Mondadori
2003
9788804521037
“Prima persona” (Mondadori, 2002) è un grande taccuino d'autore: ospita elzeviri, appunti, annotazioni su eventi di cronaca, aforismi, massime e considerazioni sparse; tendenzialmente, concentrate sul mondo del libro, e della letteratura. È un'opera destinata a dare gioia agli appassionati di Pontiggia, a quelli che avevano imparato ad apprezzarne racconti e romanzi: completa e migliora la famigliarità con stile e personalità dell'artista comasco, illudendo spesso di essere seduti allo stesso tavolo con lui, magari condividendo un caffè, qualche sigaretta e un ricco amaro. In altre parole, “Prima persona” è una chicca, non un libro fondamentale.
Vi propongo una piccola scelta di considerazioni e meditazioni rilevanti, confidando di invitare gli appassionati – non solo gli aficionado – di Pontiggia a riscoprire questo volume. Un libro cult? “Cult è una parola che lo sta diventando. È un prestito fatto dal latino (cultus) ai popoli di lingua inglese, che l'hanno riservato al rito religioso non meno che al rito sociale. Rientrato in patria, viene scambiato per un altro, che è poi la causa del suo successo esotico. Ma c'è un aspetto ancora più paradossale nella sua duplice traversata: che ha perso in parte i suoi connotati di setta osservante o di gruppo amatoriale, per acquistare quelli corali di un plebiscito elitario” (p. 165)
Disoccupazione: “La disoccupazione, in una nazione opulenta, diventa emarginazione sociale, discriminazione umiliante. Chi è giovane prova la sensazione di una vita negata, chi non lo è più di una vita fallita. Quest'ultima sensazione è tanto più forte quanto più l'individuo si identifica con la propria attività” (p. 28). Ecco che spesso c'è chi finge d'essere occupato, per convincere il mondo di non essere sparito, di non essere diventato superfluo.
Sorte dei libri: “Io ricordo di avere letto molti anni fa un libro fascinoso, che non sono più riuscito a rintracciare. È destino infatti di ogni biblioteca non solo conservare i libri, ma perderli. Ed è uno degli struggimenti inconsolabili del proprietario” (p. 64).
Conservatori: “Cesare, nel trattato 'Sulla analogia', scritto durante il passaggio delle Alpi nel 54 a.C., consigliava di seguire l'uso della lingua e di fuggire le novità lessicali come gli scogli sul mare. E pare si intendesse di grammatica non meno che di politica” (p. 185)
Crisi del romanzo. Risponde Gianfranco Vissani, cuoco sperimentale: “La crisi della cucina francese mi ricorda la crisi del romanzo. Una storia ricorrente. Poi arriva qualcuno che se ne infischia dei generi e delle classificazioni letterarie. Sforna un capolavoro. Applausi universali. E si ricomincia daccapo” (p. 97)
Filosofia: “Lo so, ognuno ha – e si sceglie – il proprio passato. La cosa più difficile è scegliersi il proprio presente” (p. 93). Decisamente.
Antichi Romani: “I Romani istruiti erano bilingui e perfezionavano i loro studi in Grecia, noi stiamo diventando monolingui (un ibrido italo-americano) e coltiviamo il miraggio degli States. Il problema non è di proporre l'alfabeto latino per Internet (lo usa già!), ma di non dimenticarne il significato e la storia” (p. 148).
Malattie: “Tutti abbiamo qualche malattia, latente o manifesta, grave o lieve. Quelli che dicono di essere perfetti hanno la malattia più grave di tutte: sono malati di mente” (p. 53).
Lettura: “Non si può leggere tutto. Sarebbe, più che un piacere, una tragedia. Quando Mallarmé, in una poesia piena di forza stremata, dichiara di aver letto tutti i libri, allude forse a una abdicazione motivata” (p. 140).
Lettori: “Oggi ci sono autori che vengono definiti 'di nicchia'. Forse in futuro ci sarà soltanto una nicchia e ospiterà i lettori superstiti. Ma saranno i migliori” (p. 145)
Divertimenti. Pontiggia racconta il suo incontro con Beppe Grillo, completo di scambio di battute (differenze tra milanese e genovese) e successiva onesta ammissione della fonte del comico ligure, dal vivo, su un palco. L'artista lombardo ne approfitta per ricordare che nel mondo letterario non c'è la stessa serenità nel riconoscere le proprie fonti di ispirazione.
Pioggia di aforismi sparsi qua e là. Tra i migliori: “Mai tornare in un luogo dimenticato. Mai sarà come lo ricordiamo. Meglio non dirlo ai ristoratori” (p. 26). Razionalità: “Quello che mi colpisce, nelle persone che si professano razionali, è la radice visionaria delle loro convinzioni” (p. 35). Storia: “La storia è stata definita maestra della vita. Se ne vedono gli effetti” (p. 42). Stupidità: “La stupidità collettiva è il territorio della satira moderna, che ne ha fatto, più che un'isola infelice, un continente gremito di abitanti” (p. 52). Grandi scrittori: “I grandi scrittori sono in continuo aumento. Quelli che scarseggiano sono gli scrittori” (p. 85).
Telefonia. “Nell'apoteosi del telefono, ovvero della reperibilità perenne in tempo reale, l'irreperibilità diventa il bene più prezioso” (p. 169). Quanto vero.
Ancora. Letterati: “Scrivono l'elogio del pennino quando compare la macchina da scrivere e l'elogio della vecchia Olivetti quando compare il Macintosh” (p. 91). Lettera di rifiuto di Valentino Bompiani: “Lei è già un classico. Noi pubblichiamo autori contemporanei” (p. 98). Equilibrio: “Se vuoi elogiare qualcuno, non sei obbligato a denigrare gli altri” (p. 163). E su questo difficile ma nobile principio, s'interrompe la mia campionatura.
Buona (ri)lettura, allora.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Giuseppe Pontiggia (Como, 1934 – Milano, 2003), narratore e saggista italiano.
Giuseppe Pontiggia, “Prima persona”, Mondadori, Milano 2002.
Gianfranco Franchi, gennaio 2010.
Prima pubblicazione: Lankelot.