Rizzoli
1998
9788817680028
1923. Dobbiamo considerare Louis-Ferdinand Destouches, e non Céline, l’autore di questa favola incompiuta, pubblicata postuma per volontà dei suoi eredi. È uno studente in medicina di ventinove anni, giovane padre di famiglia, che inventa una fiaba, illustrata da sua moglie Édith, per divertire, far sognare ed educare la piccola Colette: non un romanziere, né un astuto letterato che si diletta a disseminare inediti, ben consapevole della loro potenziale, futura e diversa sorte.
Il testo può costituire, se letto con smaccato cinismo, un documento filologicamente interessante: considerando che si tratta d’un lavoro che precede di quasi dieci anni l’opera prima del romanziere, “Viaggio al termine della notte” (1932), saremmo tentati di intravedere almeno ombre e primitivi segni della futura produzione dell’artista; auspicando, magari, di riconoscere lo “spirito” dei suoi scritti. Tuttavia, al di là di qualche fascinosa suggestione, l’impressione d’esser testimoni d’una rapina – o d’esser stati, noi lettori, direttamente dei “rapinatori” – di qualcosa di assolutamente privato e non destinato alla condivisione, rimane, e intossica la lettura. Voglio credere che gli eredi del grande scrittore francese abbiano agito in perfetta buona fede, animati da un desiderio di condivisione di qualcosa di unico o di altrimenti rarissimo, e non dalla bramosia di denaro. Il sospetto sorge, quando – sfogliando la tenera, ma umilissima – edizione italiana dell’opera il lettore s’accorge che la favola è incompiuta, e che, se impaginata diversamente, avrebbe richiesto tra le tre e le sei pagine per essere pubblicata; e la vana consolazione delle illustrazioni non mitiga, e non attutisce, la sensazione d’esser stati oggetto d’una vigliacca e infame operazione editoriale. Come lenire questa percezione? Pensando che si tratta d’una favola; e che la grazia d’una favola non ha prezzo; solo un Dio può inventare favole affascinanti e creare personaggi per confortare ed educare i suoi figli, e quindi il volumetto potrebbe essere – letteralmente, e necessariamente – impagabile. Onestamente dubito dell’opportunità e della buona fede di chi ha pubblicato questi frammenti; mi sembra si sia giocato sulla comprensibile ammirazione per il genio de “Viaggio al termine della notte”, e sul fanatismo d’uno zoccolo duro di lettori che, in questo momento storico, leggerebbe e comprerebbe, probabilmente, perfino un blocco di appunti dell’autore.
Dubbi m’assalgono: scrivere tributando un omaggio all’arte di Céline, pur ribadendo il disprezzo per il suo antisemitismo e la sua manifesta simpatia per il nazismo (peraltro pleonastico e irrilevante, considerando l’anno della stesura dell’opera), oppure aggredire l’editore che specula sull’amore dei lettori per lo stile unico d’un autore atipico, stampando un segreto di famiglia? Confido nell’idea che l’arte, e la letteratura, debbano essere estranee alla politica; m’offende sapere che un autore che amo avallasse l’antisemitismo, ma non riesco, da uomo di Lettere e da esteta, a negare la sua grandezza di scrittore. E allora, negli abissi del mio spirito, benedico Gallimard e Rizzoli per la donazione di questi poveri, adorabili frammenti; perché mi restituiscono la dimensione “originaria” d’un artista che ha contribuito alla mia formazione, e alla fondazione del mio immaginario, e del mio stile. Affermando tutto questo, invito chi non ha letto Céline, o evita di leggerlo per ragioni ideologiche, a restare alla larga da questo libretto. Non capireste niente. È bene che “Storia del piccolo Mouck” rimanga patrimonio e tesoro di chi ha inteso e compreso lo spirito dell’opera dell’artista. Stop.
Trama: Mouck è un fanciullo arabo, dalle misteriose origini. È un vagabondo. S’è perduto nel deserto. S’arrampica sugli alberi per dormire, ed evitare l’aggressione dei lupi e d’un serpente. Al suo risveglio, scende dall’albero e s’avvia tra le dune, fin quando non scorge un palazzo bellissimo. Si precipita all’uscio, bussa; apre una dama. La dama è sorridente, ma muta atteggiamento non appena il piccolo è entrato nel palazzo; subito, infatti, gli ordina di battere i semi per gli uccelli della sua voliera.
Mouck obbedisce; lei va a prendere uno dei suoi volatili, lo porta nella sua camera e ordina al suo nuovo servo di farlo cantare. Il piccolo vagabondo riesce nell’impresa; quindi, dopo aver riportato l’uccello nella voliera, assieme ai suoi simili, scopre fortunosamente ch’egli e i suoi compagni sono principi, imprigionati. E così, quando la dama – indossate babbucce rosse e bacchetta nera – vola via, diretta a una destinazione imprecisata, Mouck libera il principe, e – dopo aver sottratto alla padrona, appena tornata, babbucce e bacchetta – fugge via, assieme a lui. Raggiungono la sua casa, dove vengono accolti dai genitori, increduli; suo padre, il Re, parte per catturare la dama; la trasforma, grazie alla bacchetta, in un pipistrello e in questa forma la presenta ai due bambini.
Mouck rimane a vivere, per qualche tempo, col suo nuovo amico; ma è triste, d’una tristezza misteriosa e inconsolabile. Soltanto viaggiare mitiga la sua malinconia. Indossa le babbucce, e arriva a un castello, arrampicandosi su una lunga scala rossa. Incontra un gigante che, giudicando la tua testolina un guscio vuoto, decide di nominarlo Gran Visir.
Quando il vagabondo chiederà d’andarsene, riceverà tre sassolini – ad ognuno d’essi, corrisponderà un genio. Il primo genio l’accompagna in un viaggio sul mare. Signore d’un isolotto di homunculi, rimane tra loro fin quando non viene rapito dal canto delle sirene. A questo punto, s’interrompe la storia.
Da lettore, e da cultore di Céline, mi domando: è opportuno, ed è eticamente ed esteticamente accettabile, cercare prodromi dello spirito della sua opera in un frammento tanto privato? Assolutamente no. Chiunque – perfino un lettore debole – può leggere simboli e segni in questa semplice favoletta (incompiuta, ribadiamolo); ognuno decida in base alla sua sensibilità. Io ho letto la favola d’un giovane padre di famiglia: stupendomi che fosse destinato a diventare Céline. Altro non ho animo di dire.
Riservato a una minoranza di fedelissimi.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Louis-Ferdinand Destouches, detto Céline (Courbevoie, 1894 – Meudon, 1961) medico e scrittore francese.
Louis-Ferdinand Céline, “Storia del piccolo Mouck”, Rizzoli, Milano 1998. Traduzione di Vivian Lamarque. Illustrazioni di Édith Destouches.
Prima edizione: “Histoire du petit Mouck”, Gallimard, Paris 1997. Stesura originaria: 1923.
Gianfranco Franchi, Ottobre 2004.
Prima pubblicazione: Lankelot.