Alexandros
2002
“One year floods rose, / One year they fought in the snows, / One year hail fell, breaking the trees and the walls / […] / And the Emperor came down and knighted us, / And they had a wooden castle set up for fiesta, / And one year B. went out into the courtyard / Where the lists were, and the palisades / had been set for the tourneys, / And he talked down the anti-Hellene” (Ezra Pound, “Cantos IX”. Frammento decontestualizzato, alterato e (ir)ragionevolmente isolato).
L’esordio del giovane artista romano Federico Magi, classe 1973, è composto da trentasette poesie – sprigionate da un artista “ubriaco d’amore e di vita”, che vive “al di là del vero”; anima che sogna di privarsi del “mestiere di essere”: “Amore di rivolta” è il lascito d’un’anima che ha vissuto un amore irripetibile, incandescente e innocente – e adesso, da “re del niente”, va indagando l’essenza di chi lo conobbe e di chi lo folgorò, irrimediabilmente, e di quel che fu – del senso che aveva e avrebbe potuto avere ancora (sempre) il pronome “noi”. È una raccolta non estranea alla grande tradizione pop cantautoriale italiana, immersa nel magma inestinguibile della poetica e dei topoi dell’amore cavalleresco – tradizione immutata e vena princeps dei nostri lirici – e scandita da ballate e rime dedicate a una musa distante ma incancellabile. “Nightswimming, deserves a quiet night...”. L’amore cantato da un poeta eretico è “(…) rivolta, è moto di rivoluzione, è un tempo senza tempo, è universale incondizionato e fiero, un’evoluzione dell’anima. È catarsi allo stato puro, essenziale, totale. L’amore è amore per la vita, è un sentimento che genera tempeste per poi trovare quiete e ritornar tempesta. Il vero amore non conosce ostacoli o confini e soprattutto sa perdonare. Per questo è amore di rivolta” (dalla presentazione dell’autore). Non basta: memoria del sentimento d’appartenenza e di fusione perduta implica malessere e renitenza (a: l’esistenza, e ai dogmi, alle prassi e alle consuetudini d’un sistema politico e sociale percepito come estraneo, e combattuto), unica consolazione il canto – ecco che poesia va a sublimare dolore e risentimento, a eternare il passato e a scolpire un futuro impronunciabile; dove forse possa essere ancora che (il sogno: s’incarni).
Orgogliosa consapevolezza di distacco e renitenza all’egida e alle logiche della contemporaneità, si diceva: ad esempio, nell’emblematica “Venti contrari”, dove Magi scrive: “Della lista è vero sono il primo / perché non mi mischio in questo tempo / passeggiando coi miei amici controvento / che sordi come me lasciano le carte sul banco / oggi il cielo per noi è un porto franco” (p. 26): nel segno d’un cammino “mai pavido, ma antagonista” (“Tracce d’infinito”), presentendo e annunciando l’avvento d’un saggio destinato a “indicare la strada / aprendoci il passaggio” (“Figli dell’immensità”); coscienza d’estraneità alla menzogna partitica dell’abortita democrazia parlamentare coeva non preclude speranza; nel tempo nuovo, risorgimento autentico, e rigenerazione. Intanto, cantare: il sentimento vissuto, l’amore terminato ma non perduto; relazioni possono dissolversi, emozioni e sentimenti rimanere nel tempo – a dispetto di contingenze, tradimenti e menzogne, intatti.
L’artista va agognando l’equilibrio impeccabile dell’asceta (cfr. “In quiete e in tempesta”, dove si contraddice nel suo dolore): frattanto, perduto tra rimorso, rimpianto ed evocazione d’un passato forse irripetibile, dona all’ormai lontana amata consigli, esperienze e frammenti d’eternità (per: illuminazioni e interiorizzazioni) e illumina sentieri di ricerca, e d’espressione – è, chiaramente, un’eredità in versi: Magi sembra implorare chi va leggendo: “non lasciarla evaporare” (“Confidenze”).
Il male non ha infranto la fiducia nell’avvenire: “un fiore nel cielo è pronto a sbocciare” (“Un fiore nel cielo”); ancora, sempre nella stessa poesia, “insensato disertare” – a rappresentare consapevolezza dell’estensione del dominio della lotta, e della sua valenza al di là dei rovesci della sorte, e delle incomprensioni, e delle rotture sentimentali; opposizione alle angherie e alle sopraffazioni del niente, vagheggiando e pretendendo meta nuova (che sia: catarsi, liberazione e rifondazione dell’esistenza, e sradicamento dei veleni e delle menzogne).
A metà strada tra un album di musica cantautoriale e una raccolta di filastrocche e di favole esistenziali, “Amore di rivolta” è lo scrigno dei segreti d’un’anima ferita e gentile; che ha vissuto molto, senza dimenticare d’aver conosciuto l’estasi (apoteosi è quell’azzurro che può tornare; infrangendo la logica, e la prevedibilità; fragorosamente, sbarellando).
È una poesia intimista, che in sé va custodendo embrione di satira politica e sociale – è quindi fondamentalmente lirica d’amore, nel senso più puro e spirituale del termine, in opposizione (quindi: “lirica antagonista”) all’autoreferenziale sperimentalismo tardo avanguardista e alla ludica disposizione post-futurista; è omaggio al suono e ai sensi, in un tempo che pare estraneo ai significati e immune al senso. È atipico, ma non barbarico.
Il messaggio è chiaro e inconfutabile – e regalato all’anima d’una lettrice ideale, che non è difficile immaginare possa coincidere con la musa unica. L’amore non conosce ostacoli e sa perdonare – e risorgere, per non più svanire. Etsi mortuus, urit. Nel canto.
“Per l’amor dei poeti, porte / Aperte de la morte / Su l’infinito! / Per l’amor dei poeti / Principessa il mio sogno vanito / Nei gorghi de la Sorte!” (Dino Campana, “La speranza”).
PAROLE D’AUTORE (di Federico Magi)
«La più bella considerazione che ricordo sul mio “Amore di Rivolta” fu quella di una ragazza che ebbe a dirmi: “Pensavo fosse la solita raccolta di poesie messa insieme per esorcizzare un amore estinto, un linguaggio per te e per nessun altro; forse lagnoso, vagamente sentimentalistico e irrimediabilmente consueto. Invece, con sorpresa, ho trovato un messaggio forte della sua unicità, mai lagnoso o egoicamente autoreferenziale, destinato a chiunque abiti le passioni profonde”. Lo ricordo ancora questo commento, di una compagna di viaggio ora altrove, lo ricordo con gioia e una punta d’orgoglio; non è stato l’unico su questi toni, ma il più deciso, il più partecipato, il più vissuto da vicino. Più di questo non vorrei aggiungere, se non ringraziare Lankelot (Gianfranco Franchi) per le sue belle parole, per la sua amicizia (di cui mi onoro sinceramente) e per i meravigliosi versi di Ezra Pound e Dino Campana (che lui sa essere i miei poeti preferiti). Il mio grazie ultimo va a chiunque abbia incarnato suggestioni, fatti, personaggi e sogni contenuti nella raccolta, ai luoghi evocativi del ricordo e alla mia disposizione interiore (capace di fondere l’onirico, il reale, la memoria e l’attesa del divenire; la lotta, l’orgoglio, il rifiuto del consueto e un’ idea che non muore). L’ultimo pensiero è per chi mi ispirò (una “Lei” che ha racchiuso e oscurato le “lei” precedenti), l’incarnazione del mio “Amore di Rivolta” (contro il buio e verso la luce), certezza, unità e ricomposizione del mio canto, frammento fuggevole e trattenuto della memoria, distorsione del reale e annientamento del tempo, albergante in me per risvegliare, ogni volta che dimentico la via, l’incanto del poeta.» (Federico Magi, maggio 2005)
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Federico Magi, “Léon”, (Roma, 1973), educatore e poeta italiano.
Federico Magi, “Amore di rivolta”, Aléxandros (Tilopa), Roma 2002. Presentazione dell’autore.
“Trees die & the dream remains / Not love but that love flows from it / ex animo / & cannot ergo delight in itself / but only in the love flowing from it. / UBI AMOR IBI OCULUS EST” (Ezra Pound, “Canto 90”. Frammento decontestualizzato e (ir)ragionevolmente isolato)
Gianfranco Franchi, aprile-maggio 2005.
Prima pubblicazione: Lankelot.