Mattioli 1885
2009
9788862610537
L'ultimo London: quello che stava per morire, quello che ci avrebbe lasciati orfani del padre di letteratura grande come nel caso del “Martin Eden”, è un narratore che sembra consegnarsi all'inconscio, al fantastico, al simbolico-favolistico; la scrittura di JL ha un respiro diverso, meno febbrile e più disteso, del tutto estraneo alle antiche rivendicazioni sociali o alle primitive aspirazioni esistenziali: si direbbe uno che ha sfiorato l'illuminazione, e non ha saputo rappresentarla; ha provato, al limite, a evocarla. I risultati potrete sfogliarli in questa nuova edizione Mattioli. “Cacciatore di anime”, raccolta di due racconti di Jack London curata dal letterato Davide Sapienza, è composta da “The Red One”, apparso postumo nel 1918 nella rivista “Cosmopolitan” e nel 1919 nel florilegio eponimo pubblicato da McMillan, e da “The Water Baby”, scritto otto giorni prima di morire, nel 1916. Lasciamo subito la parola a Sapienza: ecco come contestualizzare l'opera: “Nel 1916, in meno di sei mesi – gli ultimi sei della propria vita – Jack London prima raggiunge la massima espressione delle proprie intuizioni sull'inconscio con il racconto The Red One, poi, dopo aver letto l'opera dello psicanalista Carl Gustav Jung, scrive The Water Baby. Secondo Earle Labor, uno dei massimi studiosi dell'opera londoniana, questi sono i due racconti junghiani dell'autore californiano. London infatti, pur avendo un rapporto complesso con l'idea stessa di anima, ha abbandonato spesso la visione meccanicista e diversi sono i suoi racconti che escono totalmente dal campo della 'razionalità'. London, insomma, è un inconsapevole 'Cacciatore di anime': solo verso la fine della propria vita (…) cerca di esplorare nuovi territori della mente” (p. 7).
Bassett – protagonista del “Rosso”, il primo racconto – sta ascoltando il suono. In un luogo lontano e sperduto, tra i villaggi, nella giungla: s'è smarrito, e quel suono potrebbe riportarlo sul suo sentiero. Era un uomo di scienza. Laggiù è un uomo e basta. Non esistono parole o immagini per descrivere la totalità di quel suono. Bassett sta cercando la sorgente: l'origine del suono. Si ritrova a sparare alle ombre, nella foresta. Quel suono è talmente immenso che strugge. È il suono del Rosso. Il Rosso deve per forza esistere, considerando che emette quel suono meraviglioso. E forse rosso non è, ma di un altro colore. Qualcuno lo chiama “Nato dalle stelle”, qualcuno “Cantore del Sole”. Nessuno conosce le sue origini. Soltanto, tutti sanno che esiste.
Bassett promette a uno dei capi dei cannibali aborigeni, Ngurn, la sua testa, pur di vedere Il Rosso. Ngurn risponde che comunque la sua testa sarebbe caduta. Fa poca differenza che viva l'esperienza del Rosso. Che la viva, sembra dirci. Che vada.
È una sfera. Una grande sfera. Un viaggiatore venuto da lontano. Adorato da cacciatori di teste mangiauomini scimmieschi e selvaggi. È un messaggio venuto da lontano, da un altro pianeta. È il messaggero dei mondi. Adesso che l'ha guardato, Bassett è destinato a morire. Nella morte, l'ultimo frammento dell'illuminazione. Non significa niente, niente di espresso (cfr. postfazione di Labor per un eventuale sovraccarico di significati: divertente). È un immagine del presente.
Veniamo al secondo racconto, “Il figlio del mare”. Il narratore sta ascoltando le leggendarie avventure di Maui, “prometeico semidio della Polinesia”: tramandate di generazione in generazione. Non creò nulla: sistemò quel che già esisteva. Qualcuno, più avanti, racconta d'essere figlio del mare: il mare è sua madre e la sua forza. È un vecchio che sa che la verità va cercata dentro sé stesso; e canta la storia d'un altro figlio del mare, che conosceva la lingua dei pesci e poteva parlare col dio degli squali (e la fine della storia nasconde forse una prova della sua veridicità: dipende sempre da che parte vogliate stare).
Fanatici di London, bibliofili, bibliomani e collezionisti sono avvertiti. Questa chicca andrà a completare e raffinare i vostri scaffali. Altro pubblico non ne vedo: chi conosce poco London deve cercare London altrove, in primis – mi ripeto – nel “Martin Eden”, e solo alla fine del suo meraviglioso e lungo viaggio può ritrovarsi qui, a sfogliare le ultime pagine di un uomo che stava per morire e ancora raccontava storie (per un pubblico sempre più simile a una e una sola persona: sé stesso). Cercando il suono (voglio ascoltare il suono nuovo. Dammi suono).
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
John Griffith London, alias Jack London, nacque a San Francisco nel 1876. Figlio illegittimo, conobbe la realtà dura dei moli di Oakland e della baia di San Francisco, insieme a ladri e contrabbandieri. Costretto a mestieri disparati, non sempre legali, fu avventuriero alla ricerca del mitico oro del Klondike, e gran divoratore di libri di ogni genere. Riuscì a essere per un quindicennio uno degli scrittori più famosi, prolifici e retribuiti. Finì suicida, distrutto dall’uricemia indotta dall’alcool, a Glen-Ellen, California, nel 1916.
Jack London, “Cacciatore di anime”, Mattioli 1885, Fidenza, 2009. Introduzione e traduzione di Davide Sapienza. Contiene un saggio inedito di Earle Labor e Jeanne Campbell Reesman.
Prima edizione: “The Red One”, 1918.
Gianfranco Franchi, maggio 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot.