dal tavolo. Per vedere qualcuno, per avere una parola altrui dovevo farmi malato e mandare pel medico. Bisognoso allora di un cuore che al mio si accompagnasse né decidendosi esso a venire a me dalla cappa del fumo o dal buco della serratura, lo trovai nell’orologio a pendolo del caminetto, un orologio napoleonico dal vibrato tic-tac. E il monotono monosillabico battito prese tosto modulazioni di lingua. Era una voce che mi diceva continuamente quanto io bramava di udire «ti amo, ti amo». E da quell’ora non fui più solo”. (“Secondo Cielo”, Tilia, p. 23).

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Carlo Alberto Pisani Dossi (Zenevredo, Pavia 1849 – Como, 1910), scrittore italiano. Fu tra i fondatori, nel 1867, dell’organo scapigliato “La Palestra letteraria artistica scientifica”.

Carlo Dossi, “Amori”, Adelphi, Milano 1977. A cura di Dante Isella.

Prima edizione: 1887.

Gianfranco Franchi, dicembre 2004.

Prima pubblicazione: Lankelot.