Ilios
2015
9788890802416
C'è un altro sentiero per raccontare l'arte e l'intelligenza di Curzio Malaparte: parlare della storia della sua villa di Capri, “una delle più belle architetture italiane dell'era moderna” a dispetto dell'increscioso abuso edilizio originario. Una villa nata dalla creatività dell'architetto Libera e dal vulcanico contributo dello scrittore toscano, che chiamava quella casa “casa come me” e “ritratto di me stesso” (p. 17), e la considerava ideale monumento dei suoi anni di confino.
Come contribuì Malaparte alla creazione della casa dei suoi sogni? Fiancheggiando l'architetto sin dal suo primo progetto, domandando e pretendendo correzioni e variazioni; ritoccando manualmente le foto, graffiando le immagini per apprezzare cambiamenti e modifiche nel cantiere; comportandosi come “l'amorale” che andava ad alterare i disegni d'un uomo “rigoroso”, per dirla con Manfredo Tafuri (p. 28); comportandosi come un artista che pretendeva di sostituirsi a un serio professionista. Tutto ciò è profondamente malapartiano.
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Malaparte, dopo aver cercato invano di acquistare casa ad Ischia, aveva comprato, nel 1937, parecchie migliaia di metri di macchia a bosco fitto caprese: “dalla roccia di Matromania, che è a 200 metri sul mare, al pelo dell'acqua” (p. 11). Aveva comprato pagando poche lire, per via della natura del luogo. Inedificabile, ma non per i gerarchi e per i protetti dal fascismo (altro che confinato...): l'italianissima arte del condono, e il successivo italico rimorso per l'abuso edilizio, erano già parte del gioco. Architetto prescelto, il promettente Adalberto Libera, trentino, tra i promotori del Movimento per l'Architettura Razionale, ideatore del Palazzo dei Congressi dell'EUR.
Il primo progetto risale al marzo 1938; i lavori sono durati quattro anni, 1938-1942. Soprintendenza di Napoli e Ministero avevano dato parere favorevole già dopo una manciata di mesi, perché “le caratteristiche esterne dell'edificio, evidentemente studiate con cura particolare, sono tali da accentuare questa invisibilità soprattutto dalla zona marina circostante” (p. 15). In altre parole: la villa sembra parte della natura, è perfettamente – diciamo così – imboscata. Placet. Prosit.
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Mario Ferrari discute brevemente e appassionatamente la paternità del progetto e il rapporto tra due intellettuali costretti, in un delicato momento storico e politico, a vivere un rapporto tra cliente e committente, non alla pari; l'architetto pugliese ritiene di dover dare la paternità del progetto a Libera perché Malaparte si limitò a domandare consigli ad altri architetti e artisti amici, come Orfeo Tamburi e Alberto Savinio (che donò un quadro, e disegnò delle maioliche), applicando tutta una serie di modifiche. La morale della favola (che, a quanto pare, appassiona molto gli addetti ai lavori) è che “Malaparte non è estraneo alla costruzione del suo edificio così come Libera è l'artefice del processo compositivo” (p. 7).
Ferrari ha confrontato le tre versioni di casa Malaparte attraverso un'analisi grafica comparativa: la prima e l'ultima stesura sono state indagate attraverso la costruzione di modelli architettonici. Questo suo prezioso e fascinoso libretto è stato pubblicato da una nuova casa editrice pugliese, la Ilios di Bari. È un marchio nato per proporre “letture di architettura”, vale a dire per illustrare – non solo per gli addetti ai lavori – un'opera di architettura analizzandone i processi compositivi e costruttivi, raccontandone la storia senza romanzarla.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Mario Ferrari (Bari, 1967), architetto e scrittore italiano. Insegna presso le Facoltà di Architettura di Firenze e Reggio Calabria. Ha pubblicato “Il progetto urbano in Italia” (Alinea, 2005).
Mario Ferrari, “Adalberto Libera. Casa Malaparte a Capri”, Ilios, Bari 2010. Edizione in due lingue. In appendice, fonti bibliografiche.
Prima edizione: 2008.
Gianfranco Franchi, maggio 2010.
Prima pubblicazione: Lankelot.