Il ritratto di Dorian Gray

Il ritratto di Dorian Gray Book Cover Il ritratto di Dorian Gray
Oscar Wilde
Feltrinelli
2013
9788807900587

Un giovane dandy, incarnazione dell’ideale della bellezza, è amato e idolatrato da un artista. L’artista è un pittore che, per la prima volta nel corso della sua esistenza, ha la consapevolezza di poter rappresentare la perfezione in una tela. Il giovane dandy appare, nei primi frangenti del romanzo, incarnazione archetipica dell’ideale della bellezza: è pura innocenza e dolcezza, espressione vivente del canto d’innocenza di Blake. L’artista dunque, da tempo, va dipingendo una tela che esprimerà la purezza e la bellezza (o la purezza incontaminata della bellezza) del giovane sublime. Dorian Gray, questo il suo nome, appare diafano e divino come la Lotte del "Werther", o ancora come il giovane Tadzio di “Morte a Venezia” del Mann; sembra non appartenere a questo tempo, né a questa nostra volgare e disincantata specie. È un’opera d’arte vivente. Un’opera d’arte inconsapevole e incosciente. E allora l’apparizione del suo contraltare, l’alter ego dell’artista di Dublino, il raffinato esteta Lord Henry, provocherà una frattura insanabile nell’equilibrio psichico e intellettuale di questo giovane innocente. Lord Henry è la disillusione e la decadenza della società; l’eleganza, e l’intelligenza della ricerca dell’arte; l’adorazione della giovinezza e della bellezza perdute. Lord Henry diventerà il mentore del giovane Dorian; rapirà, in poche battute, l’opera d’arte vivente all’influenza del pittore. Il pittore osserverà Dorian sprofondare nella vita: abbandonare l’isolamento e la, per così dire, dedizione all’incoscienza, per acquistare consapevolezza della propria natura e del proprio sentiero; fino a perdersi, poco a poco, irrimediabilmente. Il pittore, dunque, “l’arte”, per così dire, “consegna” l’opera d’arte, Dorian, alla vita: e l’iniziatore alla vita è l’esteta elegante e decadente, coscienza del tempo e della società, Lord Henry: Oscar Wilde.

Il cortocircuito insanabile, intuizione geniale dell’opera, è che, ad un tratto, sappiamo conclusa l’opera d’arte del pittore: il ritratto di Dorian Gray è finito. Ed è il ritratto della bellezza, della giovinezza e dell’innocenza: sintesi perfetta dell’archetipo adorato da ogni artista. Dorian e Lord Henry contemplano il quadro. Dorian, adesso, sa leggerlo. Sa intuire e intendere il senso e il significato di quel che il pittore ha rappresentato. Sa di esserne origine, e comprende d’esser potuto divenire origine di un quadro del genere per non aver vissuto mai. Nessuna macchia sul suo spirito, nessuna macchia sulla sua coscienza: egli era incanto e innocenza, purezza e poesia, perché nulla aveva vissuto, e nulla aveva compreso.

In quell’istante Dorian capisce che la giovinezza e la bellezza rimarranno eterne solamente in quell’opera. Invecchierà e perderà il suo segreto e perfetto talento. Si volta verso l’esteta e il pittore, increduli di fronte alla rappresentazione dell’ideale nella tela. Si volta verso di loro, e domanda al demonio di rimanere per sempre l’opera d’arte Dorian Gray. Mai dovrà abbandonarlo la giovinezza, mai dovrà abbandonarlo la bellezza. Il demonio, lusingato, accetta. Di questo ne avremo consapevolezza poco a poco.

Sarà il quadro a invecchiare e a macchiarsi delle colpe e dei peccati – dell’esperienza esistenziale, limitiamoci a questo – di Dorian. Egli manterrà per decenni l’aspetto incontaminato e sublime raffigurato dal pittore. Il quadro assumerà la sua esistenza. Muterà. Si corromperà. Tradirà dolore, e odio, e violenza, e vecchiezza, e dissennatezza e dissolutezza. Dorian potrà contemplare, lui solo, quella tela: leggendola, avrà coscienza della propria anima, della propria perdizione, delle proprie perversioni. Lord Henry, suo mentore, lo introdurrà nel mondo che fino a quel momento Dorian aveva ignorato e trascurato e rifiutato. Dorian rifiuterà rimorsi e rimpianti: sempre più rimarrà fedele alla sua vocazione alla adorazione degli istanti, e alla sua disperata adesione alla lotta per la cristallizzazione del tempo. Lascerà vittime sul campo.

Un amore rifiutato e abbandonato morirà nel suo nome; nessuna colpa segnerà il suo volto. Corromperà e marcirà, lussurioso e lascivo; nessun segno rimarrà sul suo volto. Il ritratto di Dorian, invece, in una segreta stanza del suo appartamento, si corroderà ed esternerà la decadenza del suo spirito. Per un solo osservatore: giacché chi scoprirà il velo funebre che nasconde la tela, non appena scorto l’orribile volto del vero Dorian, non rimarrà più in vita. Dorian non ha più senso etico, né moralità.

Uccide. Ed uccide se stesso ogni giorno. Nessuna tregua richiesta, o sottoscritta nel patto col demonio. Fino alla fine, Gray appare la splendida incarnazione della bellezza e della giovinezza a chiunque lo incontri. Nulla decade, se non la sua anima. Nulla più lo trattiene o lo frena: è dissoluto e non ha amore, né empatia. Possiede, domina, soggioga: s’abbandona alla sensualità, e la sensualità lo inchioda alla vita.

Esiste un rimedio ad un eterno presente: esiste una soluzione al rimpianto e al rimorso impronunciabile, quel rimorso e quel rimpianto che soffoca e, lentamente, diviene incubo e ossessione. Quel rimedio Dorian intuisce e decide sia l’unica e ultima via. L’opera d’arte potrà forse tornare perfetta, allora; e il suo corpo potrà macchiarsi della rovina del tempo, e della propria colpa.

L’esteta decadente e dissoluto torna sui suoi passi. Svela il velo funebre che nasconde l’opera. E si accanisce accoltellando e distruggendo quell’immagine atroce di dolore e responsabilità mai rimosse che ogni giorno,come specchio diabolico, brucia e uccide la speranza. Quale splendore nel suicidio dell’uomo e nel trionfo perfetto dell’arte. Adesso la tela potrà danzare tra le gallerie dei sogni di nuovi artisti; e quell’uomo perduto e sfinito, annullato dalla sua stessa dedizione e devozione alla vita, marcirà nel silenzio. Finalmente la tela abbandona la casa di Dorian Gray; il ritratto è tornato espressione archetipica della bellezza e dell’innocenza, della purezza e della giovinezza.

L’arte ispira l’esistenza. Niente più potrà incarnare l’arte nella vita. Il pittore si dissolve, Dorian Gray si uccide, l’arte eterna domina e sorride.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Oscar Wilde (Dublino, 1856-Parigi, 1900), scrittore, critico letterario ed esteta irlandese.

Oscar Wilde, “Il ritratto di Dorian Gray”, Garzanti, Milano, 1976. Introduzione di F.Marenco, traduzione di M. Amante.

Nella prefazione al romanzo, Wilde scrive: “L’artista è il creatore di cose belle. Rivelare l’arte e nascondere l’artista è il fine dell’arte. Il critico è colui che può tradurre in diversa forma o in nuova sostanza la sua impressione delle cose belle. Tanto le più elevate quanto le più infime forme di critica sono una sorta di autobiografia”

Gianfranco Franchi, novembre 2002.

Prima pubblicazione: ciao.com. A ruota, Lankelot.