L’apprendista

L'apprendista Book Cover L'apprendista
Gordon Houghton
Meridiano Zero
2010
9788882372170

Leggendario redattore – ed editor – di una rivista di recensioni e critiche dei videogames come “Zzap!”, indistruttibile totem (per le stroncature, e non solo) della mia generazione, cresciuta (bene) leggendo ogni mese la sua edizione italiana e quindi la sua gemella (per l'Amiga) “K”, Gordon Houghton è diventato romanziere. Ce ne accorgiamo, con una discreta dozzina d'anni di differita, grazie alla traduzione del suo secondo romanzo, “L'apprendista”, pubblicata da Meridiano Zero nel 2010. Subito una buona notizia per quei bambini/ragazzini oggi ultratrentenni che leggevano “Zzap!”: vi ricordate lo stile cattivello, ironico, pungente e dissacrante di quegli articoli? Nostalgia eh? Tranquilli: è passato per bene nella narrativa del letterato Houghton. Ed è passato tanto liscio che sua maestà Neil Gaiman ha speso buone parole per questo suo romanzo.

“L'apprendista” è un romanzo che farà la gioia dei lettori di Tiziano Sclavi, qui in Italia. Tre buone ragioni: ridicolizza la morte, è citazionista sino al parossismo (sì, c'è il “Settimo Sigillo”), si prende gioco del male ma è completamente intriso di male. È una sorta di romanzo horror – meglio: un horror fantastico – fondato su questa interessante premessa: quando moriamo, non moriamo del tutto. Viviamo una sorta di vita altra come cadaveri, certamente molto silenziosa ma non estranea alla comunicazione (un mezzo morse, tra una bara e l'altra), e intanto andiamo gioiosamente decomponendoci. A pochi fortunati può succedere qualcosa di veramente incredibile. Quanto incredibile? Immaginate soltanto che Morte, Carestia, Guerra e Pestilenza (e il giovane, ambizioso Rissa) prendono e vengono a riesumarvi, correggendo – per quanto possibile – quanto accaduto nel frattempo, e vi tengono nel loro ufficio per un periodo di prova. Serve un garzone che impari il mestiere, perché il vecchio Ade ha fatto una brutta fine.

Questo è quanto accade al nostro narratore. Era morto da un'eternità quando ha sentito bussare al coperchio della bara. Ci ha messo un pezzo ad aprire la bocca e a chiedere chi è, un po' per incredulità, un po' per paura di smascellarsi. Alla Yorick. E quando s'è ritrovato zombie, ha dovuto accettare, con inglese indifferenza, d'aver misteriosamente perduto, nel frattempo, varie dita, qua e là, e un pene. Intero. In compenso, le vene si sono inondate di sangue nuovo, le ossa si sono distese e rafforzate, i muscoli si sono tesi, di scatto, e la pelle è tutta un brivido per il ritorno di certe sensazioni. La morte non era mai stata così eccitante.

Certo, sulle prime è un po' perplesso per questo suo ritorno sulle scene. S'era abituato a starsene tutto tranquillo nella bara, al sicuro, tutto protetto. Là dentro nessuno viene a cercarti, non c'è più nessun pericolo. Soprattutto, aveva imparato ad amare “quel dolce odore di terra e decomposizione”: la prima doccia è un disastro, il suo nuovo odore gli risulta del tutto sgradito. E poi, “Nessun cimitero del paese mi avrebbe più accettato”, in quelle condizioni. Adesso la morte è cambiata, è passato da un'altra parte della barricata. Perché?

“I morti – la paziente massa di cadaveri che aspettano il giorno del Giudizio Universale – sono una specie totalmente diversa, quella che includeva anche me fino a poco tempo fa. Sono a sangue freddo, pigri, socialmente inetti e indifferenti a quasi tutto tranne che alla propria sicurezza. Hanno una pelle cerea e pallida anche quando è intatta. Vengono mangiati ed espulsi da altre creature. I non morti – gli zombi – stanno a cavallo dell'abisso tra i due. Il nostro sangue è freddo e scorre lento; possiamo stare in piedi ma ci viene più facile cadere; desideriamo la vita e le sensazioni senza mai davvero comprenderle; vogliamo fare domande ma facciamo fatica a trovare il momento giusto e le parole adatte. Abbiamo la pelle grigiastra e irrigidita, ma ci vuole poco per mascherarla. Uno giorni mangia ed espelle, ma la sua alimentazione di solito si limita alla carne viva. Questo rovina la digestione” (p. 48).

La Morte, poi – pardon: “il” Morte – è ben diversa da come ce la descrivono. Il Morte è altissimo, parlotta tenendo le mani in tasca. Non ha nessun cappello, è pallido, ha pochi capelli neri. Ispidi. Ha una sciarpa grigio chiara e un lungo cappotto spinato di tweed. Lo riconosci giusto per la targhetta dorata a forma di falce, sul risvolto del cappotto. Ha il suo ufficio, un'agenzia. È una casa di angolo, due piani, una scala che porta giù in cantina; un piccolo parco macchine, parecchi ospiti da sistemare (il trasloco già l'angoscia). Dopo tanti millenni, s'è stancato. Purtroppo, dopo i primi mille anni, ha cominciato, assieme ai suoi compagni, a riconoscere gli schemi, e ad annoiarsi. Ha perso le motivazioni, a differenza di Guerra e Pestilenza, e non è giovane come Rissa. Cerca una gratifica impossibile, tira avanti. Ma è dura.

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L'apprendista del vecchio Morte è uno che dovrà convincere il Grande Capo d'essere adatto a quel lavoro, oppure dovrà tornarsene nella tomba. Nel frattempo, ha perso la memoria, e lentamente ricorda tutto quel che gli era capitato. Era un giovane detective un po' sfortunato, superficiale, guardone (“Leisure Suit Larry”). Era morto giovane, ventotto anni. Il nodo è ricordarsi come. Non è l'unico nodo, no. Il tempo è poco, ma l'apprendista saprà giocarselo per bene.

“The Apprentice” è un piacevole giocattolone gotico, macabro e nero, caratterizzato da un'ironia molto inglese, ma molto famigliare al pubblico italiano cresciuto con Dylan Dog; più ancora per quei ragazzi nati negli anni Settanta (forse anche Sessanta...) che studiavano quali dischetti del Commodore64 comprare (o farsi piratare) solo dopo aver letto “Zzap!”. Parecchi di noi si ricordano le parole magiche. Voglio ripeterle.

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E poi succedeva una cosa del genere. Guardate qui. Fatto? Chi si stupisce della fantasia di Gordon Houghton non ha mai giocato a computer, da bambino. Non è mai saltato sulle lapidi giocando a “Ghosts'n'Goblins”, ammazzando zombi pixelosi come niente fosse. Non sa quanti cortocircuiti stiamo facendo confondendo le vecchie avventure con i nuovi libri. E quanto ci divertiamo (sì, basta poco). E questo è quanto.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Gordon Houghton (Blackburn, 1965), scrittore inglese, ex redattore del leggendario “Zzap!”.

Gordon Houghton, “L'apprendista”, Meridiano Zero, Padova 2010. Collana “Primo Parallelo”, 46. Traduzione di Stefania Sapuppo.

Prima edizione: “The Apprentice”, 1999.

Gianfranco Franchi, marzo 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.