La ragazza delle arance

La ragazza delle arance Book Cover La ragazza delle arance
Jostein Gaarder
Longanesi
2014
9788850237821

Ti sembrerà forse strano che io sia stato in grado di scrivere in maniera così allegra di quanto successe quel pomeriggio di tanti anni fa. Ma io me la ricordo come una storia allegra, quasi come un film muto, ed è così che voglio che tu la veda. Non significa che il mio animo sia particolarmente leggero, adesso che scrivo. A dire la verità, mi sento davvero confuso o, per essere più sincero, del tutto inconsolabile. Non lo nascondo, ma tu non ci devi pensare. Non dovrai mai vedere che piango, ho preso questa decisione, e sono capace di controllarmi” (p. 40).

Georg Røed è un ragazzo di quindici anni. Non ricorda quasi più niente del padre, Jan Olav, morto quando ne aveva appena quattro. Vive con la madre, con il suo nuovo compagno, Jørgen, e con la neonata sorellina, Miriam. Studia musica, e sta assumendo coscienza di sé. Scrivendo un libro assieme al padre. Jan aveva nascosto una lettera per lui, poco prima di morire, nella fodera del suo vecchio passeggino: una lettera scritta per un ragazzo, non per un bambino così piccolo. Un ragazzo che non avrebbe incontrato mai.

Jan aveva insistito affinché la famiglia non si liberasse mai di quel passeggino, per via del suo valore simbolico; e così, soltanto molti anni dopo, per una meravigliosa coincidenza (Gaarder non si stanca di meravigliarsi dell’intelligenza del Destino), la busta sigillata, intestata a Georg, era stata ritrovata e finalmente consegnata al destinatario. È la lettera d’un fantasma, d’un’anima che non voleva andarsene e che inquieta cantava il dolore di dover abbandonare il suo bambino e la sua compagna; è l’eredità d’un padre che viveva di grandi sogni, incantato dall’enigma dell’uomo e dell’universo.

Georg è riuscito a capire quale fosse la password del vecchio computer del padre, dopo aver letto la lettera. E ha deciso di alternare le sue parole a quelle di Jan Olav, per poter finalmente dialogare con lui e per poter rispondere alla sua ultima (o alla sua unica?) domanda. Quel che ne deriva è la storia d’una famiglia, d’un grande amore e d’uno spirito di sensibilità e intelligenza non comuni; e – come spesso accade nelle opere di Jostein Gaarder – un superbo romanzo di formazione: l’adolescente, soffrendo e riflettendo, interiorizza e accetta l’idea della morte e del distacco; l’incantesimo della letteratura sublima contrasti e sofferenze, e guida la sua anima fino alla maturità.

Nelle prime battute, infatti, Georg ammette d’essere infastidito dall’esistenza delle foto e dei filmati del padre: pensa che dovrebbe essere vietata la circolazione delle immagini dei morti, perché sente sia sbagliato poterli “spiare” a distanza di tempo; e tuttavia non riesce a distogliere lo sguardo da quelle immagini. Jan Olav era un medico. S’era ammalato ed era morto in sei mesi, lucido e consapevole della gravità del male. Scriveva quella lettera con le sue ultime energie, combattendo tra la vita e la morte. E scrive della sua adolescenza, della sua giovinezza, del piacere e della pesantezza di sapere prossimo il congedo (p. 21), della sua percezione dell’esistenza – noi esseri umani non abbiamo soltanto “un posto”: ma uno “spazio di tempo” fatto su misura per noi (p. 18): irrevocabile, e maledettamente breve. Si sente “come un fantasma” (p. 17): “La verità è che mi sento già come un fantasma, e devo respirare a fondo ogni volta che ci penso. Comincio a capire perché i fantasmi spesso gemano e ansimino da fare tanta paura. Non è per spaventare i loro successori. È solo perché soffrono indicibilmente a respirare in un’epoca che non è la loro”.

E come spettro guarda indietro nel tempo, all’origine della gioia e dell’incanto; all’incontro fatato con la “ragazza delle arance”, che aveva incontrato su un tram di Oslo, quando entrambi erano diciannovenni. La storia d’amore di Jan e di Veronika è d’una tenerezza e d’un romanticismo che non possono non commuovere. Sin dalla descrizione del primo sguardo, che infiamma d’amore e di gioia e di timidezza quel ragazzo, che sente d’aver “riconosciuto” e “ritrovato” il sogno, nei suoi occhi e nel suo sorriso, si può intuire quale sarà lo spirito del loro incontro. Sarà stravagante, gentile, inquieto e dolce; grottesco e trascinante, e vissuto dapprima nel colore del silenzio, dell’immaginazione e dell’assenza, e infine nella scintillante solarità dell’appartenenza, e dell’empatia. Questo è quel che vede Jan: “Il suo sorriso aveva fatto comparire un paio di fossette sulle sue guance e, anche se non per questo motivo, pensai che ricordava uno scoiattolo, almeno per la sua dolcezza. Se davvero avevamo passato una vita insieme, forse era stato come due scoiattoli su un albero, pensai, e questo pensiero, cioè di una vita giocosa da scoiattolo assieme alla misteriosa Ragazza delle arance, non era affatto spiacevole” (p. 30).

Rivelare eventi e mutamenti della storia d’amore che anima la lettera del padre è irrispettoso nei confronti dei lettori, considerando che scrivo a pochi giorni di distanza dall’uscita del romanzo nelle librerie; mi sono limitato a evocare l’atmosfera, rimanendo ovviamente vago a proposito di quel che progressivamente accade. Si può scrivere che la storia d’amore è disegnata con una straordinaria “visività”, tanto che non si fatica a immaginare una prossima traduzione cinematografica – ne potrebbe derivare una favola coinvolgente, trascinante e triste; come in fondo è l’amore.

La ragazza delle arance” è l’ennesima ragione per essere riconoscenti a uno scrittore che ha educato il lettore all’intelligenza, alla bellezza e al sentimento: Gaarder è un artista d’una umanità e d’una sensibilità impressionanti; e seduce e affascina sapere che scrive puntando lo sguardo al cielo, sognando d’avvicinare i lettori alla coscienza che la vita è un enigma e un miracolo che non può non avere senso. Bellissimo.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Jostein Gaarder (Oslo, 1952), ex insegnante di filosofia, romanziere e favolista norvegese.

Jostein Gaarder, “La ragazza delle arance”, Longanesi, Milano, 2004. Traduzione di Lucia Barni.

Prima edizione: “Appelsinpiken”, Oslo, 2003.

Gianfranco Franchi, novembre 2004.

Prima pubblicazione: Lankelot.