Piano B Edizioni
2010
9788896665121
“Io aspetto con ansia un'epoca in cui noi uomini non avremo più nulla da fare e ce ne staremo a letto fino a mezzogiorno, leggeremo due romanzi al giorno, ci ritroveremo tutti insieme per dei deliziosi tè delle cinque, e non ci affaticheremo il cervello con argomenti più ponderosi dello studio degli ultimi modelli di pantaloni e delle disquisizioni attorno alla giacca del signor Jones e sulla stoffa di cui era fatta e se gli stava bene o no. È una prospettiva gloriosa... per i pigri” (Jerome Klapka Jerome, “Pensieri oziosi di un ozioso”, capitolo “Sull'essere pigri”, p. 16).
“Idle Thoughts of an Idle Fellow, a book for an idle holiday” (1886) torna a disposizione del pubblico italiano in una nuova edizione pop firmata PianoB: a centoventicinque anni di distanza, lo humour caustico e corrosivo del grande scrittore e giornalista britannico è rimasto decisamente vivace e trascinante. I quattordici racconti-saggi brevi ospitati nel librotto nato per rallegrare “una vacanza oziosa” sono dedicati a sentimenti e inclinazioni spirituali (pigrizia, malinconia, amore, vanità, timidezza) oppure a frivole digressioni sulla quotidianità (appartamenti ammobiliati, cani e gatti, povertà). L'incipit è una folgorante dedica alla pipa, in versi: umanizzata sino all'eccesso, è l'unica amica che non rinfaccia difetti e non chiede denaro in prestito, è la compagna ideale delle ore di otium e l'unica consolatrice delle sue pene, la suprema confidente delle gioie e delle speranze, e forse per questo è guardata con sospetto da tutte le altre donne.
Jerome scrive senza pensare ad altro che all'intrattenimento: “Questo mio volume – chiosa nella prefazione – non eleverebbe una mucca. In verità, non lo posso raccomandare per nessuno scopo utile”. Insomma, “I pensieri oziosi” nascono per essere un diversivo. Ma la qualità di questo diversivo è così alta che si fatica a non assimilarli alle pagine di grande letteratura. Jerome è il campione d'una ferocia intrisa di profonda umanità, d'una satira individuale e sociale capace d'essere occidentale, non nazionale: d'una adesione empatica ai lati oscuri e grotteschi della psiche che lascia un segno profondo, fa sorridere e umilia – ma senza deprimere. La chiave di lettura è questa qui: “Nei piccoli particolari, non nei grandi risultati, sta l'interesse dell'esistenza” (“Sull'aver successo nel mondo”, p. 52). E non manca di reminiscenze letterarie altissime, per rappresentare lo spirito onesto, semplice e dignitoso delle “verità” acquisite: “Noi vediamo solo indistintamente attraverso le nebbie che avvolgono l'isola delle nostra vita, circondata dal tempo, e udiamo appena il respiro regolare e distante del grande mare, al di là” (“Sul tempo”, p. 67) – e in questo caso dimostra di aver letto per bene le Lettere ai Corinzi.
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Qualche frammento. Incipit di “Sull'essere timidi”: “Tutti i grandi letterati sono timidi. Anch'io lo sono, sebbene, a quanto mi dicono, non lo si noti facilmente. Sono contento che non lo si veda. Una volta la mia timidezza era assai evidente, ed era la causa di molta infelicità per me, e una fonte di disagio per tutti coloro che mi circondavano […]. La sorte del timido non è felice. Gli uomini non lo tollerano, le donne lo disprezzano, lui non si tollera e si disprezza”.
Potente, poi, l'intuizione che la vanità sia un sentimento da usare, senza abusarne: perché “l'onore stesso non è che la forma più alta di vanità”: e allora dovremmo essere così vanitosi da diventare estranei alle bassezze e alle cattiverie, all'egoismo e all'invidia, alla scortesia e alla volgarità. “Ecco – conclude – facciamoci un vanto di pensare elevati pensieri, di compiere magnanime imprese, di vivere una vita senza macchia” (p. 48).
Notevoli – e d'un'attualità sconcertante – i passi dedicati alle difficoltà economiche dei letterati. Divertenti, nonostante tutto, e questo è forse il miracolo: “Incredibile come si acquisti una conoscenza intima e profonda dell'economia domestica quando si è realmente al verde. Se volete scoprire il valore del denaro vivete con quindici scellini la settimana e vedrete quanto potete mettere da parte per l'abbigliamento e i vizi. Scoprirete che vale la pena di aspettare, per un soldino di resto, che vale la pena camminare un paio di chilometri per risparmiare un penny, che un boccale di birra è un lusso che ci si può concedere solo a rari intervalli. Provate la bolletta immediatamente prima di sposarvi: sarà un'esperienza utile. Fatela provare al vostro figlio ed erede, prima di mandarlo all'università. Dopo non brontolerà” (“Sull'essere al verde”, p. 34).
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A Klapka Jerome piaceva raccontare che l'ozio vero esiste solo in contrapposizione al lavoro: il dolce far niente non esiste, la pigrizia non ha senso quando impigrirsi è l'unica cosa da fare. Il momento in cui preferiva starsene con le mani in mano, meditando e ragionando tra sé e sé, era proprio quando aveva la scrivania sommersa da lettere di ogni ordine e grado. Jerome sapeva che l'ozio, come i baci, per esser dolce deve essere rubato. E poi può figliare letteratura. Centovent'anni dopo siamo sempre felici di dargli ragione, e grati per la sua semplicità, la sua ironia, la sua britannica grazia.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Jerome Klapka Jerome (Walsall, 1859 – Northampton, 1927), scrittore, giornalista e umorista britannico.
Jerome Klapka Jerome, “Pensieri oziosi di un ozioso. Un libro per una vacanza oziosa”, PianoB, Prato, 2010. Traduzione di Studio Editoriale 451.
Prima edizione: “Idle Thoughts of an Idle Fellow, a book for an idle holiday”, 1886.
Gianfranco Franchi, luglio 2010.
Prima pubblicazione: Lankelot.