Lontano dal pianeta silenzioso

Lontano dal pianeta silenzioso Book Cover Lontano dal pianeta silenzioso
C.S. Lewis
Adelphi
2011
9788845925870

Cultori di H.G. Wells? Jack vi chiama in causa proprio nelle prime battute. Appassionati di fantascienza? Perfetto. Curiosi di sapere cosa succede quando la fantascienza incontra la metafisica? Allora ci siamo proprio.

Benvenuti nella Trilogia Spaziale di C.S. Lewis – nota in patria come “Space Trilogy”, “Ransom Trilogy” o “Cosmic Trilogy”. L’opera – questo vuole la vulgata – nacque nell’ambito d’una scommessa tra Tolkien e Lewis, alfieri del Circolo di Inklings: Lewis avrebbe scritto una storia ambientata “lontano nello spazio”, mentre Tolkien si sarebbe misurato con qualcosa che fosse “lontano nel tempo”. Ne derivarono “The Lost Road”, a firma Tolkien, edito postumo, lavoro prodromico de “Il Signore degli Anelli”, e questa trilogia, composta tra 1938 e 1945: “Lontano dal pianeta silenzioso”, “Perelandra” e “Quell’orribile forza”.

La mia trattazione parte da “Lontano del pianeta silenzioso”. Sgombriamo il campo dagli equivoci: è un grande primo libro, scritto con classe e intelligenza, mantenendo un notevole equilibrio; la trama si dipana con armonia e l’incontro con l’alterità aliena è quando lirico, quando suggestivo: sempre coinvolgente, sempre appassionante. “Lontano del pianeta silenzioso” avvince e cattura il lettore con grande naturalezza.

Protagonista è un filologo, Ransom (Tolkien? Tolkien): nelle prime battute, sacco sulle spalle, carta topografica in tasca, va cercando alloggio per le campagne inglesi. È in vacanza da solo e si gode la sua solitudine. Lewis lo introduce così, dopo aver accennato alla sua trasandatezza: “A prima vista si sarebbe potuto facilmente scambiarlo per un dottore o per un maestro di scuola, sebbene non avesse l’aria mondana dell’uno o l’indefinibile svagatezza dell’altro. Difatti egli era filologo, e membro di una facoltà di Cambridge” (p. 10). È stanco, cerca alloggio. Troverà invece una rissa che andrà sedando, riconoscerà tra i picchiatori un fisico che aveva conosciuto negli anni dell’Università, Devine – ma sarà talmente stanco che nemmeno ricorderà d’averlo sempre detestato – accetterà la sua ospitalità, finirà drogato e al suo risveglio molte cose saranno diverse. Devine e il suo collega Weston, tenebroso alfiere dell’ “idealismo scientifico”, hanno infatti scoperto come viaggiare tra i pianeti: stavano giusto cercando un esemplare da consegnare a qualcuno…

Lewis è magistrale mentre descrive la progressiva presa di coscienza del suo protagonista, a partire dal suo risveglio. Dapprima pensa d’essere stato imprigionato in un forno; poi s’accorge d’un lucernario sopra la sua testa, e passa del tempo a stupirsi della chiarezza delle stelle e della definizione della luna; la luna è davvero troppo grande!, e poi si sente leggerissimo. Leggerezza innaturale – non tiene i piedi sul pavimento – e caldo soffocante, e quella luna così grande… irrompe il borioso e aggressivo Weston, completamente nudo. Secco, spiega: è la Terra, quella. È questo il rocambolesco inizio d’un’avventura che ci porterà su Malacandra: questo è il nome che i suoi abitanti hanno dato a Marte. Ransom sfuggirà – daccapo, in modo rocambolesco – dalle grinfie dei due scienziati, non appena sbarcati sul pianeta; lo accompagneremo mentre, solo soletto, avanza esplorando il territorio; e va vivendo questa sua (prima) incredibile avventura.

Interrompo qui le annotazioni legate alla trama, per non bruciare il piacere della lettura ai molti che devono ancora affrontarla: passiamo all’analisi dei personaggi e dei significati dell’opera.

Malacandra è popolata da quattro razze: i Hross, sorta di foca-pinguino-lontra parlante e intelligente; sono agricoltori e poeti, vivono in comunità, si servono di strumenti di pietra e hanno un’alimentazione essenziale. Sono monogami (amano, figliano e poi ricordano le gioie vissute), continenti ed equilibrati: assolutamente monoteisti, come tutte le razze di Malacandra, affrontano con serenità la morte – consci della vita eterna – e vivono con armonia e generosità, pronti al sacrificio in nome del prossimo. Quindi vengono i Sorn, alti due o tre volte un uomo, dal volto sottile e lungo come sottili e lunghe sono le gambe; sono degli intellettuali umanissimi, protettivi nei confronti dei più deboli, sorta di angeli-titani; poi i Pfifltrigg, rana-uomo dalle mani enormi con numerose dita: sono i lavoratori manuali e gli artigiani di Malacandra; sentono le loro mansioni come un dovere-piacere ineludibile . Infine, gli Eldil, creature di luce – invisibili agli occhi dei terrestri – tramite primo con l’Oyarsa del pianeta, uno “sbuffo di luce”, guida spirituale e tramite con l’unico Dio. L’Oyarsa della Terra – scopriremo – fu maligno e ribelle: venne là confinato e costretto a vivere. Da allora, “Thulcandra”, casa nostra fu il Pianeta Silenzioso. Tutti gli altri Oyarsa continuarono a comunicare senza difficoltà da un pianeta all’altro, consci che nessuna razza sarebbe durata in eterno e che molte razze si sarebbero succedute nei millenni.

Tutti i mondi dovranno morire, un giorno non lontano: ma mentre i popoli di Malacandra ne sono serenamente consapevoli, i suoi visitatori umani mostrano altri disegni – Ransom escluso. Weston, al termine dell’avventura, catturato e costretto a dare spiegazioni, per la sua condotta, spiegherà: “(…) porto sulle spalle il destino della razza umana. La vostra vita da tribù, le vostre armi dell’età della pietra, le vostre capanne simili ad alveari, le vostre piroghe primitive e la vostra elementare struttura sociale non hanno niente di paragonabile alla nostra civiltà fondata sulla scienza, sulla legge, sulla medicina, alle nostre armi, alla nostra architettura, al nostro commercio e al nostro sistema di trasporti che sta rapidamente annullando lo spazio e il tempo. Il nostro diritto di sopravvivervi è il diritto del più forte sul più debole (…) La vita è più grande di qualsiasi sistema morale; i suoi diritti sono assoluti. Non è con tabù da tribù e con massime da libro di lettura che essa ha compiuto il suo cammino implacabile dall’atomo all’uomo e dall’uomo alla civiltà” (pp. 184-185).

L’inquietante dichiarazione programmatica di Weston – estranea all’etica, alla solidarietà, alla libertà e alla tolleranza – mostra l’incredibile potere della paura sull’anima delle persone; l’Oyarsa spiegherà che la paura porta a delitto e ribellione – ribadendo l’insensatezza dell’assurda volontà di potenza dello scienziato umano. Ransom, a differenza dei suoi due aguzzini, saprà convertire le sue paure (in questo libro: dell’alterità, del diverso, dello sconosciuto) in ragioni di fascino e intelligenza; imparerà – da buon filologo – la loro lingua e s’adatterà – da grande antropologo – ai loro usi e costumi, rimanendo sedotto dalla loro visione del cosmo. Ransom riconosce saggezza nelle parole di tutte le razze di Malacandra, e riconosce il segno del comando in Oyarsa.

Quando si congederà, avrà una responsabilità importante – tornato sul Pianeta Silenzioso, dovrà vigilare sulla condotta dei due fisici, avventurieri ambiziosi e assassini. In attesa che l’Oyarsa della Terra si redima, e torni a comunicare con le creature di luce guardiane dei mondi…

È un romanzo incredibile: fanta-teologico, metafisico, educativo. Intelligente, solare e divertente – come solo la Grande Letteratura sa essere, e rivelarsi. Peraltro, ma questa è una posizione personale, è bello immaginare che le cose stiano realmente così; è bello quando un libro ti restituisce saggezza, giustizia e equilibrio – sussurrando “infinito”, “eternità”, “dio” a chi continua a perdere dio, eternità, infinito. Speranza.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Clive Staples Lewis, detto Jack (Belfast, 1898 – Oxford, 1963), romanziere, filologo, saggista e letterato irlandese. Insegnò Lingua e Letteratura Inglese ad Oxford: là, assieme a J.R.R. Tolkien e Charles Williams, fondò il circolo degli Inklings.

C.S. Lewis, “Lontano dal pianeta silenzioso”, Mondadori, Milano, 1951. Traduzione di Franca Degli Espinosa. Oggi disponibile nell’edizione Adelphi del 1992, nella traduzione di Germana Cantoni De Rossi.

Prima edizione: “Out Of The Silent Planet”, 1938.

Gianfranco Franchi, aprile del 2007.

Prima pubblicazione: Lankelot.