Un tram a S.P.

Un tram a S.P. Book Cover Un tram a S.P.
Unai Elorriaga
Gran Via
2007
9788890235290

Memoria, vecchiaia, creatività e dinamiche di interazione tra diverse generazioni sono gli assi portanti dell’opera prima dello scrittore basco Unai Elorriaga, filologo, traduttore, saggista e scrittore classe 1973. “Un tram a S.P.” è un libro caratterizzato da profonda umanità e grande dolcezza; la scrittura di Elorriaga è capace di rappresentare, empatica, la sofferenza, i vuoti e la confusione mentale di un anziano ammalato di demenza senile e di affrescare – passando progressivamente il testimone della narrazione – le vicende di altre anime. Destini minimi, intrecciati e interpretati con stile e umanità.

Il vecchio artigiano Lucas, al principio della storia, si trova in ospedale, dopo un breve ricovero. Sta per essere dimesso. È vedovo da quasi venti anni, ma spesso se ne dimentica. Vede Rosa – immagina Rosa – in diversi momenti della sua giornata. È come se non se ne fosse mai andata, e in un certo senso è davvero così. Lucas è uno che adesso ha gli occhi azzurri e grigi. Gli occhi azzurri sono quelli del suo passato remoto, della giovinezza, del grande amore; quelli grigi si poggiano su un presente languido e immobile, su facciate di palazzi sempre uguali, su televisori sintonizzati sulle manifestazioni sportive. Lucas si spegne solo sognando; altrimenti, rimane in cerca di se stesso, di quel che aveva senso. Di quel che era vero. Di quel che era suo.

La memoria va e viene; la percezione della realtà è ondivaga. Uscendo dalla clinica, saluta gli estintori e i climatizzatori, come fossero infermiere. Vive sognando di ringiovanire, di prendere una bici e di andarsene in giro, di ballare valzer e tango con Rosa. Intanto si batte per arginare (accettare) l’incontinenza, passa le giornate guardando la tv e sfogliando riviste, sognando scalate impossibili, e montagne alte ottomila metri.

Sua sorella Maria è una scrittrice che si è perduta. A volte dimentica che una bugia è una bugia, s’inventa ricordi mai esistiti. Dalla morte del padre spesso si nasconde in se stessa per pensare, e ricordare quel che non può tornare alla vita; si chiude in bagno, in cerca di una storia da raccontare. Pensa che nei treni si nasconda il segreto per la sua ispirazione, gioca a prenderli sin quando non diventano tutti uguali (p. 122).

Marcos suona la chitarra nella casa vuota di Lucas. Non dovrebbe essere là, è un intruso. Pensava la casa fosse abbandonata. Quando Lucas viene dimesso e torna con Maria, Marcos viene accolto come uno di famiglia. Diventa, lui studente irrequieto e pensieroso, vagabondo e artista inespresso, lettore infaticabile e pensatore ossesso, il suo badante. Ogni giorno va a suonare, quando in stazione quando nel viale. E proprio nel viale, tutto a un tratto, comincerà a ricevere avvisi. Quegli avvisi sono tele; quelle tele sono dono di Roma Malo, la dottoressa che cambierà la sua vita, pittrice innamorata. Non dei musei.

Elorriaga ha la predisposizione all’ascolto e alla comprensione che fa grande un cantastorie; e scrive storie minime di un’umanità varia, con disinvolta adesione a contesti e scenari e problematiche differenti. Intrattiene emozionando, riuscendo nella delicata impresa di rappresentare mondi interiori non sempre capaci di comunicazione autentica. E quando si ferma a descrivere la vita di chi lotta contro la noia di vivere in attesa della morte riesce, con poche pennellate, a mostrarla credibile senza artifici retorici. Come in questo passo:

Erano sempre meno le cose che Lucas riusciva a fare quando si alzava dal letto. Gli sembrava che la sua vita si stesse rimpicciolendo. La sua vita era il soffitto della camera ed era il letto e le lenzuola e gli armadi ed era il rubinetto del bagno e i tappeti. La sua vita, a pensarci bene, si era abbastanza rimpicciolita. Poi ricordò che da piccolo non c’era giorno che non scalasse gli armadi della sua camera. Ma si alzò e andò in sala, perché la sala era ancora la sua vita. Ebbene sì: nella sala c’era la televisione. Accendeva la televisione e la televisione gli entrava nei buchi della vita e gliela allargava un po’, come solo si può allargare la vita di una persona che è a letto da trentotto giorni. Era una delle poche cose che riusciva ancora a fare: premere il bottone e vedere la televisione” (pp. 134-135) – in questo frangente, l’artista basco mostra con intelligenza come possa mutare la percezione del tempo e dello spazio nell’anziano malato, stabilendo precisamente quali siano i confini nuovi, e quali i piccoli riti che vanno cadenzando la sua vita. Con questa tecnica espressiva illustra e illumina le vite degli altri personaggi; badando a un equilibrio stilistico fondato su un periodare semplice ed essenziale, sobrio senza essere scabro. Non di rado, ne derivano impressioni di poesia delle piccole cose e di prosa della quotidianità, come in un racconto di Carver.

Il romanzo, premiato dal Ministero della Cultura iberico con il “Premio Nacional de Narrativa” nel 2002, è stato già tradotto in inglese, castigliano e tedesco; qui in Italia è stato pubblicato, nel 2007, dalle edizioni Gran Via di Milano, nella collana “m30”, che da queste parti abbiamo già avuto modo di apprezzare per l’esordio di Jaime Miranda.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Unai Elorriaga (Bilbao, 1973), laureato in Filologia, insegnante, traduttore, saggista e scrittore basco.

Unai Elorriaga, “Un tram a S.P.”, Gran Via, Milano 2007. Traduzione di Lara Cuti.

Prima edizione: “SPrako tranbia”, 2001. L’autore ha scritto quest’opera in basco e successivamente l’ha tradotta in castigliano con il titolo “Un tranvia en SP”. Su sua esplicita richiesta, la presente edizione è una traduzione della versione in castigliano.

Gianfranco Franchi, Gennaio 2008.

Prima pubblicazione: Lankelot.