Mondadori
2005
9788804537700
“Addio, e grazie per tutto il pesce” è il quarto capitolo della “trilogia in cinque libri” di Douglas Adams: un episodio, in tutta onestà, spiazzante, considerando che si tratta, fondamentalmente, di un romanzo sentimentale. Se sino a questo punto sembrava che Adams di tutto si fosse preso gioco, eccetto che dell’amore, è perché evidentemente aveva in mente un grande tributo all’amore: e dell’amore non aveva voglia di giocarsi. A suo modo, con il suo stile – i due innamorati volano, letteralmente, come personaggi bulgakoviani, e assieme leggeranno le ultime parole di Dio, il messaggio dimenticato per gli abitanti dell’Universo – e dando, non di rado, la sensazione di aver giocato sui personaggi della saga soltanto per comodità, ma così avviene: Adams pubblica una grande storia d’amore che solo per accidente, o per incaute pressioni editoriali, si ritrova a collimare con la saga. Non che manchino punti di contatto, ma diciamolo: si sente che derivano dalla fantasia instancabile di un artigiano di lusso della scrittura, e che non sono parte integrante del disegno – in questo senso, i primi due libri rimangono, a mio avviso, irripetibili.
Torniamo sul pianeta verdazzurro, “praticamente innocuo” secondo la scheda della Guida curata da Ford Prefect, popolato da una specie infelice che indossa orologi digitali al polso e s’illude di sconfiggere la tristezza scambiandosi banconote: la Terra. La Terra? Ma non era stata distrutta dai Vogon, per fare spazio a una superstrada galattica, al principio della saga?
Momento. Qualcosa non quadra. È quel che pensa Arthur, autostoppista dello spazio, tornando “a casa” e riconoscendola man mano: dalle macchine, dal pub, dalla sua vecchia abitazione. Intatta, otto anni dopo: mai demolita. E circondata di depliant, letterine e opuscoli pubblicitari, sull’uscio. Il gatto è morto. Nessuna stranezza, a parte una vasca dei pesci con incise le parole “Addio, e grazie…” che gli servirà per nascondere il Pesce Babele, il suo traduttore automatico. Ed è quel che pensa anche Ford, mentre si sbronza su un altro pianeta, cercando invano di pagare con l’American Express, e accendendo il computer della Guida Galattica ritrova tutti i suoi quindici anni di lavoro sulla Terra nuovamente on line. Chi ha ripristinato la Terra?
Arthur incontra una ragazza. Si chiama Fenny, e suo fratello e molti altri la credono pazza: perché è lei, è lei la ragazza che aveva avuto la Rivelazione poco prima che i Vogon distruggessero il mondo, lei aveva trovato la Domanda che l’Universo aspettava da tempo – quella sul senso della vita, del cosmo e via dicendo. A lei e a tutti il governo ha detto che la CIA aveva drogato la popolazione: illudendoli di uno stato di guerra inesistente, del prossimo assedio alieno e via dicendo. Fenny non ne è convinta. Lei ricorda che tutto era esploso.
Abita, a Londra, là dove due milioni di anni prima Arthur abitava una grotta: è stato un Mac di prima generazione a dargliene conferma, e a ricondurlo da lei. I due sembrano uniti da un destino prepotente e risoluto: assieme, imparando a volare (p. 138: basta non rendersene conto, non sapere come si fa, e spogliarsi di tutto. Beh, dipende dalla compagnia) e amandosi ogni notte in volo, solleticando l’invidia e i pettegolezzi della stampa, risolveranno un mistero. Quello della sparizione dei delfini dal loro mondo. Nel giorno in cui Lei aveva capito tutto.
L’unico che sembra saperne qualcosa è un californiano (? – riferimento inspiegabile se non studiando la biografia di Adams…), John Watson, che vive in una sorta di roccaforte che lo separa dal mondo: si fa chiamare Wonko, L’Equilibrato. È in possesso di una vasca dei pesci identica a quella di Arthur, ma lui sa cosa contiene – sa quale messaggio contiene.
Ecco, diciamo che questo capitolo della saga è il capitolo dei messaggi: il messaggio dei delfini, e il messaggio di Dio all’umanità.
Momento. E Trillian? Sparita. Sembra stia bene con Zaphod e che abbiano avuto dei bambini. Punto. E Ford? Ford impiega trequarti del libro per ritrovare Arthur e presentarsi a Fenny: assieme, partiranno per quel pianeta che ospita l’ultimo messaggio di Dio, e là incontreranno Marvin. Marvin ormai in punto di morte (!), vecchio e stanco, pronto a leggere quel che il Creatore voleva sapessimo: “Ci scusiamo per il disturbo”. Da meditazione, eh?
I delfini hanno salvato la Terra. Il messaggio si nasconde nella vasca. Quel che Arthur e Fenny abitano è un Pianeta Ombra: questa è la verità. Basta saper ascoltare la vasca, senza leggere soltanto dei ringraziamenti per tutto quel pesce.
“Il mugghiare profondo dell’oceano. Le onde che si infrangevano su più spiagge di quelle che si aspettassero di trovare. Il rombo ovattato degli abissi. E in mezzo agli abissi, voci che chiamavano, che però non erano voci, ma trilli argentini, accenni di discorso, vaghi canti formulati dal pensiero. Poi saluti, onde di saluti che scivolavano in mezzo alle parole inarticolate che si intrecciavano tra loro. Un gigantesco flusso di dolore sulle rive della Terra (…).
Poi una fuga di voci che parlavano freneticamente di un disastro inevitabile, di un mondo che stava per essere distrutto, dell’inermità e della cupa disperazione dei suoi abitanti, il crollo finale, e di nuovo l’intrecciarsi delle voci. E poi il viaggio alla ricerca della speranza, una Terraombra che veniva trovata nelle pieghe e nei meandri del tempo, dimensioni sommerse, paralleli che venivano tracciati, la forza d’attrazione, il moto vorticoso della volontà, la separazione, il lancio, il volo. Una nuova Terra spinta in orbita in sostituzione della vecchia, e i delfini scomparsi. Poi, sorprendentemente, una singola voce chiarissima diceva: - Questa vaschetta è un dono della Campagna per il Salvataggio degli Umani” (pp. 172-173)
La coscienza animalista di Adams conclude in folle e limpido stile il mistero; uno dei subplot che intesse, quello del Dio della Pioggia – un camionista che ovunque andava era seguito dalla pioggia; ne distingueva centinaia di tipi – rimane troppo sotterraneo e non incide, stavolta; gli omaggi pop rock (Dire Straits, David Bowie) sono messaggi nemmeno troppo cifrati ai suoi amici musicisti; le allegorie sull’esistenza si mostrano abbastanza fiacche (cfr. Ford sul pompelmo, lisergico e delirante, p. 135) e il passo migliore, assieme al messaggio dei delfini, è un frammento mistico e panico sulla terra e sugli alberi, a p. 54. Quanto al resto, mi piace pensare che sua moglie ne sia rimasta orgogliosa; e questo è quanto.
Riservato ai fan e ai cultori della saga, tutt’altro che memorabile.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Douglas Noël Adams (Cambridge, England 1952 – Santa Barbara, California 2001), scrittore e sceneggiatore radiofonico inglese, laureato in Letteratura Inglese.
Douglas Adams, “Addio, e grazie per tutto il pesce”, Mondadori, Milano 2000.
Traduzione di Laura Serra. In copertina: illustrazione di Geoffrey Grahn.
Prima edizione: “So Long, and Thanks for All The Fish”, 1984.
Adattamento cinematografico: “The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy”, di Garth Jennings, 2005. La sceneggiatura, scritta da Douglas Adams, venne originariamente opzionata da Ivan Reitman. Preferì girare “Ghostbusters”.
La saga completa: “The Hitchiker’s Guide, to the Galaxy” (1979); “The Restaurant at the End of the Universe” (1980), “Life, the Universe and Everything” (1982), “So Long, and Thanks for all the Fish” (1984) e “Mostly Harmless” (1992), protagonisti sempre Arthur Dent e Ford Prefect.
Prime edizioni italiane: “Ristorante al termine dell’universo” (Urania, 1984), “La vita, l’universo e tutto quanto” (Urania, 1984), “Addio, e grazie per tutto il pesce” (Urania, 1986), “Praticamente innocuo” (Urania, 1992). Incompiuto per la morte dell’autore “Il salmone del dubbio” (2002).
Approfondimento in rete: h2g2 / Sito ufficiale di Douglas Adams / Wiki en /
Gianfranco Franchi, agosto 2008.
Prima pubblicazione: Lankelot.
A Luca, Gigi e Zap
Si tratta, fondamentalmente, di un romanzo sentimentale…