Elliot Edizioni
2009
9788861920798
“La sorpresa” è questa: tutti i migliori racconti di Cancogni, scrittore toscano classe 1916, raccolti in volume, per la gioia degli studiosi di Letteratura Italiana e dei vecchi lettori dell'artista versiliese. I brani inclusi in questa edizione, apparsi tra 1938 e 1995 su riviste, quotidiani, antologie e plaquette, sono suddivisi in due parti; la prima include, con due eccezioni, prose composte entro il 1948; la seconda, pezzi scritti tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta, dopo un grande intervallo di estraneità alla narrativa di breve respiro, con poche eccezioni provenienti dai due decenni precedenti.
Simone Caltabellota, curatore dell'opera, scrive, aggettivando a volontà e con non poco entusiasmo, che “La sorpresa” “raccoglie per la prima volta in un unico volume un'ampia scelta dei racconti di Manlio Cancogni (…). Quel che rende la sua scrittura unica e magistrale è la voce inconfondibile e sicura, fuori dal tempo ed estranea alle mode, sintetica e insieme attraversata improvvisamente da lampi di poesia (…): una combinazione semplice e perfetta di freschezza e luminosità, che proprio nella misura del racconto trova forse la sua espressione migliore e più felice” (Bandella Elliot, 2009).
Cancogni considera il racconto “il più naturale, e allo stesso tempo più difficile, genere letterario” (cfr. “Presentazione dell'autore”, p. 8). Quando iniziò a scriverne, i suoi modelli erano James Joyce e Sherwood Anderson (“Solitudine”); quindi, divennero Raymond Carver, Flannery O'Connor, Cheever, Delfini, Landolfi, Bassani, Bilenchi, Tobino (“La gelosia del marinaio”, 1942) e il suo grande sodale Cassola, amico-nemico (cfr. “Intervista”, pp. 365-378).
Tutto chiaro, sin qui? Bene, passiamo alle mie impressioni post lettura... Cancogni ha un difetto principe: è sempre debolissimo negli incipit. Non ricordo di aver letto una così grande quantità di incipit fiacchi in una raccolta di racconti; segno del desiderio di distaccarsi dallo stile giornalistico, forse, oppure della volontà di concentrare altrove lo sguardo del lettore. Cancogni non ti cattura, ti chiede ascolto e sembra dirti – vedi tu. Le trame sono sempre minime, le storie minimaliste ed essenziali: nella prima parte, quella giovanile, si spazia dal vagabondaggio giovanile per via Salaria, assieme ai compagni, sino ai giochi di guerra nei parchi; si racconta la sfortunata sorte di giocattoli semplici ma desideratissimi (“La palla bianca”) e si accenna a vaghe vicende sentimentali o amorose (“Gita con Leo”); i momenti migliori si riferiscono alle sintetiche memorie di guerra (“La tana”) e ai simbolismi spiccioli; in questo caso il taglio a zero dei capelli, in “Arrivo a Canevara” l'ingiusta ridistribuzione dei beni di un forestiero guardone e sfortunato. Allucinazioni figlie della solitudine in “L'incontro straordinario”; allegoria dei contrasti tra patrioti e socialisti nelle bizzarre (ma non troppo) “Memorie di un gatto ottuagenario”.
Cancogni scrive con grande semplicità e chiarezza, senza virtuosismi e senza nessuna ricercatezza; è un narratore equilibrato, ordinato e sinceramente manierista: accenna appena a qualche minimo simbolismo, ma sempre con approccio scolastico. È un narratore molto descrittivo, ma queste descrizioni tendono a sfociare quando nel manierismo quando nella didascalia pura; altrimenti, appare una strana vaghezza – Caltabellota parla di “squarci di poesia” - come se tutto a un tratto questo scrittore, molto attento a tutti i dettagli e a tutte le sfumature, volesse lasciare spazio al condizionale. Quando Cancogni apre al condizionale allora devia dal suo ineccepibile ordine.
La seconda parte, quella “anziana” (non adulta: passano 50 anni tra i vecchi e i nuovi racconti) stilisticamente non mostra nessun cambiamento rilevante (questo è davvero sbalorditivo: è rimasto fermo, in un certo senso, estraneo a qualsiasi accelerazione, a qualsiasi cambiamento di ritmo); gli argomenti, invece, e certe storie, sembrano decisamente più affascinanti. A volte è la scelta dell'ambientazione (aeroplano) a spiazzare e a interessare (“Volo nella notte”, “Metamorfosi”), a dispetto degli scarsissimi eventi dettagliati; altrove è il tono di un vecchio scrittore e di un ex grande amatore, amaro e pieno di rimpianti, a conquistare: rancoroso in “Maldicenza”, nostalgico dei casini e delle donne che nei casini amava in vari frangenti, sedotto dalle passioni in terza e quarta età in “La mort des amants”, fedele alle memorie di guerra in “Soldati”. In questa seconda parte dell'opera troverete quelli che giudico i migliori pezzi in assoluto della raccolta, quelli degni delle future antologie e del vostro prossimo acquisto del libro; si tratta del racconto eponimo, “La sorpresa”, racconto del fortunoso rinvenimento di una borsa appartenuta al narratore, su una bancarella, a trent'anni di distanza; e dei ricordi che conteneva, e delle storie che nascondeva, e del magnifico “La parete”, che sembra quasi scritto da Giani Stuparich: è la descrizione della difficile arrampicata di una parete di roccia; a salire è una delle figlie del narratore: a osservare la scena, lui e l'altra figlioletta. La simbologia è molto forte e la resa – stavolta sì – magistrale.
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Non condivido alcune battute della bandella dell'amico Caltabellota. La voce dell'autore è “sicura”, non ci piove, ma “inconfondibile” davvero non mi sogno di dirlo; Cancogni non mi sembra artista capace di sbalordire o di sedurre per la scrittura, per il periodare o per le scelte lessicali: nel mio immaginario, rimarrà una sorta di “cronista delle piccole cose”, uno che vuole suggerirci che tutto può essere raccontato, e che nelle cose minime si nascondono significati profondi. Niente di nuovo all'orizzonte, ma con molto garbo e una invidiabile semplicità. Anche eccessiva. Posso condividere “l'estraneità alle mode”, ma niente affatto il “fuori dal tempo”: personaggi, storie, eventi, tutto è personale e ben radicato nel tempo. Sempre. Cancogni non se ne va mai via dal presente, dalle storie e dalle vite che ha vissuto e testimoniato. L'unico sradicamento semmai è spaziale; l'alter ego di Cancogni, narratore di vari pezzi, è uno che sente – proprio come l'autore del libro – di non essere appartenuto a nessuna terra e nessuna città in particolare, lamentando a più riprese traslochi biennali e difficili ricordi di Roma – in particolare – nonostante l'infanzia. Non è un caso se un racconto sia ambientato in uno studio notarile per un passaggio di proprietà; a essere venduta, guarda caso, è proprio un'abitazione capitolina. La moglie aiuta il narratore a seppellire presto le embrionali e zoppicanti nostalgie per la Roma che un tempo conobbe. Infine, sì, Cancogni è senza dubbio “sintetico”, ma poetico non saprei dirlo; questa scrittura non è certo prosa lirica, e non ha nessun titolo per allinearsi a quella tradizione. È fresco come il pane di qualche giorno fa, ma a me il pane piace sempre, basta scaldarlo un po': sei d'accordo, Simone? Il pane è sempre buono. La ricetta è la più antica del mondo. Non credo esistano molte varianti; la differenza la fa dove si va a mangiare il pane, e in compagnia di chi. Ti dico, bruscarlo per bene, versare un po' d'olio, aggiungere un pizzico di sale e strusciarci un po' d'aglio non è detto che faccia male. L'apparato critico, pubblicato post racconti, in questo senso, funziona bene. Bel lavoro.
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“Non ci poteva essere uomo più pacifico di lui. E tuttavia pronunciò frasi di sterminio e di morte con una sorte d'esaltazione guerriera. Che gliene veniva a lui dai sussulti del mondo? Soltanto del male, non v'è dubbio. Ma chi può comprendere dov'è il male di una persona, la sua vera ferita?” (Cancogni, “Questione di tappi”, in “La sorpresa”, Parte Prima, p. 71).
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Manlio Cancogni (Bologna, 1916-Pietrasanta, 2015), giornalista e scrittore italiano, originario della Versilia. Ha pubblicato i primi racconti su “Frontespizio” e “Letteratura”, è stato inviato dell'“Europeo” e dell'“Espresso”; ha esordito in narrativa pubblicando “Delitto sullo scoglio” (1942).
Manlio Cancogni, “La sorpresa. Racconti 1936-1993”, Elliot, Roma 2009. Collana “Raggi”. Edizione a cura di Simone Caltabellota. Presentazione dell'autore. In appendice, “Letteratura, vita e sublimine. Conversazione con Manlio Cancogni”, “Biografia di MC raccontata da lui medesimo”, Bibliografia e Nota del Curatore. Copertina di Maurizio Ceccato.
Gianfranco Franchi, agosto 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot.