Amabili resti

Amabili resti Book Cover Amabili resti
Alice Sebold
e/o
2015
9788866325734

Che possa esistere la vita oltre la morte è la granitica certezza di quelli che credono nell'anima. Che possa esistere una forma di comunicazione tra i vivi e i morti è una speranza che alimenta le giornate di chi ha perduto qualcuno prima del previsto: prima che fosse “naturale”. Che l'aldilà esista come dimensione parallela, ed estranea alla presenza di un dio, è una visione più letteraria che religiosa. Alè, ci stiamo avvicinando allo spirito dell'opera. Che esista una forma di consolazione per le sofferenze e per le violenze ingiustamente conosciute in terra è un grande sogno di tutti.

In un'epoca come la nostra, dimentica della religiosità ma non della spiritualità, non sempre almeno, e non in tutto l'Occidente, un romanzo come “Amabili resti” [“The Lovely Bones”, 2002] non poteva che restare impresso. Nessuno poteva immaginare che guadagnasse legioni di lettori, sin da subito, e questo sia perché l'autrice era decisamente misconosciuta, all'epoca (aveva esordito qualche anno prima con un memoir crudo e doloroso, “Lucky”), sia perché non esiste la formula magica per plasmare e forgiare i casi letterari. Tuttavia va detto che c'erano almeno due ingredienti per dar vita a un grande caso letterario. Il primo, importante ma non fondamentale, era la scrittura coinvolgente e avvolgente. Apparentemente facile, ma non elementare. Il secondo, rilevante ma non basilare, era la fantasia. Una fantasia commovente: animica.

Faccio parte di quella minoranza di lettori italiani che è andata incontro al bel romanzo di Alice Sebold soltanto dopo aver apprezzato il toccante film di Peter Jackson, uscito nel 2009. Cosa mi aspettavo da questa esperienza estetica, dopo l'esperienza cinematografica? Mi aspettavo qualcosa di liminare. Così è stato. “Amabili resti” sa essere sia dolorosamente realistico che intensamente spirituale. Riesce nella difficile impresa di mantenere credibilità nella rappresentazione di qualcosa che possiamo soltanto sognare, ma non possiamo dimostrare. Riesce, e in quel momento seduce, profondamente, e ti cattura.

La storia è raccontata da una ragazzina che rimarrà per sempre quattordicenne. Si presenta subito rivelandoci che è morta: subito, neanche fossimo in un film di Billy Wilder o di Sam Mendes: “Mi chiamavo Salmon, come il pesce. Nome di battesimo: Susie. Avevo quattordici anni quando fui uccisa, il 6 dicembre del 1973. Negli anni Settanta, le fotografie delle ragazzine scomparse pubblicate sui giornali mi somigliavano quasi tutte: razza bianca, capelli castano topo. Questo era prima che le foto di bambini e adolescenti di ogni razza, maschi e femmine, apparissero stampate sui cartoni del latte o infilate nelle cassette della posta. Era quando ancora la gente non pensava che simili cose potessero accadere” [p. 11]. Susie è stata uccisa da un maniaco imprevedibile: il suo vicino di casa. È stata stuprata e massacrata. Fatta a pezzi, letteralmente. Il suo cadavere non è mai stato rinvenuto. Non è stata la prima: nel corso della sua vita, il killer ha ucciso bambine, ragazzine, signore. È rimasto impunito. Questo è agghiacciante.

Susie è stata uccisa nel pieno d'una vita completa e ricca: e la sua morte ha distrutto gli equilibri di una famiglia felice. Alice Sebold riesce a raccontarci cosa significa sopravviverle – entrando nel vivo delle dinamiche psichiche e relazionali dei genitori di Susie, di sua sorella e di suo fratello: del suo mancato primo amore, d'una sua mancata amica – e cosa significa sopravvivere, per così dire – accompagnandoci nel suo aldilà.

E com'è questo aldilà? “Per noi la vita è un eterno ieri”, leggiamo nelle prime battute. “Noi” sta per “noi che ce ne siamo andati”: ognuno ha un suo Cielo. E “nei nostri rispettivi Cieli ci avevano regalato i nostri sogni più semplici”. Nel caso di Susie, per esempio, la scuola non ha insegnanti e i ragazzi non devono rientrare mai, se non per le materie di maggior interesse; i libri di testo sono le riviste di moda. Se uno vuole una cosa non deve fare altro che desiderarla: e se la desidera abbastanza e capisce perché la desidera così tanto, ma lo desidera davvero, allora quella cosa accade. La cosa bizzarra, riguardo la Terra, è ciò che i morti vedono guardando giù. Al di là dell'effetto “formiche dal grattacielo”, Susie ci dice che dappertutto vede anime che lasciano i corpi. E aggiunge:

“I vivi non vedono mai per davvero i morti, ma molta gente sembra avvertire nettamente qualcosa di cambiato intorno a sé. Parlano di una folata fredda nell'aria. I compagni dei defunti si svegliano nel bel mezzo di un sogno e vedono una sagoma in fondo al letto o sulla soglia, oppure che sale a bordo di un autobus, come un fantasma”

Il confine tra i vivi e i morti può essere “opaco e sfumato”. Scopriamo molto avanti, nel testo, che “Quasi tutti in cielo guardano qualcuno sulla Terra, una persona amata, un amico o persino un estraneo che si è dimostrato gentile, che ci ha offerto cibo caldo o un sorriso luminoso quando ne abbiamo avuto bisogno. E nei momenti in cui non guardavo, sentivo gli altri parlare ai loro cari in Terra, come me, senza riuscirci, temo: esortazioni e istruzioni ai piccoli, un amare e desiderare i compagni di vita, ma tutto a senso unico, una carta a un solo lato che nessuno avrebbe mai firmato”.

**

C'è qualcosa in questo romanzo che restituisce quel senso di conforto e di compensazione che avevamo già incontrato qualche anno fa in “Al di là dei sogni” di Vincent Ward [“What Dreams May Come”, 1998], tratto da un romanzo più complesso e ricercato di Matheson, datato 1978. Entrambe le opere riescono nell'impresa di liberarci dalla paura di morire, di aiutarci ad andare incontro al nostro destino e di accettare la separazione da quel che abbiamo amato, in vita: almeno, di riuscire ad accettarla, nel tempo. In entrambi i casi l'accettazione della morte diventa una sorta di iniziazione: la trasfigurazione di questa esperienza dà vita alla letteratura.

C'è qualcosa, nel libro della Sebold, che intenerisce con suprema forza. Non è soltanto l'adolescenza della protagonista, e non è soltanto la buona capacità autoriale di rappresentare sofferenze e derive autodistruttive paterne e materne, e resistenza e formazione d'una psiche più forte nei fratelli. È una forma di ingenuità e di dolcezza che sembra davvero bambinesca, e in questo senso, diciamo così, è molto americana. È un'ingenuità che ha concesso a un regista ludico e ragazzino, quando serve, come Jackson, di trarne un buon film: è un'ingenuità che ha concesso a tanti lettori di apprezzare la storia.

Non so perché ma sento che la chiave di volta della sua fortuna stia lì. Nell'innocenza che niente può camuffare e nessuno può smentire. Esiste o non esiste, semplicemente. E niente può strapparla via. Non la sofferenza, nemmeno il dolore, figuriamoci la morte.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Alice Sebold (Madison, Wisconsin, 1963), scrittrice americana. Vive in California con suo marito, lo scrittore Glen David Gold.

Alice Sebold, “Amabili resti”, Edizioni e/o, Roma, 2002. Sedicesima ristampa, 2010. Traduzione di Chiara Belliti. Grafica di Emanuele Ragnisco (mekkanografici). Illustrazione in copertina di Marco Flore.

Prima edizione: “The Lovely Bones”, 2002.

Adattamento cinematografico: “Amabili resti”, regia di Peter Jackson, 2009.

Gianfranco Franchi, gennaio 2011.

Prima pubblicazione: Lankelot.