Kaddish profano per il corpo perduto

Kaddish profano per il corpo perduto Book Cover Kaddish profano per il corpo perduto
Francesca Mazzucato
Azimut
2008
9788860030634

Scrittura dell’anima: nuda, coraggiosa e autentica, non mediata e non condizionata da niente, è sonda delle intenzioni profonde e delle reali condizioni dello spirito dell’autrice. Scrittura per riflettere sulla scrittura: sul senso di un’esistenza consegnata alla scrittura, dominata dalla scrittura, dipendente dalle fortune della scrittura. Il nuovo romanzo di Francesca Mazzucato, “Kaddish profano per il corpo perduto”, va considerato non soltanto come lirica e analitica autobiografia: ha il sapore del lascito, del redde rationem e del rilancio. Della definitiva presa di coscienza sulla propria identità, sui conflitti tra l’anima e il corpo, sull’appartenenza alla letteratura: sulla caducità dei riconoscimenti pubblici e professionali, ma non della propria fede nell’arte.

Il libro amalgama diversi intrecci: se il plot sembra incentrato sul rapporto tra la scrittrice e il suo mestiere, i subplot vanno prima a scandagliare la problematica accettazione del corpo d’una donna adulta che soffre perché si sente grassa, quindi a restituire alla memoria flashback (p. 85: “I flashback mi concedono una pausa parziale dal senso oppressivo dell’essere mortale, mi riportano in qualcosa che non è più e sussurrano la loro sinfonia che addormenta (…)”) e ricordi d’infanzia, adolescenza e giovinezza – prepotente la centralità della figura paterna, e del suo condiviso amore per Glenn Gould – infine a raccontare un viaggio non più di formazione, ma di iniziazione alla volta di una delle ex capitali della perduta, secolare Mitteleuropa absburgica, quella Budapest ancora segnata dalla decimazione degli ebrei durante l’occupazione tedesca e dalle violenze dell’atroce occupazione sovietica: una città percepita – non è un caso, e non è raro in questo periodo storico – come realtà dell’est per via dell’esperienza socialista secondonovecentesca. La voce letteraria magiara prescelta, come reminiscenza guida, è quella di Imre Kertész: il titolo dell’opera prescelto omaggia il suo “Kaddish per un bambino non nato” (il Kaddish o Qaddìsh è una delle più antiche preghiere ebraiche), la presenza dell’artista è davvero simile a quella di una sorta di Virgilio. È Kertész il medium della Budapest della Mazzucato e il dramma del suo popolo è una chiave per orientarsi in questa nuova cognizione del dolore: “Gli echi di Imre Kertész ritornano ciclicamente, parti sottolineate dei suoi libri, senza destino, essere senza destino, fateless. The fateless story of everyone. I suoi libri sono pieni di orecchie, di punti esclamativi accanto alle frasi. ‘Una donna calva in vestaglia rossa sedeva dinanzi allo specchio’. La immagino, mi pare di vederne la fisionomia ovunque, in controluce, dietro le finestre. Mi aspetto anche di incontrarla, faccio attenzione, per la strada” (p. 75).

Torniamo al subplot primario. Si parla di un corpo trascurato e straniero, di un’artista “soffocata di inerzia e paura”, affogata dal grasso (p. 9): sino a sentirsi lapidata dal suo corpo (p. 12), dal confronto con le tre cifre che appaiono sulla bilancia. Si confronta la straripante letteratura sull’anoressia e la sua cifra modaiola, con l’assenza di pagine sulle donne grasse. “Si sono messe a scrivere tutte insieme, i loro libri hanno creato un filone privo di contrappasso, agli obesi niente. Non c’è traccia di parola data. Di narrazione diventata moda” (p. 16). Nella fu Mauritania la situazione è ben diversa, la percezione del grasso s’assimila alla bellezza: niente di paragonabile a quel che avviene in Occidente, dove i disturbi anoressici femminili sono diventati grottesca cifra stilistica – quasi, per certa gente, assurda ragione di fascino.

Questo libro è la storia di un conflitto tra anima e carne: s’indaga la carne per riequilibrare e riarmonizzare una relazione complessa e dolorosa. E intanto, una lettura psicanalitica potrebbe spiegare che un legame con la “malattia” (p. 11) della scrittura c’è. Tumultuoso, totalizzante.

Anarchica come il suo corpo, la Mazzucato si sente cane sciolto senza padri padroni, padrini e via dicendo. Se ne frega delle lusinghe del povero mondo dell’editoria, della carta destinata a logorarsi e ingiallire: denuncia le condizioni di isolamento, di scarsa quando nulla dignità dei letterati – traduttori e scrittori in primis (“chiamarlo lavoro, un ossimoro” p. 45) – con l’eccezione di quei pochi che riescono a restare al centro dell’attenzione, soprattutto televisiva. C’è qualche ricordo degli anni di popolarità mediatica, a inizio carriera, con una sensazione mista di incredulità e diffidenza per quanto avvenuto: nessun rimpianto, solo la consapevolezza che quella visibilità si conquista anche con un’arma, quella del corpo, che l’artista sente come un peso; perché rifiuta la coincidenza tra libro e autore, rifiuta la confezionata coincidenza libro-autore.

Tanti amanti e pochi amori – l’unico eterno è quello per la Letteratura. La scrittura vive di sé stessa. La scissione è chiara. È come se un grosso blocco di ghiaccio si staccasse da un iceberg, e andasse navigando per l’oceano senza essere mosso da altra volontà e altra direzione che non sia: arte.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Francesca Mazzucato (Bologna, 1965), scrittrice, giornalista free-lance e traduttrice, è editor e consulente di case editrici. Ha scritto per il teatro e tiene corsi di scrittura creativa. Ha esordito pubblicando “La sottomissione di Ludovica” (Borelli-Pizzo Nero, 1995) e “Hot Line” (Einaudi 1996).

Francesca Mazzucato, “Kaddish profano per il corpo perduto”, Azimut, Roma 2008. Copertina di Adriana Merola. In appendice, “Riferimenti, note e debiti”.

Collana Aión, 16. Spirito di Aión: “Collana di narrativa, e di poesia, italiana e straniera, riservata a scrittori che hanno segnato la storia della letteratura. Aión è l’attimo fermato. L'istante, quasi cristallizzato, contrapposto al tempo misurabile (kronos). Il tempo incorporeo dell'arte” (fonte: sito ufficiale).

Gianfranco Franchi, aprile 2008.

Prima pubblicazione: Lankelot.