Arpanet
2009
9788874260751
“Sei lì da quattordici anni, uno uguale all'altro, mese, giorno, ora, minuto, uno uguale all'altro, sino ad oggi, fino alle undici e cinquantasette, quando, steso nel tuo stesso sangue, per la prima volta da quattordici anni ti accorgi di quanto bianca sia la luce dei neon” (p. 22)
Esordio di Giovanni Di Benedetto, letterato partenopeo classe 1987, il racconto “L'ultimo metro” (Arpanet, 2009; ispirato dal “Vagabondo delle stelle” di Jack London), mostra buone capacità descrittive (sino al parossismo) e un'ottima visività: è un promettente esercizio di stile tinto di buon sentimento e di un limpido fascino pop. È la storia di un clochard, ex grande innamorato della letteratura, distrutto dalle cose della vita; un amore spezzato dal destino, e nessuna voglia di tornare a vivere tra gli altri. Nessun futuro, e un passato troppo doloroso da sopportare.
Il nostro narratore abita da quattordici anni al binario 11 della metro di Place de la Republique, e una notte si ritrova a essere vittima del pestaggio di tre ragazzotti – in una scena che ricorda vagamente “Arancia meccanica”, manca soltanto lo slang sconnesso e sghembo dei drughi. Non riesce a muovere più nulla che non siano le sue palpebre; ha la schiena a pezzi. La metro riaprirà sei ore più tardi, non c'è speranza di soccorso. Allora il clochard vuole riuscire a inventarsi qualcosa lo stesso, non importa se non può più muoversi. Fantasia, serve fantasia. Fantasia, non speranza. Fantasia, e infine memoria.
Prima pensa al suo funerale, e sbuffa perché una cosa del genere non gli capita da quando aveva quattordici anni; poi s'affanna a ritrovare memorie dei suoi genitori, da tempo perduti; infine, passa a pensare a una vecchia conoscenza del metro, Jerome Doinel, che gli aveva insegnato un concetto fondamentale: “ricordare è come pregare”. Già, proprio come diceva Darrell nel “Vagabondo” di London.
“Lui, rinchiuso nella sua tre per due di San Quentin, ogni notte evadeva dal suo corpo e vagava tra le stelle, alla ricerca delle sue esistenze passate. Ed è quello che farò anche io stanotte, durante queste ultime ore che mi restano. (…) E poi sarà la morte, e i suoi occhi che diventano notte” (p. 32)
E ricordando e pregando si riaffaccia il viso di lei, e tornano tutte le emozioni che avevano vissuto assieme; quando tutto si tinge di nero, scompare il ricordo del male, e non c'è più nessun prezzo da pagare al destino.
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Promettenti si rivelano sia la semplicità della vicenda raccontata, sia lo stile piano – non ancora asciutto, ma è normale considerata la giovanissima età del narratore – sia la buona quantità di reminiscenze e di omaggi concentrati in un ridotto numero di pagine: si va da Leonard Cohen a Nick Drake, da Hemingway a Kerouac, da Céline ad Hemingway. Il ragazzo si farà. Legge e ascolta grandi cose, e scrive con sentimento e profonda umanità. Avanti, Giovanni!
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Giovanni Di Benedetto (Cercola, Napoli 1987), speaker e scrittore napoletano, laureato in Lettere Moderne.
Giovanni Di Benedetto, “L'ultimo metro”, Arpanet, Milano 2009.
ISBN 9788874260751
Gianfranco Franchi, gennaio 2010.
Prima pubblicazione: Lankelot.