Meridiano Zero
2002
9788882370480
Napoli, 11 settembre 2001. Andrej Longo racconta la tragedia delle Torri Gemelle da una prospettiva piccolo borghese o proletaria partenopea, assemblando una serie di storie legate in maniera tendenzialmente marginale a quanto sta accadendo oltreoceano; ne deriva uno spaccato antropologico ed esistenzialista della Napoli contemporanea, una sorta di mostra di acquerelli dipinti en plein air per raccontare la storia del popolo della sua città a cavallo tra un secolo e l'altro, nel giorno in cui l'Occidente ha vacillato per la ferita della nazione più potente e ricca del mondo. Stilisticamente, Longo gioca su una buona lingua letteraria sporcata, con classe, dal dialetto napoletano; assieme, l'artista ischitano sfodera dialoghi di grande immediatezza ed efficacia, segno di grande sensibilità nei confronti del linguaggio dei cittadini “senza voce” in letteratura.
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Il narratore della prima storia sta spiando la sua vicina di casa mentre si fa la doccia: è un gioco erotico tutto loro, piace a tutti e due, va avanti da un pezzo. “Io di solito sto là a guardare, senza fare niente. Poi, se c'è il tempo, vado a scopare con Carmela”, sua moglie. Quel pomeriggio, proprio mentre il gioco si fa duro, succede quel che tutti sappiamo. “Non ho capito subito, perché pareva un film più che una cosa vera. Poi però hanno fatto rivedere gli aerei che andavano a sbattere contro le torri, e due persone che si buttavano da soprabbasso. (…). L'unica cosa che mi è venuta in mente è che mentre tutta quella gente moriva, io mi stavo facendo una sega” (p. 15).
Il narratore della seconda storia è un bandito che sta per andare a fare un colpo, col suo amico Ahmed. Quando scoprono quel che sta succedendo in America, Ahmed dice che è successo perché i ricchi sono troppo ricchi e i poveri sono troppo poveri. E i poveri vorrebbero tutti essere ricchi.
Il narratore della terza storia è un pizzaiolo che voleva essere artista, voleva creare palazzi magnifici; le cose non sono andate per il verso giusto, è proprio finito nei guai. Quando cadono le torri, pensa al loro architetto, alla sua disperazione per aver visto distrutta la sua immortalità.
Il narratore della quarta storia è uno che non può capire fino in fondo quel che la televisione sta trasmettendo, perché ha ricevuto una notizia troppo assurda e dolorosa per essere accettata – quella del grande male che prende e ammazza coi suoi tempi, ma sempre ammazza. Pensa che forse è meglio morire senza nemmeno accorgersene. Il narratore della quinta è un tizio che se ne sta tutto tranquillo, i pensieri rapiti dall'amichevole del Napoli contro il Boca Junior e dai lupini da spizzicare tra una fantasia sportiva e l'altra. Lui e la sua donna hanno la figlia in vacanza a New York. Quando succede il disastro, non risponde al cellulare. Comincia l'angoscia. La narratrice della sesta è un'emigrata, che in patria ha perso le gambe per una mina. Non è una puttana ma fa i pompini per cinquantamila lire, per passare il tempo e per sentirsi donna. Proprio durante il suo passatempo preferito succede la disgrazia.
La narratrice della settima è attrice di una telenovela infinita, e mentre si decide di che morte debba morire migliaia di persone perdono la vita in diretta televisiva. Il narratore dell'ottava è un ex eroe di guerra, uno che ha salvato sette ragazzi dai nazisti; tutti lo chiamano ancora “il generale”. Sua figlia si sposa, ma non riesce a essere felice per le scene terribili che la tv ha appena mandato. Pensa alla povera gente che lasciava le ultime parole in segreteria telefonica, cose del genere. Non riesce a sorridere.
Il narratore della nona viene lasciato da sua moglie proprio in quel momento là, più o meno alle tre, e pensa che il mondo sta cadendo a pezzi mentre a lui rimane un chiodo fisso nella nuca, un'emicrania che racconta tante cose di quel che sta passando. Il narratore della decima è pizzaiolo d'una pizzeria storica di Napoli. Il suo compare è uno che ha il debole per le donne, e le donne ricambiano. La notte del 10 settembre punta una che ha un marito un po' troppo vendicativo. Il giorno 11 manda qualcuno a chiudere la partita.
La narratrice dell'undicesima e una sua amica stanno cercando di consolarsi per le cose sbagliate della vita, e la tragedia di New York aiuta a tirarsi su il morale – è un paradosso ma è così. Il narratore della dodicesima sta passando un brutto quarto d'ora al commissariato, e il commissario intanto pensa che era meglio se gli aeroplani cadevano su Napoli. Fermiamoci qua, ché dovremmo esserci intesi; gli ultimi pezzi non deviano dal paradigma, si tratta di variazioni sul tema. Tecnicamente e stilisticamente confermano una coerenza, una coesione e un'uniformità inattese in un esordiente.
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Leggiamo, nella (bella) bandella: “L'anima del romanzo è l'originalità di un autore, napoletano doc, che conosce la materia che descrive, le facce che ritrae, i sentimenti, i suoni, gli odori della sua città: una Napoli caotica e fatalista, disperata e sognatrice, che affida ugualmente il suo destino a san Gennaro e ai 99 Posse”. Una Napoli comprensibile e famigliare anche per chi non l'ha conosciuta affatto, o non l'ha conosciuta ancora; umanissima, e genuina.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Andrej Longo (Ischia, 19**), scrittore e sceneggiatore campano. Ha esordito con questo romanzo breve, prima di passare a Rizzoli e Adelphi.
Andrej Longo, “Più o meno alle tre”, Meridiano Zero, Padova 2002. Copertina di Valerio Bindi. Collana “Primo Parallelo”, 36.
Gianfranco Franchi, gennaio 2010.
Prima pubblicazione: Lankelot.